Platea | Palazzo Galeano, l’associazione culturale nata nel 2020 a Lodi dall’iniziativa di un gruppo di amici appassionati di arte e architettura, con l’obiettivo di sostenere l’arte emergente e la produzione sul territorio, presenta il terzo appuntamento della programmazione 2024 di “FARE COLLETTIVO”, un nuovo progetto culturale concepito come una serie di episodi espositivi dedicati ai collettivi.
Il terzo, e penultimo, appuntamento – in programma da giovedì 12 settembre a giovedì 31 ottobre 2024 – si articola in una progetto site-specific concepito dal collettivo Extragarbo e dal titolo Concerto che animerà la vetrina in Corso Umberto, mentre presso gli spazi di Platea Project, in via Maddalena 3, proseguirà la componente allestitivo-editoriale a cura di Palazzo Bronzo dal titolo Iperromantico.
Abbiamo approfondito insieme ai componenti del collettivo Extragarbo le peculiarità del loro progetto.
Concerto è il risultato di un processo di coinvolgimento attivo della comunità lodigiana. Con quali obiettivi è nato e come si è sviluppato?
Spesso nei nostri lavori il punto di partenza è il luogo. La dimensione site-specific è il pretesto per sviluppare un discorso situato, calato nel contesto socio-culturale entro cui siamo chiamat* ad operare. In questo caso, lo spazio che avevamo a disposizione era una vetrina situata nel centro storico di Lodi: una città di provincia, molto vicina a Milano, molto borghese, ma con un forte carattere multietnico. L’evidente disparità nella distribuzione del privilegio che contraddistingue il contesto urbano ci ha portate a questionare la vetrina come dispositivo di visibilità ed esposizione. Le domande che ci hanno mosse erano tese a comprendere come avremmo potuto utilizzare il nostro privilegio per aprire lo spazio ad una pluralità di voci, favorendo un meccanismo di auto-rappresentazione.
Spesso una delle modalità attraverso cui le comunità subalterne costruiscono spazi protetti di aggregazione è basata sulla condivisione e la diffusione ad alto volume della musica della propria cultura d’origine. Analizzando la distribuzione territoriale dei luoghi in cui questi spazi di libertà si manifestavano, secondo principi di autodeterminazione, abbiamo seguito una contro-mappa della città ufficiale che si è delineata in base a coordinate affettive e identitarie basate sull’utilizzo dello spazio pubblico operato da diverse comunità di abitanti.
In questo senso, abbiamo deciso di trasformare il nostro abituale processo di indagine aprendolo marcatamente alla dimensione del desiderio. L’indagine si è infatti mossa a partire da due domande, rivolte al più vasto campione possibile di persone, senza alcuna discriminazione:
“Se potessi scegliere una musica da diffondere nello spazio pubblico, affinché tuttɜ possano sentirla, che musica sarebbe? In che luogo vorresti diffonderla?”
Se la prima domanda ci ha permesso di raccogliere un archivio di oltre 100 brani estremamente diversificati in termini di provenienza, genere e temporalità; la seconda ci ha permesso di muoverci nella città e di conoscerla da un punto di vista affettivo, risalendo ad una cartografia dell’immaginario e della memoria dellɜ cittadinɜ.
Intrecciando le teorie dell’artista e accademico Brandon LaBelle sulla giustizia acustica con la riflessione sui fantasmi (haunting) della teorica americana Avery Gordon, abbiamo, infine, immaginato un dispositivo visivo e sonoro capace di generare delle interferenze nello spazio-tempo quotidiano attraverso la diffusione dei brani raccolti nell’indagine. Per amplificare la loro intrinseca capacità sovversiva di far collidere geografie e temporalità, abbiamo deciso di installare nella vetrina un vecchio juke-box: oggetto totemico che simboleggia la scelta individuale di modificare acusticamente l’atmosferica di uno spazio condiviso. La playlist, in questo caso specifico, è un autoritratto plurale di Lodi nel 2024.
Il titolo della Vostra installazione, Concerto, da quali premesse nasce?
