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La società lucana dai Borboni all’Unità

La storia, la gente, il paesaggio, le bellezze e le miserie della Basilicata attraverso due importanti volumi dall’indiscusso valore storico-letterario e documentale, riscoperti da Osanna Edizioni, casa editrice indipendente vocata alla valorizzazione della cultura del Meridione

Anche all’indomani dell’Unità d’Italia, la Basilicata, o Lucania, era considerata una terra aspra, remota e selvaggia, terra di briganti e di “cafoni” dove il pugno di ferro era giustificato dalle circostanze. Nella realtà dei fatti, pur in un contesto di economia prevalentemente agricola e di un generale tenore di vita assai frugale, la Basilicata non era, e non è, quella terra aspra così aborrita dall’immaginario italiano.

Le problematiche, purtroppo, non sono mancate, ma conoscere quel passato difficile è utile per meglio indirizzare il presente e risolvere una volta per tutte quella che è passata alla storia come la “questione meridionale” ed è ancora argomento di scontro fra due Italie che sembra non si siano mai veramente unite fra loro. Suo malgrado, anche la Basilicata è parte della suddetta questione, che però ha origini assai lontane, come spiega il volume La Basilicata borbonica, pubblicato da Osanna Edizioni, in cui il meridionalista Tommaso Pedìo ha collazionato in maniera ragionata tre relazioni sulla regione, la prima condotta all’inizio del Settecento da Rodrigo Maria Gaudioso, su richiesta dell’allora sovrano Carlo III; la seconda è una statistica a carattere principalmente economico, redatta un secolo più tardi sotto il regno di Gioacchino Murat; la terza, infine, documenta i progressi agro-pastorali e industriali lucani alla metà dell’Ottocento, poco prima dell’Unità d’Italia.

L’ampia introduzione spiega le ragioni, la genesi e il carattere delle tre inchieste di cui sopra, inquadrandole nel contesto delle tante altre che le hanno precedute, e rivelando così una storiografia incapace di cogliere la vera essenza dei problemi della popolazione lucana, ma anzi dipingendo sempre, nei limiti del possibile, un quadro economico e sociale rassicurante, sia per scopi politici sia per miopia intellettuale. Dai documenti emerge quindi una società in larghissima parte rurale, annidata in un territorio quasi sempre montagnoso, dove l’agricoltura richiede molta fatica in cambio di raccolti appena sufficienti a sfamare la popolazione, anche a causa di tecniche di coltivazione generalmente arretrate. Anche perché i pochi latifondisti erano poco interessati al miglioramento delle colture, premendo loro soltanto di mantenere le loro posizioni di potere all’interno di una società comunque pacifica, forse perché rassegnata, o comunque paga di quel progresso, pur lentissimo, che quasi per fisiologica forza d’inerzia si affermava anche in Lucania, sia in termini di aumento della produzione agricolo in virtù delle bonifiche e del miglioramento delle tecniche, sia in termini di produzione artigianale/industriale in virtù degli stabilimenti manifatturieri sorti sul territorio.

Su questo panorama sociale, che pure aveva un suo equilibrio interno, giunse nel 1860 la truppa garibaldina e l’esercito piemontese per portare la civiltà all’ombra dell’Italia unita. E proprio nei decenni che vanno dal 1861 alla prima metà del Novecento si concentra lo studio di Umberto Zanotti-Bianco, scrittore, archeologo, filantropo, nonché storico fondatore di Italia Nostra, un personaggio cui l’Italia dovrebbe essere memore e grata, ma purtroppo così non è. Per merito di Osanna Edizioni, comunque, è possibile rileggere il suo La Basilicata. Storia di una regione del Mezzogiorno dal 1861 ai primi decenni del 1900, ideale prosecuzione delle inchieste borboniche di cui sopra, ma con un punto di vista più umanistico e vicino ai bisogni della gente. L’autore, infatti, buon allievo di quel grande meridionalista che fu Giustino Fortunato, non nasconde al lettore la realtà lucana con le sue problematiche non risolte dalla dominazione borbonica, tuttavia spiega come il momento dell’Unità non portò con sé quella tanto sbandierata libertà che sembrava guidare le baionette dei garibaldini; Zanotti-Bianco illustra l’impegno del nuovo Stato unitario, denunciandone però anche i limiti, dovuti non necessariamente alla malafede, ma anche alla scarsa conoscenza della situazione locale.

È un fatto che le eccessive tasse poste su una società in larga parte costituita da contadini, la politica protezionistica a favore dell’economia settentrionale, il mancato contrasto al disboscamento, per i primi decenni dell’Unità causarono nuovi problemi e impoverirono la Basilicata, e soltanto con l’inizio del nuovo secolo si colsero i primi segni di progresso. Eccessiva, anche, la reazione al fenomeno del brigantaggio, di cui non si vollero comprendere le ragioni ma lo si trattò al pari di una qualunque insurrezione armata. Nel legislatore italiano (o piemontese) mancò spesso la volontà di capire questi nuovi italiani, di immedesimarsi nella loro difficoltà quotidiane, nella loro mentalità, nel loro sentire. L’amministrazione, da sola, non risolve i problemi sociali, serve anche la coscienza che nasce, prima di tutto, dalla conoscenza dei territori e delle persone. Riscoprire la pagine di Zanotti-Bianco è utile anche per capire problematiche contemporanee di cui l’Italia sembra non essersi ancora liberata.

 

La Basilicata borbonica
PEDIO TOMMASO
2005 (sec. ediz.), p. VIII-192, 16,00 €
ISBN 9788881670585

La Basilicata. Storia di una regione del Mezzogiorno dal 1861 ai primi decenni del 1900
ZANOTTI-BIANCO UMBERTO
Introduzione di M. Cifarelli
2002, p. 112, 12,00 €
ISBN 9788881670666

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