Giusy Maniscalco, nata a Palermo, è poetessa e ceramista che non svela la sua età. È una donna poliedrica che ha avuto il coraggio di ribaltare la sua esistenza. Dopo la separazione da un marito troppo diverso da lei, ha scelto la scrittura per rigenerarsi. È una lavoratrice che ha cresciuto una famiglia meravigliosa e ha trovato nella poesia e nella scrittura di racconti brevi una cura e una fuga dall’ordinario quotidiano. Nel suo tempo libero scrive, legge, dipinge, pratica il giardinaggio, il modellato e la grafica.
Quando hai cominciato a scrivere poesie e racconti e perché?
Ho cominciato a scrivere in un momento doloroso e particolare della mia vita. La sofferenza genera una necessità interiore di fermarsi a riflettere su cosa fare per superare crisi personali. Scrivere mi ha permesso di creare dimensioni magiche e surreali, dove mi rifugiavo per evadere dalla mia triste realtà. Così, tra una nostalgia e un velato rimorso, ho lasciato che la voce della mia anima desse vita alle mie emozioni attraverso le parole.
Quanti libri hai pubblicato e in quali racconti ti rispecchi di più?
Ho scritto quattro libri che ho pubblicato su Amazon e sono: Il vecchio viandante e il piccolo Giobbe, Insegnami ad amare, Diario di Giobbe vita da cane e La leggenda della quercia magica. È difficile dire in quale mi rispecchi di più, forse mi riconosco in Insegnami ad amare e La leggenda della quercia magica.
Nel tuo lavoro quanto incide l’essere donna siciliana?
Il fatto di essere una donna siciliana ha inciso molto poco sul mio lavoro. Sono una persona come tante, con un forte senso del dovere, per cui ho cercato di fare sempre il mio lavoro, fuori e dentro casa, di madre con scrupolo e diligenza. Poi ho cominciato a scrivere per me e non mi sono più fermata.
Quali sono i tuoi modelli di riferimento letterari di ieri e di oggi che continuano a ispirarti?
I miei modelli letterari che hanno contribuito a ispirarmi sono: Andrea Camilleri, Gabriel García Márquez, Alda Merini, Romano Battaglia, Charles Bukowski, Frida Kahlo, Dacia Maraini, Grazia Deledda e tanti altri autori. Ma poi, con il tempo, ho smesso di ispirarmi ad altri, perché ho capito che se vuoi scrivere qualcosa di davvero autentico, devi ispirarti alla tua vita e alle tue esperienze, perché le emozioni e i sentimenti puoi descriverli solo se li hai vissuti e sentiti con il cuore.
Nel tuo libro Il vecchio viandante e il piccolo Giobbe (2021), scrivi: “Vorrei invitarvi a fare con me questo viaggio, ma dovrete portare con voi due accessori importanti: il cuore e il bambino che c’è in voi.” Tu che bambina sei rimasta nella donna, madre e scrittrice che sei diventata?
Come madre, ho fatto il possibile per crescere liberi i miei figli, forse perché in me è rimasta la bambina che riesce ancora a stupirsi ed emozionarsi per la bellezza e la magia della vita. Mi perdo nell’incanto del mondo che si svela ai miei occhi qua e là, anche in luoghi insoliti o degradati. Mi stupisco per l’arrivo della primavera, il cinguettio degli uccelli, il sorgere del sole o il vagito di un bambino appena nato che simboleggia il miracolo della vita che si rinnova.
Cosa racconti nell’ultimo libro?
Nel mio ultimo libro, La leggenda della quercia magica, un genere fantasy, i miei personaggi con le loro storie e le rocambolesche avventure danno vita a racconti e situazioni davvero incredibili, dove prevalgono il bene e il male, l’amore e l’odio, l’amicizia e la gelosia, l’egoismo e l’altruismo. Insomma, mi affascinano le contraddizioni, le sfumature e tutto ciò che ci accade nella metafisica del quotidiano, nella continua lotta in cui l’uomo si trova perennemente coinvolto.
Nei tuoi racconti, Palermo e lo scenario di umanità varia quanto ti ispira?
Sono nata in un quartiere molto povero e, crescendo, ho avuto modo di conoscere i vari aspetti della mia città, come la miseria, il degrado e l’abbandono. Ma proprio qui ho avuto modo di scoprirne la bellezza, il fascino e il mistero che l’avvolgono da secoli. Palermo è un laboratorio di sensazioni, contraddizioni e meraviglia. Crescendo, ho portato tutto questo con me e, quando ho cominciato a scrivere, ho scoperto che la mia fonte d’ispirazione era ed è la mia straordinaria Palermo, un museo emozionale a cielo aperto.
