A Venezia, la Fondazione Bevilacqua La Masa — per chi non fosse della laguna, è un’istituzione centenaria nel panorama dell’arte contemporanea che continua la sua missione di sostenere i giovani artisti come da suo statuto — lo scorso 19 luglio ha aperto le porte di Palazzetto Tito con l’esposizione Campo magnetico: una celebrazione della creatività emergente, ma anche una dimostrazione del potere universalmente riconosciuto dell’arte di connettere, influenzare e trasformare.
La collettiva, curata da Cristina Beltrami, non si basa su un tema prefissato, ma prende forma da una realtà vissuta: l’incontro di queste quindici menti artistiche, ognuna con la propria particolare visione e bagaglio culturale, che hanno trascorso undici mesi in un dialogo costante tra di loro e con la città di Venezia. Prendendo spunto da ciò che si insegna in fisica e nelle scienze applicate, come le cariche elettriche che generano un campo magnetico, gli artisti hanno dato vita a una forza attrattiva e dinamica, capace di coinvolgere il pubblico in un viaggio immersivo attraverso le loro opere.
“La vera sfida per tutti noi — io come curatrice e loro come artisti — è stata quella di dare vita a una mostra di destini incrociati; non costruita per giustapposizioni ma nella quale un’opera fosse capace di parlare all’altra, come direbbe Aby Warburg in un rapporto di ‘buon vicinato’,” dice nel testo in catalogo Beltrami.
Questa non è solo un semplice agglomerato di opere diverse, ma un’interazione, un inventario visivo consapevole tra pittura, scultura, installazioni, fotografia e video. Le opere non sono accostate a caso, ma dialogano tra loro in una forma di “buon vicinato”, un concetto che Aby Warburg avrebbe senza dubbio approvato. Alcuni artisti hanno esplorato nuovi materiali, altri hanno abbracciato temi inaspettati, e altri ancora hanno portato il loro lavoro in territori completamente nuovi e inesplorati. In ogni caso, tutti hanno mantenuto un filo conduttore con la loro ricerca originale, dimostrando un coraggio ammirevole.
Il titolo della mostra, Campo magnetico, allude a quell’alchimia che si è sviluppata nei mesi trascorsi nei laboratori della Fondazione, facile come concetto ma non così tanto considerando che ogni artista è fatto a modo suo. Non è solo una questione di conflitti creativi risolti e nuove armonie scoperte, ma anche di quel “Processo che, nel caos indistinto della psiche, chiarifica e mette a fuoco i contrasti o conflitti che vi si annidano […] per poi comporli in un nuovo equilibrio,” come descritto da Maurizio Calvesi. Questa mostra finale è la prova di come l’interazione tra artisti possa portare a una crescita e a una trasformazione profondamente arricchenti.
Campo magnetico è un esempio brillante di come la creatività possa essere sia una forza unificante che un’esplosione di individualità. Anche se in alcuni punti sembra meno incisiva, nell’insieme funziona bene come un’orchestra ben rodata. È un’opportunità unica per il pubblico dell’arte a Venezia e per tutti coloro che visiteranno la mostra di essere testimoni di un processo creativo che, come un vero campo magnetico, attrae e coinvolge chiunque vi si avvicini. In un mondo sempre più frammentato, queste giovani leve offrono una visione potente e condivisa del potere dell’arte di unire e ispirare.
Chiunque voglia scoprire Campo magnetico può farlo fino all’8 settembre 2024, dal mercoledì alla domenica, dalle 10.30 alle 17.30, a Palazzetto Tito, ovviamente a Venezia.