Domani sarà il giorno di chiusura dell’11.ma edizione di Art Basel Hong Kong, ma ovviamente – come ha ricordato il “superdirettore” Vincenzo de Bellis – sono anche le città che “fanno la fiera” e Hong Kong non è da meno. E come sarebbe possibile, altrimenti? Ecco dunque la nostra ricognizione dei “best of” nella metropoli asiatica
A pochi passi dal Convention Center, su Central Harbour, quest’anno ritorna anche Art Central – la fiera affordable nata nel 2015, in parallelo ad Art Basel. Un’occasione utile per tutti quelli che vogliono scoprire l’arte della Cina continentale e del Sud Est asiatico, che quest’anno conta qualcosa come 98 gallerie di cui, appunto, il 70 per cento provenienti dalla regione.
Ma ci sono anche alcune europee, come le spagnole Veta e Espacio Valverde, entrambe di Madrid. Che cosa le ha spinte fin qui? Gli artisti di Veta sono molto apprezzati e ben compresi da queste parti, ci dice il suo direttore, mentre Espacio Valverde ha ricevuto un invito ad esporre gli incredibili “paesaggi” di Ana de Alvear, tutti realizzati a matita su carta, che stanno decisamente catalizzando l’attenzione del pubblico orientale, che rimane lo zoccolo duro della fiera.
Il “genere” che si incontra di più da queste parti? La pittura ovviamente, un po’ in tutte le sue accezioni, ma con una certa poetica infantile fumettistica, sospesa tra manga e anime varie, ma senza toccare nessun tasto troppo scomodo. Tra le altre gallerie c’è Atelier Aki, Seoul, il cui artista di punta Kwon Neung riempie alcuni dei luoghi iconici di metropoli cinesi, come Hong Kong e Shanghai, di superstar della storia dell’arte e del cinema, dalla ragazza con l’orecchino di perla che fa jogging a Bruce Lee che passeggia, da Marilyn Monroe intenta a sorridere a chi sta scattando la scena a Charlie Parker che suona all’uscita della metropolitana di Mong Kok. Talmente pop da essere piacevole, ad una media di 15mila dollari a pezzo. Da Shanghai arriva invece la Xu Gallery, che porta ad Art Central la produzione di Zhuang Hong Yi, fatta di paesaggi astratti e cangianti realizzati con carta di riso sapientemente modellata e colorata. Roba da salotto? Forse, ma che vale – parla chiaro anche Artsy – decine di migliaia di dollari.
Per chi volesse stare sul piano più istituzionale non può mancare una visita al Museo M+, nel distretto culturale di West Kowloon, di cui vi abbiamo parlato in apertura a questa settimana dell’arte. Non c’è che dire: a lungo atteso da queste parti come landmark per l’arte asiatica e per lo sviluppo delle relazioni internazionali tra Est Asia e Occidente, l’M+ progettato dallo studio svizzero Herzog e de Meuron è una vera e propria meraviglia e varrebbe una visita solamente per le sale dedicate alla collezione di arte cinese contemporanea di Uli Sigg, diplomatico e business man svizzero e ambasciatore in Cina, Mongolia e Corea del Nord dal 1995, che fondamentalmente – con la sua immensa donazione all’M+ – il museo l’ha praticamente creato. La Collezione Sigg, che copre un arco temporale che va dal 1972 al 2012, è composta per un totale di oltre 1500 pezzi che raccontano in maniera impareggiabile uno dei periodi culturalmente più dinamici della storia cinese, a partire dalla fine della Rivoluzione Culturale, attraversando le riforme economiche degli anni ’80, l’urbanizzazione degli anni ’90 e l’era della globalizzazione negli anni 2000: Yue Minjun e i suoi uomini-maschera sorridenti, Ding Yi, Liu Ding e la sua ricerca sugli stereotipi e la produzione di immagini in serie “Made in China”, Fang Lijun, Geng Jianyi, Gu Wenda, Huang Yongping, Liu Wei, Zhang Xiaogang e i suoi ritratti famigliari sospesi nel tempo e nei sentimenti, Zhang Huan e Xu Bing sono solo alcuni dei nomi di questa raccolta che, osservata a queste latitudini, trova anche una sua migliore comprensione. A proposito, proprio l’artista Xu Bing è stato investito dell’incarico di Ambasciatore per la Promozione Culturale dallo stato di Hong Kong, in una cerimonia all’Hong Kong Art Museum. L’artista, in questa città è arrivato nel 1993, ha sottolineato il ruolo fondamentale della metropoli cinese nelle relazioni tra Oriente e Occidente, in un processo di “civilizzazione e culturalizzazione” rendendo l’arte del Paese ancora più internazionale.
Nell’area di Central, invece, nel complesso culturale Tai Kwun – ex stazione di polizia e relativi edifici un tempo adibiti a carceri e luogo di prigionia – si trova il Jc Contemporary, che ospita ETC, il lungometraggio dell’artista statunitense Sarah Morris, girato come omaggio a Hong Kong nella primavera del 2023, momento della riapertura al mondo della metropoli. ETC è, semplicemente, incredibile: un ritratto composto da una moltitudine di clip e piani sequenza interconnessi, concentrati principalmente sui sistemi e le strutture che compongono Hong Kong: il porto, la distesa di containers, le merci all’ingrosso e al dettaglio, strade, autobus, treni, stazioni del metrò, lo spettatore viene assorbito in una visione onnisciente della città che raramente si percepisce in simultanea, a cui si accompagna il murale site-specific Lippo [Paul Rudolph], dal nome dell’architetto americano che ha progettato gli iconici edifici ottagonali che compongono il Lippo Center, cuore del distretto finanziario della metropoli. Il film, coprodotto da M+ e Tai Kwun Contemporary è in scena fino al 14 aprile, con la colonna sonora di Liam Gillick. Una vera ciliegina sulla torta, brillante e caoticamente ordinatissima, specchio di una metropoli che – almeno in questa settimana – ha vissuto in pieno il suo anno del Drago.
Ma se non vi bastasse e voleste continuare la deriva ecco che tra i palazzi e i parchi cittadini si annidano una serie di opere/installazioni pensate per vivere la città in una maniera più ludica: al Tamara Park, zona Admiral, c’è @ArtHarbour, che fino al prossimo 2 giugno promette a locals e turisti un’esperienza immersiva outdoor, tra luci e colori. teamlab, tra gli altri, ha creato la mega installazione Continuous, una distesa di grandi forme ovali che oscillano alla spinta di grandi e bambini; un labirinto dal quale sbirciare lo skyline e la baia da un’altra prospettiva. E nel caso foste in barca date un’occhiata alle facciate del Tsim Sha Tsui Center: cinque artisti internazionali le hanno “illuminate” con altrettante cinque brevi video-installazioni, nel progetto Hong Kong Walls (HKWALLS) – promosso da Sino Group. Ecco che con gli interventi di Pavel Mrkus, Kristopher Ho & Andy Lau, Bond Truluv, Frederic Bussiere, Lousy si mescolando prospettive architettoniche ed effetti di fuochi artificiali, affetti e scene di vita “surrealizzate”, mentre dall’altra parte della costa gli uomini di Julian Opie camminano sulla torre del 535 di Jaffe Road. Sono lì da un paio d’anni, quindi non fanno parte dell’art week 2024, ma come escluderli dalla scena?