Print Friendly and PDF

MeryTales. Jorit il populista e il bacio al dittatore

Murale di Ahed Tamimi realizzato da Jorit Agoch che ne ha causato l'arresto Murale di Ahed Tamimi realizzato da Jorit Agoch che ne ha causato l'arresto
Murale di Ahed Tamimi realizzato da Jorit Agoch che ne ha causato l'arresto
Murale di Ahed Tamimi realizzato da Jorit Agoch che ne ha causato l’arresto

Populista o popolare? (Ri)lettura del personaggio dello streetartista Jorit dopo l’ormai celebre bacio al dittatore Vladimir Putin

Quando frequentavo l’Università di Milano mi capitò di seguire una lezione di storia contemporanea in cui il professore con grandissima difficoltà cercava di spiegarci la differenza tra popolare e populista. Iniziò la discussione contestualizzando la nascita nel movimento populista, sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizi del sec. 20°. Si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II) un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, in particolar modo quella dei contadini e dei servi della gleba, e la realizzazione di una sorta di socialismo basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.

Continuò dicendo che il linguaggio populista è determinato da particolari condizioni, e una di queste è quella di parlare per il popolo e direttamente al popolo in maniera semplice, con linguaggi contemporanei riconoscibili e senza dare troppo spazio ad ulteriori interpretazioni o pensiero critico. Il popolare invece al contrario è un linguaggio fatto di strutture che interrogano lo stato delle cose, lo contestualizzano, interpretano la realtà e propongono delle ipotesi sui fenomeni, su evoluzioni e processi in corso, su come intervenire nelle cose in base a un disegno condiviso. Chiaramente la complessità dell’azione implica un aspetto e un rischio di pedagogia, che si prende la responsabilità di condividere e spiegare questa ipotesi spiegata agli altri.

Spiegare non è semplicemente comunicare, e non è dire alle persone quello che sanno già. E non è neppure stabilire un rapporto asimmetrico tra chi pensa di sapere e chi non sa. È piuttosto dare una chiave di lettura compatibile con le esperienze, le conoscenze, i sentimenti delle persone, ma che pone un problema a chi ascolta, lo obbliga a uno sforzo ulteriore di comprensione, necessita un percorso, un ampliamento di sguardo. Ma non basta ancora: lo scambio deve andare nei due sensi. Porre ipotesi sulla realtà per intervenire su di essa non è un atto solitario né univoco. Vuol dire imparare. E imparare dalla società e con la società.

 

Jorit. Time to change. Napoli
Jorit. Time to change. Napoli

Che succede quando queste strutture vengono interpretate a metà dal mondo dell’arte? Si rischia di lasciare le conversazioni a metà e dunque di ridurre la libertà d’azione del pensiero critico e interpretazione della realtà di altri. Questa operazione nella società delle “non cose”, come la definirebbe Byung-chul Han, e cioè in quella società in cui la comunicazione è costretta a poco più di cento caratteri o a poco più di qualche secondo da condividere sui social media porta ad assorbire le informazioni fino a un certo punto, e a trasformarsi nel linguaggio populista.

Questo fenomeno nell’epoca del “Fast Learning” e dunque dell’apprendimento rapido, rapidissimo, porta con sè quella pericolosa pratica del farsi delle idee sulla base di quattro o cinque informazioni, pensate superficialmente e scritte anche peggio, e che creano in noi pubblico moltissima confusione. Un esempio che mi viene in mente è quello accaduto qualche giorno fa ad una conferenza in cui ha presenziato Putin e in cui è intervenuto Ciro Cerullo, in arte Jorit. Nel suo timido intervento, Ciro ha chiesto allo Zar di potersi fare una foto insieme in modo tale da mostrare al mondo e all’Italia “il dato umano” putiniano. Ecco, questo populismo è facilmente percepibile in tutte le proposte artistiche che Jorit sviluppa, purtroppo non solo più a Napoli, ma in giro per il mondo.

Quali sono gli elementi da considerare in realtà non sono tanti. Il primo è che Putin non sta facendo propaganda ma ha ufficialmente invaso un altro territorio scatenando una guerra. Il secondo è che in ogni conferenza possibile ricorda molto chiaramente all’Europa che in caso di intervento lui dispone di armi di distruzione di massa che senza alcuna timidezza utilizzerà senza fare distinzione identitaria, di razza, religione, sesso e vi dicendo. Ce ne sarebbero altri ma possiamo restare su questi due per poter comprendere quanto il populismo sia pericoloso quando è venduto insieme a quei famosi “quindici minuti di popolarità” che ognuno di noi, impegnato nella costruzione di una “società senza dolore”, sempre per citare Byung-chul Han, è disposto a vivere.

Il prezzo di questo banale momento è molto alto per alcun* di noi sognatori e sognatrici che sperano ancora nella compostezza e si affidano al buon senso. Dopo questa fotografia Jorit, molto teneramente, torna al suo posto emozionato come un bambino la mattina di Natale, fa un piccolo gesto di vittoria con le mani, sorride alla persona che ha fieramente ripreso tutta la scena e fa un respiro profondissimo che probabilmente stava tenendo dall’inizio del suo intervento. Quali sono le ideologie politiche di Jorit è abbastanza chiaro. Non ci sono. Oppure, e questa è un’ipotesi che mi preoccupa molto, è un artista a metà con pensieri a metà. Un personaggio che fa graffiti a Gaza, che va alle conferenze di Putin e che infine si fa un giro in Cile e firma il suo passaggio realizzando la faccia di Pablo Neruda. Uno che mette insieme il caso Floyd, Martin Luther King e Malcom X sul piatto della stessa bilancia.

 

Ilaria Cucchi - Orgoglio Nazionale
Ilaria Cucchi – Orgoglio Nazionale

Jorit ovviamente può fare quello che vuole nel privato e anche nel pubblico. Il problema infatti non è suo, che è un personaggio a metà. Il problema è di chi gli conferisce lo spazio istituzionale d’azione. Il problema, e il dubbio che mi sorge, è quello che la faccia di Ilaria Cucchi lui l’abbia proposta per trend depotenziando significato e significante del suo attivismo, rendendola, appunto, populista. Il problema è di chi lo rappresenta, oppure forse il problema è il nostro che non ci siamo resi conti di essere in una società che all’inizio faceva ridere per la sua contraddittorietà e che ti faceva venire il dubbio del: ”Ma dai com’è possibile che un politico abbia dichiarato una cosa del genere ufficialmente?

Una società che si è costruita e si mantiene in questo punto sospeso tra il non volerci credere di tutta questa banalità, ignoranza e superficialità e quella che è ormai una realtà a tutti gli effetti. Una società divisa tra quelli che ancora si vergognano di farsi un selfie in pubblico e quelli che si emozionano a farsene uno con un dittatore.

Commenta con Facebook