Nel centro di Firenze, in Piazza della Signoria, dal 18 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025, Palazzo Vecchio ospita la tanto attesa mostra Michelangelo e il potere a cura di Cristina Acidini e Sergio Risaliti.
La mostra è un’occasione inedita per approfondire la figura di Michelangelo sotto una nuova prospettiva: il suo rapporto con il potere, la sua visione politica e la sua determinazione nel porsi alla pari con i potenti della terra. Palazzo Vecchio, sede da sempre del potere cittadino, diventa quindi un palcoscenico perfetto per poter ammirare sculture, dipinti, calchi in gesso prestati da prestigiose istituzioni come le Gallerie degli Uffizi, i Musei del Bargello, la Fondazione Casa Buonarroti e tante altre. L’esposizione si snoda al secondo piano dell’edifico tra la Sala delle Udienze e la Sala dei Gigli, ed è un’opportunità per approfondire le varie forme di potere (politico, ecclesiastico ecc) con cui il maestro si è scontrato/relazionato fin dalla giovane età: Lorenzo il Magnifico, papa Paolo III, Giulio II, il papa guerriero, Cosimo I, duca di Firenze e tanti altri.
La mostra sottolinea non solo i rapporti con grandi protagonisti del Rinascimento, ma anche la capacità dell’artista di pronunciarsi con opinioni e giudizi anche severi, che venivano seguiti, citati e tramandati. In tal senso, Sergio Risaliti (curatore) enfatizza la determinazione del Buonarroti nel tener testa ai suoi committenti, affidandosi non solo al suo orgoglio di cittadino fiorentino e di artista, ma alla monolitica convinzione della suprema superiorità dell’arte. Michelangelo si schierava infatti contro i tiranni, non tollerava alcun dispotismo, soprattutto l’uomo solo al comando, riconoscendo dunque solo a Dio il diritto alla centralità.
Ne diventa emblema il celebre marmo di Bruto, star della mostra. Definito un manifesto politico contro i tiranni, esposto ora nella Sala delle Udienze, è stato concesso in prestito dal Museo Nazionale del Bargello. L’opera, ritratto ideale del tirannicida, fu commissionato al Buonarroti dagli avversari dei Medici, fuggiti da Firenze dopo la caduta della Repubblica popolare. Committente fu dunque Donato Giannotti, che ordinò la scultura del Bruto come un omaggio al coltissimo cardinale Niccolò Ridolfi, figura di spicco tra i fuorusciti fiorentini e sostenitore di un modello governativo repubblicano di impianto popolare. Lo sguardo fiero di Bruto, uccisore di Cesare, ricorda per fuoco interiore quello del David di Piazza della Signoria e con quello può aver condiviso, nelle intenzioni dell’artista e dei committenti, la funzione simbolica di difensore della Repubblica fiorentina. L’opera esposta all’interno di Palazzo Vecchio assume un fortissimo significato politico diventato simbolo della contrapposizione tra il pensiero politico dell’artista e il potere mediceo.
Entrando nella Sala dei Gigli, troviamo al centro della parete principale il ritratto dell’artista realizzato dall’amico Bugiardini. Attorno a lui, posizionati come una costellazione, una serie di ritratti di figure del potere con cui il Buonarroti si è relazionato nel corso della sua vita. Tra questi, si susseguono i ritratti di Girolamo Savonarola di Fra’ Bartolomeo e di Pier Soderini attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio, oltre a quelli di Cosimo I in armatura di Agnolo Bronzino, di Vittoria Colonna, del Cardinale Reginald Pole in conversazione con Paolo III e quello di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Innocenzo Cibo, sempre del Bugiardini.
Per contribuire alla rappresentazione dei rapporti dell’artista con i diversi committenti, molte opere sono state concesse da Fondazione Casa Buonarroti, tra cui un disegno raffigurante un Torso di nudo di spalle, studio per la Battaglia di Cascina (che rinvia alla committenza di Pier Soderini, il gonfaloniere che volle il David ai piedi del palazzo del governo), ben quattro Disegni di fortificazioni, eseguiti dall’artista nel periodo dell’assedio di Firenze al servizio della Repubblica, e due Disegni progettuali per il complesso di San Lorenzo, uno per la facciata della Basilica e l’altro per la Biblioteca Laurenziana, che narrano invece il suo rapporto con i papi Medici, Leone X e Clemente VII.
A questo importantissimo nucleo di disegni si aggiunge la Pianta della Basilica di San Pietro, conservata alle Gallerie degli Uffizi, impresa che tenne occupato Michelangelo per molti anni dal 1546 e fino alla morte nel 1564, in un confronto non sempre facile con ben quattro papi da Paolo III fino a Pio IV. All’interno dell’esposizione è inoltre presente una gipsoteca dedicata a Michelangelo, con calchi di alcune delle sue opere maggiori, legate tutte per varie ragioni ai rapporti dell’artista con i grandi dell’epoca: come il calco dell’Angelo reggicandelabro, eseguito a Bologna dove venne protetto dal nobile Francesco Aldrovandi, quello del Bacco commissionato all’artista dal cardinale Riario, nipote di Sisto IV, la riproduzione in gesso della Pietà Vaticana, realizzata a Roma per il cardinale Jean Bilhères De Lagraulas, la copia monumentale della testa del David di Piazza Signoria, i due Schiavi (il Barbuto e il Morente), la Notte delle Cappelle Medicee, una delle sculture scolpite per celebrare i duchi Medici, Lorenzo e Giuliano. Tra queste testimonianze indirette anche una riproduzione sempre in gesso del Busto di Michelangelo, eseguita a partire dall’originale di Daniela da Volterra.
La mostra’ Michelangelo e il potere’ diventa un’esperienza affascinante e coinvolgente per i fruitori che possono ammirare le opere di una delle menti più brillanti di tutti secoli all’interno di un contesto eccezionale come quello di Palazzo Vecchio, in cui le opere in esposizione dialogano con quelle (permanenti) che le circondano ottenendo un risultato fortemente suggestivo.