Bellezza: la qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione. Attorno a questo concetto a Domodossola nasce un progetto dal titolo ‘I tempi del Bello. Tra mondo classico, Guido Reni e Magritte.’
Fino al 12 gennaio 2025, ai Musei Civici ‘Giangiacomo Galletti’ in Palazzo San Francesco, Domodossola, si torna a riflettere su un concetto/tema universale su cui ci interroghiamo da secoli: la bellezza. L’esposizione, ideata e curata da Antonio D’Amico, Stefano Papetti e Federico Troletti, presenta oltre 40 opere che ben esprimono l’evoluzione del concetto di Bellezza, vissuto come un viaggio attraverso diversi secoli.
L’entusiasmo e il coinvolgimento legato a questa mostra risiede nel poter scoprire e riscoprire un’idea che come una linea del tempo ha caratterizzato la nostra storia. É l’occasione quindi di accedere a opere provenienti da importanti musei italiani e prestigiose collezioni private che raccontano i vari “Tempi del Bello”, ovvero come la ricerca basata sui modelli classici abbia influenzato e si sia evoluta nei secoli incidendo su valori sociali e culturali fino ai giorni nostri.
La mostra include dunque opere risalenti alla Roma antica come è la statuaria classica d’età romana, prestata dal Museo Nazionale Romano e dalle Terme di Diocleziano, che verrà esposta per la prima volta nel capoluogo ossolano, fino a capolavori di Maestri che sono stati protagonisti della scena artistica del XX secolo. Ripercorriamo dunque il concetto di bellezza a partire da una frase di Leopardi che individua il “Tempo de Bello” nella Grecia del V secolo a.C., quando artisti come Fidia, Mirone e Policleto interpretavano il concetto di bellezza come frutto di un equilibrio di valori estetici ed etici, espresso dal termine kalokagathìa.
Il visitatore ha quindi l’occasione di attraversare diversi secoli e abbandonarsi alla contemplazione di opere come il “divino” di Guido Reni, che nell’arte europea del Seicento rappresenta il paladino della classicità, e di uno dei capolavori come il San Sebastiano di una collezione privata. L’eleganza formale della Vergine e dell’angelo nell’imponente pala d’altare, così come la torsione scultorea del busto nel giovane santo, testimoniano come nella Bologna del Seicento la conoscenza della statuaria classica e il mito di Raffaello, che aveva fatto rivivere la bellezza antica, trovino una perfetta declinazione in linea con la cultura del tempo. San Sebastiano come un moderno Apollo, un danzatore che si muove leggiadro nel pieno vigore della sua bellezza fisica.
L’esposizione continua con la grandiosa ‘Madonna del Rosario’ di Rubens documentata in mostra da un raro bozzetto tramite cui l’artista aggiorna in chiave barocca atteggiamenti e gesti che possono ricondursi ai modelli classici. Continuando il percorso, che si snoda in diverse sale, il visitatore si confronta con l’arte neoclassica che vede il recupero del concetto della kalokagathìa tornando nuovamente ad associare i principi di ordine, armonia, compostezza e “quieta grandezza”, come sosteneva Winckelmann, con i più elevati valori morali.
Leopardi stesso riconosce in Antonio Canova l’artista che meglio incarna nelle proprie opere questo connubio di bellezza e nobili sentimenti che mira a raggiungere il bello ideale. In mostra ‘Il Ritratto di Paolina Bonaparte’, che proviene dal Museo Napoleonico di Roma. L’opera raffigura il viso perfetto della sorella di Napoleone come Venere Vincitrice, esempio di come la celebrazione del passato e l’uso dei temi della mitologia classica si pongano, in questo caso, al servizio del potere, assumendo intenti celebrativi e educativi. Un forte richiamo alla tradizione greco romana si vive anche tramite diverse opere del periodo post-unitario di artisti come lo scultore genovese Demetrio Paernio e Domenico Piola che raffigura ‘Gesù Bambino addormentato sulla Croce’.
Il ‘viaggio’ continua con il periodo successivo all’affermazione delle Avanguardie che avevano caratterizzato il primo Novecento, ritrovando un periodo definito “Ritorno all’Ordine” che si ravvisa nelle opere di Funi, Campigli, Sironi, De Chirico e Magritte che esprimono il desiderio di riaffermare il perenne valore della classicità sulla scorta dell’indirizzo teorico di Margherita Sarfatti. Di questi artisti la mostra offre significativi esempi accostati tra loro e in dialogo con le opere rinascimentali e classiche. Tra tutti si può ammirare l’affascinante capolavoro di Renè Magritte, Rena à la fenệtre del 1937, di collezione privata.
La mostra diventa quindi un’occasione imperdibile per poter affrontare una tematica ancora fortemente attuale che ha caratterizzato la storia dell’uomo a partire dall’antichità lasciando lo spettatore sempre stupito nel poter ammirare come il concetto di bellezza basato su modelli classici (insieme di bellezza estetica e valori spirituali) si sia evoluto adattandosi alle esigenze culturali di ogni epoca e come riesca sempre ad affascinare e ammaliare colui che osserva.