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Invertire un trend. Le azioni di Peter Fend per il pianeta

Peter Fend - Azioni sulla Terra - installation view - courtesy l'artista e Pinksummer - photo Alice Moschin
Peter Fend – Azioni sulla Terra – installation view – courtesy l’artista e Pinksummer – photo Alice Moschin
A questo mondo c’è chi fa arte, e chi attraverso l’arte studia rimedi alla desertificazione e ai cambiamenti climatici. Come l’artista americano Peter Fend, nelle sue “Azioni sulla Terra”. A Genova da Pinksummer.

Quando ti parla Peter Fend devi starlo a sentire, che un fiume in piena non lo puoi fermare. Gira con carta e penna tra i lavori che riempiono gli spazi della Pinksummer; ragiona puntando le dita sulle sue opere, su pezzi di planisfero tagliati ad hoc e disegni corredati dalla sua grafia velocissima, mettendo in confronto la Persia di ieri con quella di oggi definendola «In attività come un vulcano». Col suo inglese a cui mischia parole in italiano, proprio come ha fatto in alcuni dei suoi progetti. Quell’italiano che, ci racconta, gli viene naturale dalla lettura dei giornali nostrani, visto che progetti come “Azioni sulla Terra” non s’improvvisano, ma si mettono insieme studiandosi il momento storico, figlio di secoli di guerre e interessi geopolitici legati a questioni di politica internazionale. Due parole sull’artista: la sua poetica è l’attualità, con un occhio al passato e l’altro al futuro. Il suo lavoro non è facilmente assimilabile a una ricerca artistica, laddove per ricerca s’intenda qualcosa da incartare e portare a casa senza fare una piega.

Peter Fend – Azioni sulla Terra – installation view – courtesy l’artista e Pinksummer – photo Alice Moschin

All’interno di un contemporaneo lottizzato ad arte, Fend è uno di quegli artisti fuori da ogni perimetro. Volendo proprio ragionare per schemi (quelli che vanno forte quando si studia all’università, e che solo la vita fuori dall’ateneo insegna a tenere a freno), Azioni sulla Terra rientrerebbe in un’operazione di Land Art/Earth Art di livello decisamente avanzato: ragionata senza rimanere appesa al campo del trascendente o del metafisico, concreta nella pratica di proporre soluzioni effettive ai problemi del pianeta, motivata affinché a lasciare traccia non sia il singolo artista, ma l’umanità intera. O chi per lei. Lo si vede chiaramente nella trattazione di Sequence of acts to bild a gulf, come nelle linee di volo studiate e riportate sulla cartina del nord dell’Africa, un intreccio geometrico di rette e cerchi che ha un solo scopo: invertire i deserti. Farlo quindi ripopolando l’ecosistema attraverso le migrazioni degli uccelli e la ripopolazione di “ratti” (così Fend chiama i roditori di quell’area), specie animali utili a far sì che l’acqua dal sottosuolo torni in superficie. Contestualmente, bloccare la desertificazione in atto (Fend cita anche quella siciliana), e più ingenerale la compromissione di ecosistemi fondamentali per la buona permanenza sulla Terra. Teniamo a precisare che, pur nella semplificazione più assoluta di questa manciata di righe, le idee dell’artista sono basate su studi scientifici. E che, come lui stesso dice, «Il mondo dell’arte è solo un luogo». Sì, quel luogo dove ragionare in concreto su presente e possibile futuro, con un luminoso Global Warming sospeso sulla testa.

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