La Fondazione Ragghianti, tra il fascino dell’antico e la ricerca contemporanea, continua la sua attività di approfondimento culturale. Sono due le mostre in corso presso la sede di Lucca (Cioni Carpi e Gianni Melotti) e altrettante le riviste di cui è appena uscito un nuovo numero (Luk. Studi e attività della Fondazione Ragghianti e Critica d’Arte).
È sempre affascinante girare per Lucca, per i suoi vicoli, dove si incontrano botteghe che sembrano d’oltralpe. Eppure in questa città, rimasta medievale, non mancano novità e fervore. Un esempio? In via San Micheletto a Porta Elisa, vicino a ex-monasteri e vecchie mura, c’è un Centro Studi all’avanguardia: la Fondazione Ragghianti. Nonostante i tempi di covid, il suo direttore Paolo Bolpagni si è dato da fare. Due mostre in corso, una su Cioni Carpi (Milano 1923-23011), a cura di Angela Madesani e l’altra su Gianni Melotti (Firenze 1953), visitabili “in carne ed ossa”. Altre ce ne sono state in questi anni, belle e raffinate come quella su Bernardo Bellotto 1740 Viaggio in Toscana – chiusa il 6 gennaio 2020, quando ancora non si parlava di pandemie.
Nella scelta delle attività, l’attenzione all’antico si mescola al moderno e alla contemporaneità lungo filoni interessanti, spesso sulla scia del grande storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti. Uno sperimentatore, attento al nuovo, scomparso nel 1987. Su di lui sono stati pubblicati recentemente libri miscellanei, saggi, monografie, si sono tenuti convegni e giornate di studi. Dal 1917 vengono bandite ogni anno due borse di studio destinate a neo-dottorati per ricerche sullo storico lucchese e i suoi studi.
Attirano due belle riviste: Luk. Studi e attività della Fondazione Ragghianti, a cura dello stesso Bolpagni e Critica d’arte, rivista storica rilanciata nel 2018. Nell’ultimo numero di Luk (ma siamo in attesa del nuovo), in circa 140 pagine si trattano argomenti che passano dagli artisti della grande guerra all’arte cinese contemporanea, dalle sperimentazioni sui rapporti tra arti visive e musica ai dialoghi epistolari tra Ragghianti e Santomaso, fino alla scultura funeraria lucchese del primo Novecento, sempre con l’occhio vigile alla letteratura.
Critica d’Arte, un trimestrale ambizioso, giunto al terzo numero della nuova serie, è in realtà una delle più longeve riviste di storia dell’arte, creata nel 1935 da Ragghianti con Ranuccio Bianchi Bandinelli. Viene pubblicata dalla Fondazione omonima con l’Editoriale Le Lettere e accoglie contributi di storia dell’arte, storia della critica d’arte, restauro, architettura, museologia, design. Che cosa troviamo nell’ultimo numero (5-6 gennaio 2020)? Un saggio di Silvia Borelli sui preziosi reliquari a borsa, oggetti dalle forme curiose, con applicazioni in argento, oro, perle, del V-IX secolo. A fare da contrappeso, ecco un articolo della slovena Polona Tratnik sul tema avveniristico dell’arte biotecnologica.
C’è chi come Niccolò d’Agati ha scoperto come due celebri dipinti futuristi di Carrà, Simultaneità e Ritmi di oggetti, siano stati eseguiti dall’artista e rielaborati in seguito, con conseguenze nella cronologia. E chi, come Gigetta Dalli Regoli, scandaglia un periodo poco conosciuto di Botticelli, quello pisano del 1474, sottolineando come la permanenza pisana, sebbene non conclusa, abbia profondamente influenzato il pittore fiorentino. Lo dimostrano le sottili analogie tra famose opere di Botticelli come la Primavera e la Nascita di Venere e i particolari del pergamo della cattedrale di Pisa, opera di Giovanni Pisano, messe intelligentemente in luce in questa occasione.