Il titolo si fonda su una metafora che prende spunto dall’etimologia latina del termine “concertare”, termine duplice che significa da un lato “discutere” o “contendere”, dall’altro “accordarsi” o “agire insieme”. Questo doppio significato si riflette nella relazione tra i due elementi principali dell’opera: il juke-box installato all’interno della vetrina e lo spazio pubblico antistante. Il primo rappresenta il solista, mentre il secondo prende il ruolo dell’orchestra o dell’ensemble. Se il solista introduce un tema musicale, lo spazio urbano – che comprende lɜ passanti e lo spazio fisico antistante la vetrina – risponde e interagisce con quel tema.
In un concerto musicale, il solista non si esprime mai da solo, ma si relaziona di continuo con l’orchestra, creando una dinamica di dialogo e scambio.
Concertare in questo contesto non implica solo una collaborazione armonica, ma anche un confronto e una negoziazione tra spazi diversi, diverse individualità e gruppi inseriti in un sistema sociale squilibrato e spesso violento. La vetrina e il juke-box diventano così metafora dell’indagine svolta sul campo, di un dialogo permanente con lo spazio pubblico che è parte integrante dell’opera.
Nell’installazione pensata per Platea un juke-box è posto “in vetrina” e con esso, a fare da sfondo, c’è la rappresentazione (opportunamente modificata) di un capriccio in cui compare proprio lo stesso juke-box.
Come si relaziona la Vostra installazione con il concetto di “capriccio” e quindi di un’opera d’arte frutto della fantasia del suo autore in cui passato e presente, realtà e immaginazione si possono intrecciare?
Il capriccio, è un genere pittorico sviluppatosi tra Rinascimento e Barocco e rappresenta una veduta ideale, realistica, ma incongruente con la realtà. L’idea del capriccio è arrivata verso la fine del processo di ideazione e creazione dell’opera. Sentivamo l’esigenza di collocare il juke-box in uno spazio che creasse un contrasto con il segno ultra-riconoscibile della sua presenza, che manifestasse in qualche modo la duplicità del termine “concerto”.
Il fiume Adda è uno dei luoghi più citati nella nostra indagine come spazio di libertà e raduno per comunità molto diverse fra loro. La dimensione idilliaca di una natura apparentemente incontaminata è ciò che sembra catalizzare maggiormente le polarità del sistema urbano. Così, spinti dal desiderio di ricreare un’ambientazione che parlasse nel modo più inclusivo possibile del paesaggio lodigiano, abbiamo pensato di farlo attraverso un inganno: un paesaggio che assomiglia a quello del fiume Adda, ma che, in realtà, rappresenta un luogo inesistente; una sintesi di tutti gli immaginari possibili di quel luogo.
Quali sono gli esiti che vi aspettate la comunità possa ricavare e “fare proprio” da questa installazione?
Forse non ci aspettiamo degli esiti veri e propri da questa operazione, cioè dei risultati misurabili, dei dati quantificabili. Ciò che ci auguriamo è connesso alla riflessione di Gordon sulla rimemoria, ovvero la particolare sensazione di imbattersi accidentalmente nella presenza latente di un accadimento di cui non siamo stati empiricamente partecipi ma che ci capita di esperire come una folgorazione nella forma di un ricordo che ci riguarda da vicino: il ricordo di qualcun altro.
imbattersi nella riproduzione randomica dei brani della playlist significa essere esposti al contatto con l’affettività immaginale di chi ha donato il brano che ci ha tagliato la strada, con tutto il suo portato mnemonico. Dare spazio ad emozioni che restituiscono la molteplicità delle culture urbane dal ventre borghese della città è per noi un gesto politico, un modo per utilizzare in modo decoloniale uno spazio privilegiato di visibilità.
Platea | Palazzo Galeano
presenta
FARE COLLETTIVO
Extragarbo
Concerto
12 settembre – 31 ottobre 2024
Prosegue presso Platea Project
Iperromantico di Palazzo Bronzo
Platea | Palazzo Galeano
Corso Umberto I, 50
26900, Lodi
www.platea.gallery