Quali sono i tuoi luoghi del cuore di Palermo?
I miei luoghi del cuore sono tanti, per esempio Villa Giulia, Villa Bonanno, il Foro Italico che si affaccia sul mare, i grandi e antichi mercati Ballarò, Il Capo e la Vucciria, ricchi di colori, profumi e cibi dalle prelibatezze più sofisticate e succulente. Ma mi fermo qui, altrimenti la lista diventa lunghissima e noiosa.
Sei stata moglie e continui ad essere madre. Quando hai capito che dovevi scegliere te stessa, divorziare dal padre delle tue figlie e dedicarti alla scrittura, e perché?
Ingabbiata in un matrimonio non soddisfacente, ho capito che dovevo scegliere me stessa quando la mia anima ha gridato aiuto. Mi sono armata di coraggio e l’ho difesa. Giorno dopo giorno mi sono riappropriata della mia vita. Inizialmente ho cominciato a scrivere per fuggire dal dolore e dalla rabbia, rifugiandomi in una realtà creata da me attraverso racconti, storie e poesie, che tenevo ben conservati per timore di essere derisa. Ma poi ho compreso che uno scrittore non deve scrivere solo per se stesso, ma per parlare alle persone con messaggi che si celano dietro ciò che scrive. Deve ascoltare se stesso per parlare agli altri.
Chi per prima ha creduto nel tuo potenziale creativo, che ti ha dato la forza di continuare a scrivere e pubblicare i tuoi scritti?
Sono stati i miei figli a credere nel mio potenziale e anche alcuni amici di cui mi fido moltissimo, che avevano letto i miei scritti. Così ho deciso di autopubblicarmi e gestire le mie opere su Amazon.
Tu vieni dal basso, non sei figlia di intellettuali né di letterati. Cosa significa essere donna a Palermo e scrittrice di umili condizioni?
I miei genitori non erano né intellettuali né letterati, erano umili e onesti. Visti i valori dei loro tempi, non potevano fare altro che vivere secondo tradizioni, ma la loro saggezza e la conoscenza della vita non avevano nulla da invidiare a nessuno. Ci sono cose che non si imparano a scuola, bensì mentre si vive. Essere una donna e scrittrice di umili condizioni per me non è stato un ostacolo, anzi, è stata un’opportunità di riscatto che ha fatto di me quella che sono oggi. Questo mi spinge a scrivere e a dire di più. Le capacità e il valore di uno scrittore non si valutano solo dall’intellettualità o dalle sue origini, ma per ciò che riesce a trasmettere attraverso i suoi scritti.
Cosa significa per te scrivere e chi e perché lo fai?
Scrivere per me significa “parlare”, raccontarsi per sensibilizzare e arrivare al cuore del lettore, raccontando l’amore, l’amicizia, l’altruismo, il rispetto, la sincerità e tanti altri sentimenti, perché apparteniamo tutti alla grande famiglia umana.
Mai pensato di trasformare i tuoi racconti in graphic novel o in un libro illustrato da qualcuno?
Sì, ho già accarezzato questa idea. Devo solo trovare la persona giusta per realizzare questo mio progetto. È solo questione di tempo.
Le tue figlie hanno capito le tue scelte di trasgredire una cultura misogina, patriarcale maschile ancora difficile da estirpare?
È vero che viviamo in una società dove ancora vive questa cultura di stampo patriarcale, ma non mi sono rassegnata e le mie figlie hanno compreso molto bene la mia scelta, rispettandola pur se dispiaciute. Ho sempre insegnato loro il rispetto per la vita degli altri, per i pensieri e per le scelte personali, e con mio grande orgoglio ho visto che loro mi affiancano e continuano a supportarmi con grande amore.
Qual è il tuo più grande sogno?
Il mio più grande sogno è quello di vedere realizzati i miei progetti, ossia, trasformare i miei racconti in libri illustrati e anche in audiolibri. Ho in cantiere diversi progetti, anche se per il momento sto lavorando e concentrandomi su una raccolta di racconti e fiabe per bambini che conto di pubblicare prima di Natale. Per il resto, non posso dire altro, altrimenti toglierei il gusto della sorpresa. La vita è un viaggio carico di attese.