A 80 anni dalla scomparsa di Marinetti, apre la chiacchierata mostra Il Tempo del Futurismo. Ne parla con noi il curatore Gabriele Simongini
Dopo tante polemiche, abbiamo chiesto allo storico dell’arte, Gabriele Simongini, curatore della mostra scandalo Il tempo del Futurismo, alcune anticipazioni sull’allestimento e sul programma di festeggiamenti che si dispiegheranno per l’evento dal 2 dicembre.
Federica Polidoro. Partiamo dal principio: come è stata concepita questa mostra?
Gabriele Simongini: Quando il Ministro Sangiuliano mi contattò, ormai due anni fa, mi disse chiaramente che non voleva una mostra “solo per specialisti”. Il suo obiettivo era creare un evento di ampio respiro, in grado di coinvolgere quanta più gente possibile, con particolare attenzione ai giovani. Questa era la chiave principale del progetto.
Quando parla di giovani, intende giovani artisti o un pubblico giovane?
No, parlo proprio di un pubblico giovane, degli studenti, dei ragazzi.
Capisco. Quindi un focus specifico sugli spettatori giovani?
Esatto. L’ultima grande mostra sul futurismo a Roma risale al 2001, al Palazzo delle Esposizioni, curata da Enrico Crispolti. Parlo ovviamente di Roma: sono passati ventitré anni. E il Ministro mi ha fatto notare che un diciottenne o un ventenne di oggi, che magari a scuola non arriva nemmeno a studiare il futurismo nei programmi, che idea può farsi di questo movimento?
In quell’occasione il Ministro ha menzionato anche altri aspetti?
Sì, mi ha posto anche un’altra domanda interessante: perché la Galleria Nazionale d’Arte Moderna (la GNAM), il principale museo italiano dell’Ottocento e del Novecento, non ha mai dedicato una grande mostra al Futurismo, il nostro movimento d’avanguardia più importante e famoso nel mondo? Una cosa curiosa a cui nessuno fa caso.
Non risultano mostre precedenti sul Futurismo alla Gnam?
Esattamente. La GNAM, in tutta la sua lunga e gloriosa storia, non ha mai riservato una grande mostra al Futurismo. Il ministro desiderava, quindi, una mostra ampia, accessibile e capace di attrarre i giovani, in modo che anche loro possano avvicinarsi a questo movimento.
E perché proprio alla GNAM?
Secondo il ministro, la GNAM negli ultimi anni, diciamo fino a dicembre 2022 con la gestione precedente (Collu, ndr.), non organizzava più grandi mostre. La sua idea era riportarla a quel livello di prestigio. Quindi mi chiese se me la sentivo di realizzare una mostra sul futurismo, dal taglio accessibile anche ai non addetti ai lavori, per evidenziarne l’influenza anche sul presente.
Cosa dobbiamo aspettarci quindi da questa mostra che inaugurerà, ricordiamo, il 2 dicembre?
Sì, esattamente: il 2 dicembre, una data simbolica. Marinetti, infatti, morì proprio il 2 dicembre del 1944, e quest’anno si celebrano gli ottant’anni dalla sua scomparsa. Questo sottolinea ancora di più l’importanza della mostra: non è solo futurismo, è un omaggio alla grandezza di questo genio rivoluzionario, ormai riconosciuto a livello mondiale.
Alcuni giornali hanno scritto che alcune opere fondamentali non arriveranno in tempo dall’America e che quindi la mostra sarà un fallimento. È vero?
Assolutamente no. Dall’America arriveranno cinque capolavori straordinari. Due dal MoMA, due dal Metropolitan e uno dal Philadelphia Museum of Art. Sono prestiti difficilissimi da ottenere e richiedono risorse notevoli, considerando i costi di trasporto e di assicurazione. In più, avremo altri prestiti da musei europei. La mostra, da questo punto di vista, è completa. Ma per me, l’aspetto più importante è un altro.
Di cosa si tratta?
