Giulia La Spada vive e lavora tra Catania, dove è nata nel 1993, e Palermo. Dopo il liceo classico, ha studiato pittura prima all’Accademia di Torino e nel 2021 all’Accademia di Palermo. Ha iniziato a disegnare molto tardi e dice che suo fratello, abile nel disegno pur non sapendolo, le ha insegnato molto. Per Giulia, disegnare è dare visibilità alle sue visioni, e studiare pittura le ha dato i primi strumenti per imparare a capire quando fermarsi e respirare. Dal figurativo è passata a raffigurare il non visibile, puntando sull’espressività di soggetti ritratti in ambienti surreali, sospesi, stranianti. Pratica anche la scultura con l’obiettivo di spingere lo sguardo oltre ciò che ci è dato sapere, dove perdersi per ritrovarsi in luoghi ai quali si ha accesso solo in una condizione di riposo.
Hai studiato pittura all’Accademia Albertina di Torino e poi all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Quali differenze metodologiche hai riscontrato e, tra i docenti, chi ti ha maggiormente motivata e formata?
All’Accademia Albertina, quando iniziai nel 2014, non c’erano regole granché rigide. Il piano di studi si decideva quasi per intero autonomamente, e la formazione dipendeva di conseguenza dalle abilità che ciascuno aveva e sviluppava nello scegliere il docente e la materia che preferiva. Si seguivano poche e caotiche indicazioni su quali fossero le materie base. Fortunatamente, negli anni le cose sono cambiate. Ricordo che il mio primo anno fu a Decorazione con Iginio De Luca e Simeone Crispino, entrambi preparati e stimolanti, pronti a dirmi di fare quello che sentivo, così sono passata a Pittura. Appresi le rigorose basi a sfondo caravaggesco di Giuseppe Leonardi e un corso monografico su Modigliani di Lorella Giudice mi aprì per la prima volta lo sguardo alla scultura. Così, grazie a quest’ultimo, mi iscrissi al corso di Tecniche del marmo della professoressa Maria Claudia Farina, alla quale sarò sempre riconoscente, insieme alla professoressa di Tecniche dell’incisione Marilena De Stefano per quel che riguarda la linea del disegno. Un corso di storia dell’arte contemporanea con Luca Beatrice mi ha fatto approfondire la corrente del Realismo Magico e, nel frattempo, ho seguito il docente e poi mio relatore di tesi Massimo Barzagli, col quale ho dato sfogo alle mie prime esperienze con lo spazio. Palermo, invece, credo mi abbia un po’ stravolto la vita. Mi sono iscritta in pieno Covid nel 2021 e ho trascorso quasi tutto il primo anno in DAD. Quando hanno riaperto le porte – ma anche prima – l’Accademia si mostrava decisamente più organizzata e presente e non ho mai avuto la sensazione di smarrimento che mi accompagnava a Torino. I docenti con i quali sono entrata in splendida connessione sono stati sin da subito Daniele Franzella e Francesco Albano. All’ultimo anno, anche il docente di Antropologia culturale Rosario Perricone è stato un ottimo dispensatore di dubbi e, per questo, di ricerca. Devo molto a loro.
Nella tua ricerca artistica, quanto incide essere siciliana?
Essere siciliana incide nella vita di tutti i giorni, credo. Di conseguenza, deve farlo pure nella mia arte. La condizione di chi nasce in Sicilia è, per me, quella di chi non si sente mai davvero parte di un tutto. C’è sempre una distanza, una mancata connessione col resto che mi fa pensare lontana dal mondo. Allo stesso tempo, l’impatto con la realtà nuda e cruda mi fa credere che ci sia tutto – ma proprio tutto il mondo – qui.
Sei nata a Catania e dal 2021 vivi a Palermo. Come incidono queste città affascinanti nel tuo immaginario?
Incidono molto, ma davvero non saprei descrivere come. Sono città simili e molto diverse al tempo stesso. Catania è nera ma anche leggera; Palermo è tra il giallo e l’arancione, ma talvolta è pesante.
Hai un segno fluido, onirico. Quali artisti continuano a ispirarti?
In ordine sparso: Marlene Dumas, Marc Chagall, Georgia O’Keeffe, David Hockney, Charles Lapicque, Felice Casorati, Giorgio Morandi, Francis Bacon, Balthus, Arturo Martini, Alberto Savinio, Michael Armitage, Peter Doig, ecc.
Come nasce un’opera? Mi descrivi i processi dall’ideazione alla realizzazione pratica?
