
Ripensare la realtà vissuta, contaminarla con la poesia e l’immaginazione. Per renderla diversa, per renderla più vera. Questa l’idea che lega le opere che Dep Art Gallery presenta a Milano nella mostra Valerio Adami. Ripensando la realtà. Dal 7 marzo al 17 maggio 2025, trenta lavori raccontano la poetica che ha attraversato il lavoro del pittore dagli anni Settanta al Duemila.
Dep Art Gallery ripensa a Valerio Adami che ripensa alla realtà. Gioco di parole che ci porta all’ingresso della galleria milanese dove tre anni fa andava in scena una monografica dedicata al pittore rappresentativo della Nuova Figurazione. Il movimento, sviluppatosi parallelamente alla Pop art, si concentrava sui temi della cultura di massa attraverso un linguaggio pittorico articolato, dalle connotazioni culturali e sociali impegnate. Descrizione che più aderente ad Adami non potrebbe essere, oggi di nuovo protagonista da Dep Art con un’altra esposizione, intitolata Valerio Adami. Ripensando la realtà. Non un ripensamento su quanto fatto, ma un’ulteriore riflessione quella proposta dalla galleria, che in un lasso di tempo breve ha rinnovato il proprio parco opere dell’artista e punta ad approfondirne ancora la ricerca, questa volta ripercorrendo gli anni di attività che vanno dal Settanta al Duemila.
D’altra parte l’idea di ripensamento, di revisione di se stessi e del mondo, non era del tutto estranea al pittore. Anzi. Lo sottolinea il curatore Lorenzo Madaro, che a tal proposito racconta: “Colto, ironico, sofisticato, il lungo e complesso lavoro di Valerio Adami ha ribadito che al centro di tutto il suo interesse visivo c’è ininterrottamente un persistente ripensamento della realtà in tutti i suoi aspetti filosofici, culturali, metafisici, ma anche ironici e solo apparentemente banali e quotidiani”. Un ritornare, guardando alle opere esposte, che si manifesta principalmente nella composizione di scene ideali, dove gli elementi si affiancano e interagiscono in modo non lineare, ma attraverso l’incedere allusivo e combinatorio della poesia.

In scenari piatti e privi di sfumature, le immagini si distribuiscono attraverso lucide campiture cromatiche, omogenee e nitide, contornate da segni chiari e definiti, distribuiti da una linea pulita e continua. Una grammatica immediata al servizio di una lingua complessa, che combina suggestioni personali, letterarie e artistiche in un continuum che pare alludere alla creazione di un’iperrealtà vissuta attraverso l’arte. Ne è un esempio limpido l’Amplesso del 1995, magistrale nel comporre una scena interamente giocata sulle sfumature del blu. Le due figure, che come sempre in Adami attingono la loro estetica dalla sfera classico-mitologica, si uniscono in un bacio appassionato. Sono soli, ma al tempo stesso attorno a loro il contesto ricorda Venezia, con lo specchio dell’acqua che scorre sotto il vaporetto, alla cui ringhiera l’uomo sembra reggersi. È la compresenza dell’incontro amoroso e dell’avvicinamento ad esso, dell’unione di percezioni che concorrono a creare un ricordo.
Sempre la memoria protagonista di Mnemosine machine à écrire et violon, opera di grandissimo formato (quasi tutte hanno già dimensioni considerevoli) che domina la sala al piano superiore della galleria. Uno spazio tagliato diagonalmente sembra assorbire nel suo centro, come un ombelico dove ogni cosa precipita, l’idea di letteratura e la pratica della scrittura, la musica e la sua messinscena teatrale, tutto supervisionato da Mnemosine, personaggio della mitologia greca, figlia di Urano (il cielo) e di Gea (la terra), madre delle muse, a cui attribuita la personificazione della memoria e del potere di ricordare. Eco ellenistico che risuona anche in La firma del muro antico, Odisseo (per E. Pound), dove basta la citazione all’eroe omerico per attribuire stati d’animo tormentati alle due altre figure, un cavaliere solitario e uno scrittore, entrambi perduti e alla ricerca di qualcosa che non si sa.

Il lirismo attraversa dunque gran parte della poetica di Adami, anche quando lo script si sposta da mondi fantastici agli ambienti della vita quotidiana, salotti o camere da letto, dove il protagonista può diventare anche un radiatore. Poesia dell’ordinario accesa da un’interpretazione cromatica che trasfigura la realtà il tanto che basta per renderla magica. Non vi sono orpelli in una donna sdraiata che ascolta un musicista dedicarle una melodia al violino, in un uomo che ne guarda un altro piangere e in un soggetto che ripensa a un ballo di tanti anni fa. Eppure è poesia. È la realtà che sale su un altro piano per mezzo della pittura, che la comprime in uno spazio sognante e infinito.
Sogna mentre legge l’uomo nel dipinto che apre la mostra, sogna di una mano che riempie il suo bicchiere in un vaso vinario che è anche un mare dove galleggia una barca, mentre un sole gigante illumina l’eco di una cultura lontana. Ogni quadro di Adami è il frammento di un enorme archivio in cui i i brandelli del reale si incontrano e si concatenano in luoghi, ruoli e visioni sorprendenti, da un lato intimamente legati a un territorio di concretezza, a uno spazio fisico che è quello della pittura e del disegno; e dall’altro a una dimensione onirica in cui affiancamenti arditi – di senso ma anche di segno – tracciano nuove letture per investigare i confini tra questi spazi di intermezzo tra ciò che è tangibile e ciò che è legato alla immaginazione.


