Marazzi, le linee veloci è il titolo della mostra che il Palazzo Ducale di Sassuolo dedica a Gianni Berengo Gardin, che nel 1977 fotografò il metodo produttivo della ceramica di Marazzi Group, rivoluzionato pochi anni prima da una scoperta cruciale. Dal 12 settembre al 3 novembre 2024.
Ogni campo dello scibile è un universo a sé. Non perché viva isolato, impermeabile al contatto con l’altrove. Anzi, è tutto il contrario: gli imprevedibili intrecci che portano realtà lontane a unirsi sono al centro anche della vicenda che segue. Rimane però una quota di conoscenza che rimane a esclusivo appannaggio di chi quell’universo lo vive. E può dunque comprendere la portata dei suoi accadimenti, inserirli in un preciso contesto, assaporarne appieno la grandezza. Eventi per cui il resto mondo può non aver direttamente esultato, ma di cui gode i benefici.
É il caso del passaggio, nel settore della ceramica, dalla tecnica della doppia cottura a quella della monocottura. Passato probabilmente in sordina per i non addetti ai lavori, e di certo non tra le svolte tecnologiche più celebrate al giorno d’oggi, la monocottura rapida ha cambiato per sempre il processo di produzione delle piastrelle. La sua invenzione risale al 1974 ed è da attribuirsi a Marazzi, azienda leader nel settore della produzione di ceramica.
Il processo non ha solo abbattuto drasticamente i tempi di produzione (si è passati da 24 a 2 ore, condensando i processi e, come suggerisce il nome, limitando la cottura a un giro nel forno), ma ha anche consentito un risparmio economico ed energetico che ha permesso non solo a Marazzi, ma all’intera filiera produttiva italiana, di acquisire un vantaggio competitivo che ancora vanta sulle industrie di settore all’estero.
Una vera rivoluzione, dunque, che nel 1977 l’azienda cercò di portare fuori dalle mura dell’azienda chiedendo a uno dei più grandi fotografi industriale del tempo, Gianni Berengo Gardin, di realizzare la documentazione di queste nuove linee produttive. Prima di arrivare allo stabilimento di Sassuolo, Gardin era sicuro di seguire quello che forse è l’unico dettame stilistico veramente stringente del suo lavoro: il bianco e nero.
Eppure, appena entrato in azienda, il fotografo capisce che dovrà rinunciare al suo diktat più caro. “Mi fu chiaro subito come la sfida professionale fosse quella di riuscire a cogliere il flusso veloce dei colori, la scia dinamica delle forme – sottolinea Gianni Berengo Gardin –. Il colore, che ho usato sempre poco, si imponeva, quindi, come scelta”.
Il fotografo si trova infatti immerso in un ambiente pulito ed efficiente, animato da una velocità produttiva ancora sorprendente, che sparge un’atmosfera elettrica in azienda. A impressionarlo particolarmente è il nastro trasportatore, che muove le piastrelle tanto rapidamente da formare un vortice di forme e colori in cui il singolo elemento si perde. É sempre lui a raccontarlo: “Qui cambiavo spesso la distanza, avvicinandomi molto ai soggetti, per riuscire a cogliere i dettagli, i frammenti di quel che vedevo e realizzare così foto diverse dalle altre: sognanti, colorate, quasi astratte“.
Non a caso, è proprio su questi presupposti che la curatrice Alessandra Mauro ha impostato l’esposizione al Palazzo Ducale di Sassuolo. Il corpus di scatti che Gardin aveva realizzato per Marazzi è così disposto per il lungo, con le opere affiancate quasi a creare un flusso continuo, imitando dunque il nastro trasportatore. Anche grazie al furbo espediente di ripetere, affiancandoli, alcuni scatti, la messa in scena ricalca in modo efficace l’idea dello scorrere, con le sue ripetizioni, la tendenza all’omologazione e la dispersione del singolo nel gruppo.
Troviamo così, uno dopo l’altro, close up di dettagli tanto stretti da allargarsi e diventare campiture di colore, distese di forme geometriche che eludono la loro natura e trasportano in campo artistico un soggetto industriale. Il ritmo colorato della produzione, e delle foto, scorre come un torrente per le sale affrescate del Palazzo, le cui decorazioni baroccheggianti contrastano con la freddezza delle opere esposte, aggiungendo loro un ulteriore livello di lettura. Confronto di stile, rapporto arte-industria, mecenatismo, celebrazione, tecnologia ed economia sono infatti solo alcune delle suggestioni che la mostra suscita. Tutte insieme, in un vortice veloce in cui lasciarsi trascinare prima di provare a decifrarlo.