Nathalie du Pasquier ha realizzato un’opera per Zazà Ramen, ristorante di Milano che tra le sue sale ha già accolto lavori di altri artisti, tra cui David Tremlett, Michele Lomardelli e Hermann Bergamelli.
Due universi creativi si incontrano ormai sempre più frequentemente, dando vita a un binomio che stimola la percezione in maniera unica: il cibo e l’arte. Nella cucina, così come nella pratica pittorica, sono infatti coinvolti tutti i cinque sensi, che si amplificano e combinano tra loro per intensificarne la nostra esperienza.
In linea con questa visione, Brendan Becht, direttore del locale di cucina giapponese e sake bar nel centro di Milano Zazà Ramen, ha ormai da anni intrapreso un percorso di ibridazione tra il concetto di cena al ristorante e di mostra in galleria. Due volte all’anno, infatti, le pareti bianche del suo locale si trasformano in tele al servizio di un nuovo artista, che nei successivi sei mesi diventa protagonista di un’opera site-specific a tutti gli effetti.
Con totale libertà di espressione, creativi italiani e internazionali interpretano lo spazio attraverso i propri occhi costruendo un ambiente ogni volta diverso ma sempre in armonia con l’atmosfera del locale. Un’idea di coabitazione tra pratiche espressive che mira non soltanto alla percezione visiva puramente estetica, ma anche al principio di avvicinamento all’arte in maniera semplice e aperta.
A inizio maggio, ha così inaugurato il nuovo progetto di Zazà Ramen, questa volta affidato a Nathalie du Pasquier la realizzazione dell’opera Intercity, pensata in collaborazione con la galleria APALAZZOGALLERY di Brescia, spazio dove l’artista ha recentemente tenuto la sua mostra personale Fermata sospesa. Nathalie nasce a Bordeaux ma vive da più di quarant’anni a Milano, città dove diventa uno dei membri fondatori del gruppo Memphis, fondamentale collettivo che abbraccia il design postmoderno. La pittura è tra i suoi linguaggi principali, senza sovrastrutture iper-concettuali ma con uno spirito di creazione spontaneo e unico.
In Intercity geometrie e toni caldi, dal borgogna al rosa tenue, si alternano sulle pareti estendendosi fino all’arco centrale, che per la prima volta si tinge di un rosso intenso. Il dipinto si presenta come una sorta di paesaggio astratto visto dal lungo finestrino di un treno velocissimo: da qui il titolo scelto.
Ne parla così il testo critico di Irene Sofia Comi: “Le pennellate che compongono la fascia centrale di Intercity sono inscritte in un rettangolo dai tratti spessi e neri, che sembrano mimare la funzione di una cornice. Benché questi elementi ci sembrino vagamente riconoscibili, sono invece per l’artista “cose inesistenti”. Stiamo guardando fuori dal finestrino di un treno che corre a tutta velocità? Sono immagini di un sogno? O forse pure astrazioni? Non è importante definirlo con certezza poiché ciò che vediamo è spazio dipinto, reale e mentale insieme. Al centro di questa esperienza di visione vi è infatti il principio stesso di rielaborazione della realtà, che avviene quando memorie personali e stimoli visivi esterni si mischiano tra loro”.
Tra gli artisti precedentemente coinvolti da Brendan ci sono David Tremlett, Michele Lomardelli e Hermann Bergamelli, le cui opere spiccano ancora all’interno del locale come un segno inciso del loro passaggio, che definisce insieme agli altri la memoria di un importante percorso progettuale.