Passato e presente si uniscono in Forever Is Now, evento annuale che porta una serie di opere contemporanee a confrontarsi con le Piramidi di Giza, patrimonio mondiale dell’UNESCO che fa da sfondo alle installazioni, in mostra dal 26 ottobre al 18 novembre 2024.
Forever Is Now, curata da CulturVator e Art D’Egypte, torna per il quarto anno in Egitto, ai piedi delle Piramidi di Giza, iconico complesso architettonico risalente a 4.500 anni fa che ospita gli interventi contemporanei chiamati a dialogare con il luogo e le storie che conserva tra la sabbia del deserto. La mostra di quest’anno riunisce 12 artisti internazionali, tra cui Chris Levine (Regno Unito), Federica Di Carlo (Italia), Jake Michael Singer (Sudafrica), Jean Boghossian (Belgio/Libano), Jean-Marie Appriou (Francia), Khaled Zaki (Egitto) e Luca Boffi (Italia), che hanno realizzato sculture, installazioni e opere digitali chiamate a collegare passato e presente.
In particolare, l’artista di origine coreana e residente a New York Ik Joong Kang presenta una nuova opera intitolata Four Temples, un’installazione che racchiude disegni provenienti da tutto il mondo, in particolare di bambini e di coloro che affrontano sfide politiche e sociali, come i rifugiati provenienti da zone di conflitto e le persone fuggite dalla guerra di Corea. Il labirinto geometrico di Rashid Al Khalifa presenta reliquie che emergono dal terreno, invitando gli spettatori ad attraversare la storia ed esplorare le forme che uniscono l’umanità. Ogni frammento è decorato con motivi ispirati al diagramma del labirinto presentato dallo studioso gesuita del XVII secolo Athanasius Kircher nel suo libro Turris Babel, scritto nel 1679.
Federica Di Carlo in I See, I See pone l’accento sulla sommità della piramide, inquadrandola per mezzo di una struttura leggera e precisa, che isola un singolo elemento del monumento opacizzando il resto grazie a un effetto ottico. Vessel of Time di Jean-Marie Appriou sintetizza lo spirito della mostra, con una figura umana, probabilmente un bambino, che su un piccolo vascello sembra muoversi nelle pieghe del tempo. L’anima ondulata del deserto è invece catturata da Desert Waves di Jean Boghossian, che riproduce richiama le dune che tutto intorno ridondano.
La piramide stessa, nella sua forma, è ripresa da Liquid Solid di Nassia Inglessis. Volgono al vegetale le installazioni di Jake Michael Singer e Shilo Shiv Suleman. Del primo, we will meet again in the sky riprende le forme di una sorta di pianta grassa, arbusto indomito che sopravvive nell’aridità del deserto. Padma/Lotus, di Suleman, allestisce un giardino, un’oasi rosa e verde nell’afa soffocante dell’aria tutt’intorno.