Tra i Padiglioni nazionali più curiosi presenti alla Biennale di Venezia 2024 c’è sicuramente quello di Hong Kong, ubicato appena fuori l’ingresso dell’Arsenale, al Campo della Tana. Una posizione super strategica, all’inizio del percorso e allo stesso tempo fuori dalla folla di una delle sedi principali della manifestazione, che sembra idealmente rispecchiare la geografia della metropoli cinese, ponte tra Est e Ovest del mondo.
Con “Courtyard of Attachments”, Trevor Yeung (nato nella provincia cinese di Guangdong nel 1988 e cresciuto a Hong Kong dove si è laureato all’Academy of Visual Arts 2010) offre una ricognizione dei sentimenti della volontà di possesso e della brama di potere attraverso undici suggestive installazioni di cui oltre la metà concepite esattamente per la partecipazione in Biennale. Ispirato dalla sua stessa storia famigliare, dal ristorante del padre ai negozi di animali, dagli acquari posseduti durante l’infanzia e agli arredi feng shui, le sue opere contemplano l’assenza e l’attaccamento, alludendo anche alla crisi climatica.
«Venezia per noi – come per tutto il mondo – è una delle mostre d’arte più famose e importanti: mostrare qui il proprio lavoro significa mostrarlo a tutto il mondo dell’arte. È anche così che intendiamo la nostra partecipazione a Venezia, che avviene dal 2001», ci racconta Kevin Yeung, Secretary for Culture, Sports and Tourism, Hong Kong Special Administrative Region Government.
Che specifica che per Hong Kong la Biennale non è solamente una vetrina, ma anche una possibilità per sostenere i propri artisti, una linea strategica per offrire loro una opportunità internazionale: «Ogni anno il governo investe molte risorse; collaboriamo con l’Arts Development Council e loro con l’M+ di West Kowloon per posizionare Hong Kong sulla mappa mondiale del mondo dell’arte: è così che vediamo la Biennale, ed è per questo che siamo sempre disposti a investire risorse per farlo».
Tutto questo, chiaramente, avviene anche a rispetto della selezione degli artisti per la Biennale: l’ufficio di Mr. Yeung, istituito nel 2022 unendo le sezioni delle arti e della cultura, gli sport e il turismo «Perché per spendere soldi è anche necessario capire come guadagnarli: le due cose debbono essere sinergiche», trova e fornisce i finanziamenti per la partecipazione di Hong Kong a Venezia.
Successivamente – quando la cifra è allocata, attraverso l’Arts Development Council e l’M+, viene identificano un curatore locale e di conseguenza l’artista. «Il nostro scopo ad ogni modo – rimarca il Segretario, è mettere in mostra gli artisti locali e la loro ricerca. È molto importante per noi. Non importa che un artista sia noto o rinomato; quello che cerchiamo è un potenziale da sviluppare: vogliamo che i nostri artisti si espongano al mondo e acquisiscano esperienza. Organizzando loro una mostra di livello mondiale conosceranno le aspettative del mondo dell’arte e quali sono gli standard globali. Inoltre, grazie alla partecipazione alla Biennale di Venezia, potrebbero anche ottenere la possibilità di essere scelti per altre manifestazioni».
“Courtyard of Attachments” segna anche la sesta collaborazione tra M+ e l’Hong Kong Arts Development Council, e come per le edizioni precedenti, dopo la presentazione del progetto a Venezia il Padiglione di Trevor Yeung sarà mostrato a Hong Kong in una mostra adattata all’M+, nel 2025. Ed è anche in quest’ottica che ritornano alla mente anche le antiche relazioni tra l’Italia e la Cina, i pellegrinaggi economici di Marco Polo e – in effetti – anche Yeung ci scherza un po’ su: «Abbiamo tante somiglianze, è vero: i noodles in Cina e gli spaghetti in Italia, e penso anche che Hong Kong – come Venezia, è un luogo circondato dall’acqua: questo progetto di Trevor Yeung collega Venezia e Hong Kong in maniera liquida, parlando anche di tradizioni economiche».
E a proposito di economia, è chiaramente su West Kowloon e il meraviglioso M+ che andiamo a parare, parlando degli investimenti presenti e futuri che avverranno nella città cinese: «Hong Kong ha conquistato la sua immagine culturale negli ultimi 15 anni, specialmente grazie alla sua cultura ibrida, ponte tra Occidente e Oriente, tra Cina e mondo globale. Crediamo che questa sia una parte della forza che abbiamo, e stiamo cercando di farne uso. Tra le novità dei prossimi tempi ci sarà un nuovo centro culturale nel distretto di East Kowloon, che è praticamente vicino al completamento e penso che inizieremo a mettere in funzione parte delle strutture quest’anno. Si tratta di un polo focalizzato sulla tecnologia artistica, vicino al confine con la città di Shenzhen. Sarà un luogo dove si potrà davvero lavorare con strumentazioni high-tech, anche per quanto riguarda la cultura. Ma abbiamo anche un piano per costruire un museo per bambini, sempre nella parte nord-occidentale della città. Senza però dimenticare l’attenzione all’ambiente, all’istruzione, alla formazione dei nostri studenti: bisogna offrire loro opportunità e possibilità. È imprescindibile costruire anche il nostro soft power, perché non è solo l’hardware che conta».
E la spesa annua, per tutto questo? Circa sette-nove miliardi in Hong Kong dollars: Marco Polo non avrebbe saputo fare di meglio.