“Sacro non è raccontare ciò che sai, ma quello che ti commuove e non sai il perché” Attorno a questa citazione tratta dalla raccolta di poesie Sacro Minore di Franco Arminio si articola la mostra Sacro è, presentata dalla Fondazione Merz di Torino, dal 18 marzo al 16 giugno 2024.
La curatrice Giulia Turconi guida il visitatore attraverso il mistero del sacro, un tema antico reinterpretato con energia e freschezza da giovani artisti. Partendo dalla definizione stessa di sacro come “una realtà totalmente differente di fronte alla quale l’uomo si sente atterrito e spaventato”, la riflessione si estende oltre la dimensione religiosa. Si esplora il forte ruolo sociale e collettivo del sacro, suggerendo un ritorno a una dimensione comunitaria e umana. Franco Arminio, attraverso le sue poesie, ci invita a considerare il concetto di ‘sacro minore’, una realtà che può essere ritrovata nella quotidianità. Questo stimola un dialogo tra artisti, orchestrato da Giulia Turconi, nel tentativo di individuare una forma di sacro contemporaneo.
Le opere di otto giovani artisti sono le protagoniste di questo progetto espositivo, creando un dialogo internazionale attraverso le loro interpretazioni del sacro. Il percorso si apre con l’installazione Tutto (2018), di Matilde Cassani (Domodossola, Italia, 1980). Un drappo rosso accoglie il visitatore diventando la metafora di un limite da superare. Tutto riflette infatti la volontà di mescolare persone, differenze ideologiche, passato e presente innescando una riflessione sulla memoria collettiva e invitando a ritornare alla vita con rinnovata consapevolezza. Segue nella prima sala la performance site-specific Sparge la morte (2022- 2024) di Giuseppe Di Liberto (Palermo, Italia, 1996), che esplora il tema della morte e dei riti che la accompagnano.
L’installazione Dì tutta la verità ma dilla obliqua (2024) di Quỳnh Lâm (Saigon, Vietnam, 1988), prosegue nell’esemplificazione delle nozioni di vita e di morte indagando la sacralità che le accompagna. Utilizza fiori e terra, che durante l’esposizione muteranno il loro aspetto, accompagnati dalla composizione di colori Flowers Obscuder (2019). Invita alla riflessione sul senso del tempo come protagonista della vita e della sua naturale decadenza. Tutti i segreti che l’artista vuole rivelare sono contenuti nei fiori che al contempo desidera seppellire, evidenziando che per avvicinarsi al concetto di sacro, sia necessario girarci intorno e svelarlo poco alla volta.
GianMarco Porru (Oristano, Italia, 1989) esplora invece il significato dell’acqua come protagonista di molte tradizioni religiose con l’installazione Uma Fonte (2023-2024), realizzata in occasione di una residenza a Rio de Janeiro. Le sculture di Tiphaine Calmettes (Ivry-sur-seine, Francia, 1988), composte prevalentemente in terra e argilla, costruiscono un ambiente intimo e familiare in cui il visitatore è invitato ad accomodarsi come negli spazi di una cucina.
L’artista Lorenzo Montinaro (Taranto, Italia, 1997) ci conduce ulteriormente nell’esplorazione del sacro attraverso l’installazione C’eri (2022). In questa creazione, Montinaro ha ricreato un piccolo luogo sacro, che assume le sembianze di una cappella. All’interno sono disposti ceri azzurri, recuperati da diverse chiese e dal cimitero monumentale di Milano. Questi ceri, carichi di preghiere e speranze, solitamente accesi nelle chiese, qui giacciono spenti su scaffali tipici dei magazzini.
Questo contrasto crea un parallelismo tra il sacro e il profano, tra il rumore e il silenzio. La traccia della fiamma, ormai assente sui ceri, è invece visibile tutto intorno sugli inginocchiatoi completamente bruciati. L’artista ha lasciato visibili solo i segni delle ginocchia, creando ancora una volta un senso di rumoroso silenzio. Queste panche sono rivolte verso l’altare, che di solito presenta oggetti iconografici. Tuttavia, in questo caso, l’altare è stato creato raccogliendo frammenti di lapidi di persone comuni, rimarcando il contrasto tra presenze e assenze.
La mostra si conclude con due opere digitali, la prima è Desire Lines (2019) di Tommy Malekoff (Virginia, USA, 1992), che riflette sulla relazione tra sacro e non-luogo. Il video a due canali presenta un parcheggio che diviene un luogo pieno di possibilità e il palcoscenico di molti rituali. Lena Kuzmich chiude il percorso con la video installazione Chimera (2022) (Vienna, Austria, 1998), che esamina l’ecologia queer e la vita non binaria nell’ambito naturale.
Le opere degli artisti in mostra dialogano con una selezione di lavori di Mario Merz e Marisa Merz, cui si affianca la proiezione del film Teorema di Pier Paolo Pasolini, sia come tributo, sia nell’ottica di un confronto generazionale. Autori molto distanti e diversi tra loro si trovano dunque a proporre nuove e consolidate concezioni di sacro, così da darci spunti per interrogarci, riflettere e abbracciare la diversità di prospettive che arricchiscono il nostro rapporto con l’arte e la spiritualità.