Nasce e si configura in più momenti. Quando cammino e mi perdo, prendo appunti visivi, li raccolgo in sketchbook e il momento dello studio su tela o con l’argilla comunica con tutto e contemporaneamente con niente di quello che ho visto o disegnato. Ho più o meno il medesimo rapporto con la lettura, che avviene in una fase di raccoglimento dati rispetto al lavoro.
Da quando ti dedichi anche alla scultura?
Nel 2017 ho toccato per la prima volta il marmo e me ne sono innamorata; è stato il primo materiale con il quale ho approcciato la tridimensionalità. L’ho ripreso anche qui a Palermo con una pietra calcarea; l’idea di togliere e ridurre e scavare mi affascina molto sulla pietra. L’argilla è arrivata attraverso una piccola sperimentazione quando facevo Pittura a Torino per poi riprenderla con più decisione durante il biennio a Palermo. Ho utilizzato il ferro, ma sono allergica al nichel; è stato bello, ma doloroso. Amo tagliare e dare forma a piani di legno e multistrato; mi aiuta a mantenere la bidimensionalità nella tridimensionalità.
Con quale luce lavori?
La luce del giorno.
Perché sei attratta dagli spazi domestici?
Amore: discorso primo di Leonardo Dudreville è stata la prima opera raffigurante lo spazio/realtà domestica dalla quale sono rimasta affascinata. La quarta dimensione del sogno in Arturo Martini de La Pisana e La Veglia; la sospensione del paesaggio in Carlo Carrà nei dipinti Le figlie di Loth e Pino sul Mare e Silvana Cenni di Felice Casorati. Dopo l’orgia di Cagnaccio di San Pietro. A Bigger Splash di David Hockney ed eternamente attratta dai toni freddi e austeri di Christian Schad in Autoritratto con Modella e Ritratto di Sylvia von Harden di Otto Dix. Anche L’isola dei Giocattoli di Alberto Savinio è il mio monito costante.
Quali pittrici moderne e contemporanee ti piacciono e perché?
Georgia O’Keeffe, Marlene Dumas, Leonora Carrington, Helen Lundeberg, Benni Bosetto, Giuliana Rosso. Trovo che ciascuna di loro, con la propria disciplina, collabori alla creazione di un mondo altro o, per lo meno, comunichi il desiderio di trovarne uno nuovo e, in qualche modo, migliore di quel che la realtà e la società suggeriscono attraverso il senso estraniante del fantastico.
Vivi del tuo lavoro?
Non vivo del mio lavoro. Negli anni ho contribuito a mantenere i miei studi e il mio lavoro facendo la cameriera o la babysitter. Negli ultimi mesi ho lavorato in un asilo insegnando inglese. I bambini credo siano la risorsa più grande della nostra società, un po’ come dei piccoli professori in miniatura.
Con quale galleria o altri referenti lavori?
Attualmente, il mio unico referente, artista, amico e da poco gallerista è Adriano La Licata.
Cosa significa essere donna e artista a Palermo, in Sicilia?
Reinterpretare e rivendicare la realtà, ancora oggi, per una donna non è cosa semplice in Sicilia. Credo che molta gente che normalmente incontro in giro per Palermo non sappia cosa faccio. La Sicilia può corrispondere allo scenario perfetto per una donna; la Sicilia è donna – spesso e ancora oggi – una donna dominata dagli uomini. Avrò avuto 3 o 4 anni: mio nonno paterno sedeva a capotavola e io e mio fratello disegnavamo uno di fronte all’altra. Mio fratello è sempre stato un genio del disegno, così mostrò il suo a mio nonno che lo riempì di complimenti. Allora faccio per mostrargli anch’io il mio disegno e pronuncia le uniche parole che ricordo siano uscite dalla sua bocca: “E chi è sta cosa?”.
Quale mostra vista di recente ti ha sorpresa?
A dicembre 2023 ho visto e sono rimasta colpita da una monografica di Gerhard Richter all’interno della Neue Nationalgalerie di Berlino e sono stata avvolta e travolta dal video Ever Is Over All di Pipilotti Rist, che non avevo mai visto dal vivo.
Per cosa significa fare l’artista e perché non potresti fare altro?
Significa essere presenti e osservare con uno sguardo puntato verso l’esterno e l’interno dettagli apparentemente trascurabili. Restare integra e ancorata alla voce bambina, pur assumendosi le responsabilità e le velleità di giovane donna adulta. Significa rallentare il processo di indebolimento cerebrale e sociale. Quindi no, non potrei fare altro.
A quali progetti stai lavorando?
Ultimamente sono tornata parecchio alla pittura; l’argilla la scompongo in fasi e forme differenti, ma pur sempre – credo – congrue ai dipinti. Al momento sto lavorando per una mostra.