Ancora una riflessione sulla mostra che a Perugia raccoglie l’opera di 26 artisti di diverse generazioni attorno all’elemento dell’aria
A Perugia, in occasione della 4° rassegna di ISOLA PROSSIMA, il museo civico di Palazzo della Penna ospita la mostra curata da Massimo Mattioli, intitolata AERE. Il protagonista dell’esposizione è l’elemento dell’aria che, ripensato e declinato nella prospettiva degli artisti selezionati, restituisce ai visitatori una visione universale del rapporto dell’uomo con il principio impalpabile dell’aria. Il percorso di mostra include opere di 26 artisti di diversa generazione di rilievo internazionale, a partire dalla metà dell’800 fino ad oggi.
Quando penso all’immaterialità dell’aria, mi viene in mente una riflessione di Sant’Agostino che, però, fece sul tempo: “Che cos’è quindi il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più». A pensarci bene, la stessa cosa potremmo dirla per l’aria: tutti abbiamo un’idea comune di cosa sia ma l’invisibilità che la caratterizza rende impossibile definirne l’essenza. Se vogliamo spiegare cos’è l’aria possiamo farlo limitandoci a descrivere le sue funzionalità, e, innanzitutto, che è l’elemento che determina l’esistenza stessa.
Teoria cosmica
Guardando indietro nel tempo, fu il filosofo Anassimene, nel VI secolo, a sostenere, nella sua teoria cosmica, che l’aria è il principio di tutte le cose: “come l’anima nostra, che è aria, ci tiene insieme, così il soffio e l’aria abbracciano tutto il mondo”. In questo senso, l’elemento dell’aria ha ispirato la ricerca di molti artisti, che si sono espressi a partire da veicoli classici, come la tela, passando per la fotografia, le installazioni, fino ad arrivare alla pratica della performance.
Nel percorso espositivo di Aere, la centralità del fenomeno delle nubi è una costante nella maggior parte delle opere, a partire da quella di Giacinto Gigante, tra i più noti paesaggisti del XIX secolo in Italia. Studio di Nuvola (1846), di fatto, è la dimostrazione della volontà dell’artista di andare al di là del visibile, e l’uso dettagliato che fa degli acquerelli rimanda alla possibilità della pittura di trasformarsi in scienza. Proseguendo nell’esposizione, troviamo The Cloud – cuore (2021) del noto artista argentino Leandro Erlich. Si tratta di un’opera accattivante, costituita da una successione di vetri all’interno di una teca, su ciascuno dei quali è rappresentata una nube. Nell’insieme, vista in prospettiva, l’opera dà l’illusione, a chi la guarda, di un fenomeno che sembra tangibile e permanente.
Arte, natura e tecnologia
Nella stessa sala è presente un’installazione dell’artista romano Donato Piccolo, Invisible II (2010). La sperimentazione di Piccolo, che si articola in una profonda riflessione sul rapporto tra arte, natura e tecnologia, lo spinge a ri-creare fenomeni atmosferici, in delle teche, tramite l’uso di sistemi elettrici: la pressione della nebulizzazione e la luce alogena danno vita ad una spirale di fumo, del tutto simile ad una nube. In questo senso, tramite la macchina, il fenomeno assume un carattere di reversibilità, solitamente estraneo agli eventi naturali, di cui l’artista è l’artefice. Anche l’artista Berndnaut Smilde crea “Paesaggi atmosferici”: in Nimbus Visual (2013), infatti, riproduce in uno spazio espositivo una nube che poi immortala con uno scatto fotografico.
Elvio Chiricozzi, invece, disegna i fenomeni atmosferici a matita su tela: l’effetto è impressionante perché sembra di essere davanti a delle fotografie. Le rappresentazioni di nubi le troviamo, poi, sia nei dipinti Nuvole passeggere e il Poeta (2024), di Giuliano Giuggioli, che dipinge nuvole in stile surrealista, sia nei fantasiosi Castelli in aria (2023) di Corrado Bonomi.
