
Fino al 31 gennaio 2025 è visitabile presso la nuova sede del Contemporary Cluster l’esposizione 30 PROGETTI 2 REALIZZAZIONI, personale dell’artista Maurizio Mochetti (Roma, 1940), con un lungo ed elaborato testo critico di Alberto Mugnaini. Il titolo è modulato dalla sua prima mostra, nel 1968, presso la Salita. Dopo 56 anni, l’artista ripropone la falsariga del titolo, mantenendo invariato il numero di realizzazioni ma aumentando il numero dei progetti, da 10 a 30.
La prima realizzazione è Proiezioni cilindro, la cui originale installazione fu pensata nel 1966. Una porzione di cilindro è appena al soffitto. Se proseguiamo idealmente questa figura geometrica, partendo dalle due estremità, il volume potrebbe dilatarsi con il potere della nostra immaginazione, fino a incontrare l’ostacolo delle pareti della stanza. Due cerchi schiacciati sono, infatti, tracciati sulle due superfici murarie opposte come fossero le ombre lasciate da un cilindro effimero, capace potenzialmente di tagliare lo spazio sopra le nostre teste.
Punta si nasce, cono si diventa (Cono virtuale, 1987) è la seconda realizzazione. Una punta in acciaio si erge, in bilico, sul pavimento, come la punta di una trottola che ha trovato il suo baricentro. Il filo che la sostiene dall’alto coincide con il centro esatto di una circonferenza, disegnata sul soffitto stesso: la base di un cono virtuale. La forma, infatti, per Mochetti non equivale all’opera, rappresenta bensì un suggerimento per ricostruirla, nella sua integrità, a livello mentale.

I 30 progetti esposti sono ancora più visionari e solleticano il fruitore abituato a osservare un’opera — che sia un dipinto, una scultura, un’installazione — “data e finita”.
Così, in Progetto Rimbalzi laser (1980), i piccoli specchietti disegnati sulla carta rappresentano la prova del passaggio di un raggio laser che rimbalza all’infinito, urtando le pareti. In un’altra versione del progetto, una pallina intinta nel colore rimbalza incessantemente. A ogni contatto con la superficie, la pallina perde un po’ di tinta, lasciando tracce sempre più evanescenti. In Quadri oscillanti (1974) un meccanismo genera un’oscillazione perenne. I due quadri appesi non risultano mai fissi: molleggiano scorticando l’intonaco, sono sfasati tra loro.
Quattro cubi che si riequilibrano (1967) si focalizza su 4 cubi disposti in maniera ortogonale a formare un quadrato. Se ne spostiamo uno, si spostano automaticamente anche gli altri, in una corrispondenza sincronica che si riscontra sia in musica che in fisica. Due particelle “gemelle”, pur distanti spazialmente, sono connesse l’una all’altra: l’entanglement è un fenomeno quantistico secondo il quale a ogni alterazione di stato di un membro della coppia corrisponde un cambiamento di verso opposto dell’altro.

Spicca poi la fascinazione di Mochetti per la luce e il suono. In uno dei progetti l’artista cerca di dare consistenza scultorea ai fotoni.
Nel 1964 immagina una sfera di plexiglas con all’interno un gas invisibile. Dei raggi di luce emessi da apposite mascherine (dalle forme rettangolari o cilindriche) attraversano il gas rendendo visibili, a occhio nudo, il pulviscolo delle particelle. Lo stesso fenomeno accade quando un raggio di sole filtra dalla finestra ed entra in casa illuminando la polvere sospesa, colta in una sorta di coreografia aerea.
Nel progetto Tre coni (1968; vernice acrilica, pennarello, matita su cartoncino e filo nero) sono disegnati 3 coni che si vuole far coincidere sulla medesima linea. Per fare ciò, occorre individuare i 3 apotemi corrispondenti a ciascun cono.
Progetto per cono F104 (1985; aerografo e tm su carta) vede come protagonista un cono (di compensato o altra materia) con al suo vertice un modellino di aereo. Quest’opera “cristallizza” la scia di combustione dell’aereo, considerando un passaggio di stato, dal gassoso al solido. Con Mochetti “a volte, occorre solidificare l’aria; altre volte, smaterializzare ciò che è solido, in un gioco di paradossi e trabocchetti nei quali è facile cadere”, sostiene Alberto Mugnaini.

Ancora, nel progetto tre assi, composto da 7 disegni (1970; matita, pennarello e colore acrilico), Mochetti immagina tre barre metalliche: la centrale è fissa, le altre due sono collegate alla mediana tramite dei perni che le fanno ruotano in varie direzioni. La summa dei movimenti va a disegnare due calotte semisferiche. L’artista avrebbe dovuto realizzare una scultura meccanica gigantesca per IVECO. Dopo l’invenzione del laser, il medesimo progetto si trasforma in Un punto laser curva una linea, 1982: l’artista concepisce un’intelaiatura, con un laser che disegna gli istanti della rotazione. L’idea è quindi la stessa ma cambia il mezzo tecnologico immaginato per eseguirla nello spazio.
Nelle intenzioni di Mochetti, l’opera d’arte non si esaurisce nella forma presentata, la forma è come un indizio per un’idea più elaborata che il fruitore è invitato a indovinare, colmando mentalmente le lacune di ciò che insiste nella realtà. Inoltre, l’opera indaga concetti che toccano più discipline, come la geometria, la fisica, l’aerodinamica… si dipana nello spazio e nel tempo come un mistero che si rivela mano, a mano. Ogni opera — che sia una realizzazione o un progetto — non va pensata nella sua singolarità ma nel complesso di una ricerca in cui ogni tassello si dispone formando una rete. Le maglie si allargano, si restringono, accolgono nuovi anelli ogni volta che la tecnologia prosegue il suo sviluppo (vedi l’invenzione del laser) o è la mente dell’artista a elaborare un’idea aggiuntiva e a metterla sulla carta. Luce e onde elettromagnetiche, materia organica e geometria euclidea, stasi e movimento: sono questi i colori con cui gioca Mochetti. Da tenace osservatore dei fenomeni della realtà riesce a puntualizzarli e a condividerli con i fruitori della sua arte. Così è lo stupore che ci coglie, nel realizzare (concretamente e virtualmente) sia ciò che è semplice che ciò che è complesso.