Armi Improprie di Vincenzo Trione indaga la funzione, il ruolo e lo stato della critica d’arte in Italia, con i contributi di alcune tra le più significative voci della critica d’arte italiana di diverse generazioni, chiamate a interrogarsi su momenti salienti del secolo scorso e su testi divenuti classici della disciplina.
Alla fine di luglio del 1913, sotto forma di volantino, in francese e in italiano, esce l’Antitradizione futurista: questo manifeste-synthèse verrà pubblicato da Lacerba nel numero del 15 settembre del medesimo anno. In un passaggio, Apollinaire riserva «mer…de aux critiques». Poco più di cento anni dopo quel j’accuse ha conservato, intatta, la sua forza scandalosa.
E oggi? Dov’è la critica? Condannata a una lenta eutanasia, a una progressiva e drammatica sparizione, è diventata un genere sempre più residuale o addirittura superfluo. Nel nostro tempo, la figura del critico è stata sostituita da quella del curatore, che ha egemonizzato i maggiori eventi espositivi internazionali (Biennali di Venezia, Documenta di Kassel).Eppure, proprio nell’epoca in cui le opere d’arte, spesso, sono divenute complesse e criptiche, questa pratica legata alle origini della modernità avrebbe un ruolo decisivo. Per non permettere che l’esoterismo e la volatilità di tante esperienze artistiche attuali ci escludano dal piacere. Per creare un sentimento di prossimità nei confronti di creazioni non di rado respingenti. E anche per svelare gli inganni di un’arte che è diventata oscura, elitaria. E per smascherare i falsi miti su cui si basa quello che è stato definito “paradigma contemporaneo”.
Per avere ancora un senso, la critica non può che ripartire dalle sue ragioni originarie. Riprendere l’artificio classico dell’ekphrasis, pensando la scrittura come strumento per rimodulare, attraverso le parole, i segni dipinti, scolpiti, filmati o allestiti. Raccontare come una certa opera è nata e che cosa rappresenta; da quali studi; per quali fini; quali erano gli obiettivi del suo autore; che relazioni egli ha intrattenuto con la società in cui si è trovato ad agire; a quali simboli ha rimandato con il suo lavoro; in che modo è più opportuno guardare una certa composizione pittorica. Far capire come un artista si è formato e che tecniche ha adoperato, aiutando a cogliere il significato di un quadro, di una scultura, di una performance, di un’installazione, di un video. E ancora: farsi controparte di un mistero insondabile – il creare. Disciplina maieutica, che insegni a vedere meglio ciò che è in evidenza, ma anche ciò che si cela nell’ombra. Avventura ermeneutica, che tratti le opere come se fossero persone concrete, portatrici di problematiche uniche e inimitabili, dotate di un’identità, di un carattere, di propri diritti, di propri enigmi. Esperienza autonoma rispetto alle pressioni del sistema dell’arte, che non si lasci sedurre dal mito dell’eterno cominciamento, ma si dia come inquieta storia del presente. Infine, sulle orme della lezione di Baudelaire, esercizio «parziale, appassionato, politico».
Di questa filosofia, con sensibilità e culture diverse e lontane, si sono fatti interpreti critici come, tra gli altri, Roberto Longhi e Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan e Carlo Ludovico Ragghianti, Eugenio Battisti e Francesco Arcangeli, Cesare Brandi e Filiberto Menna, Giovanni Testori e Giuliano Briganti, Gillo Dorfles ed Emilio Villa, Renato Barilli e Francesca Alinovi, Germano Celant e Achille Bonito Oliva, Carla Lonzi e Lea Vergine. All’attualità della loro lezione è dedicato Armi improprie, il libro curato da Vincenzo Trione. Che suggerisce un viaggio appassionante tra idee, teorie, libri, articoli, interventi militanti, progetti spesso falliti, iniziative editoriali, collaborazioni giornalistiche, mostre visionarie, esperienze corsare. Disegnando così i contorni di una sorta di possibile canone della critica d’arte italiana del XX secolo.
Vincenzo Trione è professore ordinario di Arte e media e di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università IULM di Milano, dove è Preside della Facoltà di Arti e turismo. È Presidente della Scuola dei beni e delle attività culturali. Collabora al Corriere della Sera. Ha curato mostre in musei italiani e stranieri e il Padiglione Italia della Biennale di Venezia (2015). Direttore dell’Enciclopedia Treccani dell’Arte Contemporanea, è autore di monografie su Apollinaire, Soffici e de Chirico. Tra i suoi libri: Effetto città. Arte cinema modernità (2014), Contro le mostre (con Tomaso Montanari, 2017), L’opera interminabile. Arte e XXI secolo (2019), Artivismo. Arte, politica, impegno (2022), Prologo celeste. Nell’atelier di Anselm Kiefer (2023). Per Johan & Levi ha curato Il cinema degli architetti (2014) e Arte in TV. Forme di divulgazione (con Aldo Grasso, 2014).