L’opera è accessibile al pubblico fino al 30 giugno a Palazzo Barberini insieme a 50 frutto di un’inedita collaborazione con Galleria Borghese.
“Attonito fissa sé stesso e senza riuscire a staccarne gli occhi rimane impietrito come una statua scolpita in marmo da Paro”. Dalle parole di Ovidio prende ispirazione il Caravaggio che dipingerà il capolavoro di Narciso, oggi in mostra a Palazzo Barberini a Roma. L’opera, un olio su tela realizzato tra il 1597-1599, è una ripresa del mito classico in chiave moderna e fu attribuito al maestro dallo storico dell’arte Roberto Longhi. Il dipinto, commissionato da Francesco Maria Del Monte, è considerato uno tra i capolavori della pittura barocca.
Caravaggio riprende quindi il mito in maniera del tutto inedita: focalizzandosi sull’analisi psicologica del soggetto e coinvolgendo emotivamente lo spettatore. Narciso era un giovane cacciatore caratterizzato da una bellezza disarmante, ricco di corteggiatrici e corteggiatori che puntualmente sdegnava. Un giorno, mentre era a caccia di cervi nel bosco, vede un riflesso di un ragazzo in uno specchio d’acqua. Il giovane, non riconoscendosi nel riflesso, diventa vittima del proprio fascino e si innamora di se stesso. Secondo il mito, Narciso cerca invano di afferrare quell’immagine che lo porterà a cadere e morire annegato. Narciso era così pieno di sè da innamorarsi della sua stessa bellezza, e non poter amare che un altro se stesso, e cadere quindi vittima del suo ego.
L’opera del Merisi rappresenta il momento topico dell’intera storia: l’istante prima della tragedia, quando Narciso si sta avvicinando al suo riflesso, prima di cadere nello specchio d’acqua.Lo notiamo dal dettaglio della mano che si immerge nell’acqua, l’unico punto in cui il corpo e il suo doppio arrivano a toccarsi. Caravaggio riprende dunque il momento cruciale della vicenda/ della trappola: l’immagine che narciso vede nella pozza non è altro che l’immagine di se stesso. Fulcro del dipinto è il giovane ragazzo circondato non da una foresta come vorrebbe il mito, ma da uno sfondo nero che riprende la scuola fiamminga e che amplifica l’attenzione sul soggetto. Narciso è ritratto con una postura e un’espressione spontanea e naturale: la sua bocca aperta è data dallo stupore e meraviglia nel vedere tanta bellezza riflessa nell’acqua. La composizione della scena è perfetta e simmetrica. Il formato verticale della tela permette a Caravaggio di creare un’immagine quasi doppia/speculare del giovane cacciatore e il suo riflesso rispetto a un ipotetico asse di simmetria. Come in una carta da gioco: sopra il Narciso in carne e ossa, sotto il riflesso evanescente/rarefatto e irresistibile.
Le braccia di Narciso sono piegate ad angolo e dal loro riflesso in acqua si individua una struttura circolare a cui fa da centro il ginocchio, su cui punta la luce. Il giovane è elegante, vestito con un corpetto decorato, larghe maniche a sbuffo e pantaloni verde smeraldo. L’immagine del ragazzo riprende l’idea di un soggetto teatrale; vestiti e decori ricordano la passione che il pittore aveva per il teatro.Un forte senso drammatico è creato dalla luce, uno degli elementi caratteristici del pittore, utilizzata come un riflettore cinematografico: non in maniera descrittiva ma teatrale, proviene da sinistra e illumina il viso e il corpo del ragazzo lasciando tuttavia in ombra la maggior parte del dipinto. Questo crea una forte tridimensionalità e profondità al dipinto, realizzando un’atmosfera di grande impatto visivo e una circolarità data dalle braccia del giovane e del suo riflesso che sono un esplicito richiamo al concetto di infinito.
Caravaggio riprende in modo emblematico il tema della vanità e il rischio di essere così abbagliati dalla propria immagine da perdere se stessi. Lo specchio d’acqua del dipinto è simbolo dell’inganno: mostra una realtà che non esiste. A prima vista persino l’osservatore non nota differenze tra l’immagine reale del giovane e il suo riflesso. Siamo dunque ancora capaci di distinguere tra realtà e illusione? o talmente abituati allo scorrere d’immagini e informazioni da non prestare più attenzione alla realtà che ci circonda? Il mito di Narciso ci fa riflettere sulla nostra contemporaneità. La trappola che viviamo quotidianamente tramite i social ci restituisce una realtà effimera dove virtuale supera l’importanza del reale.
È più importante l’’immagine’ che diamo di noi piuttosto che la realtà che abbiamo dietro. Una realtà che ci spinge come Narciso all’adorazione di noi stessi, ci specchiamo nello schermo dei nostri smartphone e diventiamo emblema di una società vuota e narcisistica. Come Narciso si perdeva nel suo riflesso così noi ci perdiamo nel nostro stesso riflesso social. Noi siamo tutti Narciso, cadendo nello specchio perdiamo l’occasione di conoscere noi stessi. Lo specchio nella vita e nell’arte è un metro di giudizio che può però tramutarsi in trappola. Il dipinto è quindi un’occasione per un viaggio nella psiche umana, ormai ‘catturati’ dai social, non resta che chiederci: specchio, servo delle mie brame chi è il più narcisista del META-reame?
La vanità sopraffà Narciso: il capolavoro di Caravaggio