Questa mostra, per la prima volta, aiuterà il pubblico a comprendere quanto le innovazioni scientifiche e tecnologiche siano state cruciali per la nascita del futurismo. Il futurismo, infatti, non si può comprendere solo con quadri e sculture. Per i futuristi, l’arte non era un fine, ma un mezzo per entrare nella vita quotidiana. Marinetti fu il primo a capire che il modo di vivere stava cambiando grazie a scoperte scientifiche e tecnologiche, in particolare attraverso i concetti di velocità e simultaneità.
E come trasmetterete questi concetti al pubblico?
In mostra ci saranno 350 opere, ma anche oggetti scientifici e tecnologici del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Ti faccio un esempio: da New York arriva la Lampada ad arco di Balla, un capolavoro del futurismo, difficilissimo da ottenere. Accanto a questo quadro, esporremo una lampadina ad arco voltaico del Museo della Scienza, per mostrare quanto l’arrivo dell’elettricità sia stato rivoluzionario. Esporremo anche strumenti legati ai raggi X, che affascinavano i futuristi per la loro capacità di superare l’opacità dei corpi. Nei quadri futuristi, infatti, il corpo umano si apre e si fonde con l’ambiente, e mostrare al pubblico l’influenza dei raggi X è importante.
Francesca Barbi Marinetti (nipote dell’omonimo artista), che non faceva parte del comitato scientifico, che ruolo avrà nella mostra?
Francesca Barbi Marinetti, per fortuna, non faceva parte del comitato, ma sta comunque collaborando alla mostra in un ruolo diverso. Ci presterà dei documenti eccezionali del nonno, tra cui una targa del movimento futurista in alluminio che un tempo era appesa alla porta di casa Marinetti, oltre a tantissimi manifesti e altri documenti meravigliosi. Inoltre, scriverà un testo per la mostra e parteciperà come consulente per l’installazione multimediale.
E qual è invece il ruolo di Palmaroli, detto Osho?
Palmaroli è un grande comunicatore sui social. Il suo compito è organizzare talk e eventi collaterali alla mostra, su temi come il teatro, la moda, la danza, e anche la cucina futurista, tutto in un’ottica di coinvolgimento del pubblico. Durante la mostra, coordinerà diversi talk e performance dal vivo per attirare più persone possibile.
Quindi non ha avuto alcun ruolo diretto nel progetto della mostra?
Esatto, no. Palmaroli è una persona educata e corretta, non si è mai intromesso nel progetto espositivo. Alcuni giornali hanno esagerato parlando di un suo ruolo enorme, ma in realtà lui si occupa solo di organizzare i talk e gestire la comunicazione sui social, per cui ha grande esperienza. Tutto qui, punto.
La mostra includerà anche radio e automobili, corretto?
Sì. I futuristi dedicarono un manifesto alla radio, chiamandola La Radia, perché la vedevano come il nuovo strumento della simultaneità. Avremo anche due automobili d’epoca: la scelta non è solo estetica, perché ogni oggetto è strettamente legato alle opere. Ad esempio, esporremo la Fiat Siluro Kiribiri del 1913, l’unico esemplare rimasto, che raggiungeva i 160 km/h, rappresentando la velocità ritratta da Balla. Porteremo anche la Maserati di Tazio Nuvolari del 1934: per i futuristi, infatti, le auto rappresentavano la nuova bellezza. Marinetti stesso affermò che “il ruggito di un motore era più bello della statua della Nike di Samotracia”.
È vero che ci sarà anche un idrovolante?
Sì, porteremo una riproduzione a grandezza reale dell’idrovolante Macchi Castoldi, simbolo di bellezza e dell’eccellenza italiana. Nel 1934, questo idrovolante stabilì il record mondiale di velocità per idrovolanti, raggiungendo i 709 km/h, una velocità incredibile per l’epoca e tuttora imbattuta. C’è anche un legame diretto con Marinetti: nell’Aeropoema del Golfo della Spezia, racconta di aver volato proprio su questo idrovolante, insieme al pilota che stabilì il record.