Michele Socionovo (Ancona, 1985) è un pittore astratto che nel suo percorso artistico riflette sul rapporto arte e vita, alla ricerca di un’espressione formale che sia il più possibile lontano dal dato reale.
“Non potrei mai rispecchiare la natura, piuttosto vorrei dipingere ciò che mi lascia“, diceva Joan Mitchell del suo lavoro, quasi giustificando la scelta di operare nell’arte con piglio astratto, libero dall’adesione al reale. Una questione che apre a ramificate considerazione sul rapporto tra natura e arte, tra vita e arte. Posta come esistente una connessione tra loro, mai recisa al netto di scelte contenutistiche e stilistiche, la misura del loro interfacciarsi è da sempre una questione che ogni artista è chiamato a dosare in modo del tutto soggettivo. Ma obbligatorio. Un aspetto da cui non si può transigere.
Vi si è confrontato anche Michele Socionovo (Ancona, 1985) nelle tre grandi serie di lavori eseguite fino a questo momento. In ognuna di esse – Gran Boulevard, Pagine d’amore, Amour abstrait – il pittore ha in qualche modo assorbito dalla vita e ad essa restituito una visione, un sentimento ispirato dall’arte. Come Mitchell, anche Socionovo rifiuta fin da subito un approccio mimetico, figurativo, didascalicamente descrittivo del dato reale. Anche quando è proprio la vita a indirizzarne l’arte.
Come accaduto per Gran Boulevard, serie di tele astratte ma ancorate dal titolo alla realtà, così come la vicenda personale che le ha ispirate. É infatti di ritorno da un viaggio a Parigi che Socionovo ha trovato il modo di sintetizzare la sua tecnica, spatola con acrilico su tela, con un contenuto rinnovato, dando vita a nuove tele in grado di raccontare la vicenda vissuta, insieme probabilmente alla stratificazione di tutte le esperienze precedenti. Sullo sfondo delle tele Socionovo pone dunque ritagli di libri su Basquiat, Mirò e Kandinsky.
Ogni dipinto prende ispirazione dalla vita e dalla filosofia di questi grandi pittori, nascondendo poi con il colore l’opera ritagliata e facendone emergere dettagli significativi. Figurativamente l’immagine è dunque potente: il pensiero intangibile di un pittore diviene corpo (le pagine del libro), per tornare poi nella dimensione astratta dell’opera del pittore. Socionovo gioca così con la vita e con l’arte in un’alternanza di avvicinamento e allontanamento, di intesa e improvvisi strappi. Come del resto è evidente la miscela sapiente di stili e riferimenti, a partire dal collage dadaista fino alle cancellature di Emilio Isgrò, che opera sulla carta stampata, elidendo alcune parole per farne emergere altre.
L’aspetto letterario e dell’evidenziazione indiretta, ottenuta per cancellatura, ritorna anche in Pagine d’amore. In questa serie è preponderante l’aspetto lirico, con la selezione delle pagine che viene circoscritta da Socionovo ai ritagli di libri di poesie. Come accaduto nella serie precedente, “le spatolate di colore vanno a coprire pezzi di pagine, lasciando emergere le parole più significative in quel momento, quell’istante in cui ogni gesto sulla tela da vita a emozioni e interpretazioni“, racconta l’artista stesso. Si tratta di un intervento meta artistico e in qualche modo collaborativo, in cui l’artista si appropria delle parole di alcuni colleghi filtrandole con la sua arte, che diviene agente trasformativo e rigenerante.
La pittura di Socionovo, oltre ad accendere i versi di colori e forme, dunque di veicoli emotivi più istintivi e viscerali rispetto alle parole, rielabora il contenuto del componimento, lo rinnova donandogli nuova veste. Curioso che anche Joan Mitchell, in alcune opere degli anni ’90, abbia affiancato pittura astratta e poesia. Un aspetto che corrobora ulteriormente il cammino di Socionovo – pienamente inserito in percorso artistico che ne legittima la natura – e ne certifica al contempo le evoluzioni compiute nel tempo, soprattutto a livello personale.
É così che in Amour abstrait l’artista compie una sorta di salto nel vuoto, lasciando ogni riferimento (i testi) e abbandonandosi al flusso incontrollato del sentimento puro. Non ci sono appigli o ancore, in questa serie di opere Socionovo si confronta direttamente con la sua esperienza, la filtra e reinterpreta a colpi di pennellate, cercando il modo di esprimere qualcosa che accade in lui, non che gli viene suggerito dalla realtà. “Mentre pitturo, è il mio spazio fuori dal mondo, dove con il sentimento creo le opere“, racconta l’artista, sottolineando il tentativo di andare oltre anche a quel che diceva Mitchell: non interpretare ciò che la natura lascia, ma aggiungere ad essa quel che esiste solo nell’animo dell’uomo.