Arte non speciale
Nell’esposizione troviamo anche Piero Manzoni, tra gli artisti più originali dell’900, che, con le sue creazioni provocatorie (pensiamo all’iconica ‘Merda d’artista’) sfida il mondo dell’arte a definire cosa s’intenda per opera d’arte. Su questa linea, in Corpo d’Aria n. 44 (1959-69), in mostra, l’artista riprende l’idea di un ‘arte non speciale’: Manzoni, fa riferimento qui ad un sua opera precedente, intitolata Fiato d’Artista (1960), in cui il suo respiro, evanescente e intangibile, contenuto in un palloncino gonfiabile, è metafora di una creazione che si sottrae alla immortalità dello statuto di opera d’arte.
Nel museo, una sala è dedicata all’opera video del grande Gino De Dominicis, Tentativo di Volo (1969). La ricerca di De Dominicis, in quest’opera in particolare, assume i caratteri di un’esplorazione filosofica: così come Leonardo Da Vinci si chiede se è possibile volare e progetta meccanismi per il volo, allo stesso modo la registrazione del tentativo di volo di De Dominicis, mette in mostra i limiti della natura umana e il fallimento che deriva dall’andare contro le leggi gravitazionali. Sono tentativi di volo anche i corpi plastici che animano i disegni della giovane artista Olga Lepri: sorprendenti! Il motivo della condizione umana, nell’epoca attuale, invece, è il motivo nell’opera di Arcangelo Sassolino, Pneumatico (2017). L’incertezza data dalla velocità dei cambiamenti pone l’uomo in una condizione di fragilità ed ansia che lo opprimono costantemente: proprio come l’aria contenuta in uno pneumatico, la cui anomala compressione innesca potenti e inquietanti sensazioni di attesa e di paura.
Fenomeni naturali
Nelle opere degli artisti Mariateresa Sartori, 5 minuti di vento e (In)visible fields. Space and energy (2022), e in quelle di Luca Vitone, Villa Adriana (2021) i fenomeni naturali diventano artefici di opere uniche: in Sartori, il vento aziona un anemometro posto su dei fogli di carta ricoperti di fusaggine in polvere, mentre Vitone lascia che a “dipingere” le sue tele sia il capriccio dei diversi agenti atmosferici, quali aria, pioggia e polvere. Spiega Vitone: “con le tele atmosferiche do spazio all’autorappresentazione, all’autoproduzione di un paesaggio figurato da parte del paesaggio stesso”. La centralità dei fenomeni atmosferici in queste creazioni, dunque, da un lato ci offre l’opportunità di riflettere nei termini di una sensibilizzazione ambientalista, d’altro lato è l’occasione per elogiare la più grande dell’opere d’arte, la natura.
Il carattere sublime dei paesaggi naturalistici è rappresentato, anche nell’opera di Casper Faaseen, Sea by Day (2023), i cui paesaggi si collocano a metà tra il mezzo fotografico e l’espressione pittorica; in quelli misteriosamente soffusi dell’artista Edoardo Cialfi, Il giorno delle sabbie, Il giorno delle dissolvenze (2024); nei “paesaggi metafisici” di Massimiliano Poggioni, Architettura Celeste (2024) e nelle opere contemplative di Arturo Casanova, Mystic (2021), Flight AC (2022-23). Nell’opera di Bruno Ceccobelli, Uguale a più (2007), è ancora più forte il rimando alla dimensione trascendentale: tramite la realizzazione di una moderna pala d’altare, che si compone di una serie di oggetti simbolici, tra i quali una piuma, simbolo di protezione spirituale e del principio dell’aria.
Poesia, performance e fotografia
Poesia, performance e fotografia sono i mezzi tramite cui Mario Consiglio e Giovanni Gaggia esprimono il dissenso politico. In esposizione troviamo l’opera ironicamente “soffice” di Consiglio, Arma il prossimo tuo come te stesso (2024). Nelle fotografie, invece, Find Away (2022) di Giovanni Gaggia, l’artista lancia in aria strisce colorate delle bandiere di Russia e Ucraina, lascando, poi, che sia l’aria a ridefinirne un nuovo ordine. Virginia Zanetti mette in crisi la ratio umana, capovolgendo fisicamente e anche simbolicamente gli scenari aerei che dominano le sue opere. In mostra, infine, troviamo anche i dipinti di Pablo Candiloro, ispirati alle galassie, le raffinatissime teleri di Aldo Grazzi, le fotografie e le registrazioni dei fenomeni naturali di Juan Pablo Macias, e la grande tela astratta di Paolo Manazza, che rimanda alla dimensione esistenziale e spirituale.