
Inizia oggi l’asta online di Pandolfini che vede un unico grande lotto come oggetto di contesa: il Capriccio architettonico con rovine ed edifici classici, realizzato da Canaletto e bottega intorno al 1756-57. L’opera, per cui le offerte sono attive fino all’1 aprile 2025, è stimata 320-500 mila euro.
La tela rappresenta un capriccio architettonico con rovine di varie epoche ed edifici classici. Quasi al centro della composizione, sotto una loggia con archi a tutto sesto, è raffigurato un monumento funebre rinascimentale che sovrasta una lapide di cui una figura tenta di decifrarne il testo.
A sinistra compare una torre circolare preceduta da un portico classico, mentre all’estremità opposta della tela si erge un edificio pure circolare. Attraverso l’arco in rovina si intravvedono un arco trionfale, che ha qualche analogia con la Porta di San Giovanni a Padova, una fontana e lo scorcio di una città da cui emergono un campanile e una cupola simile a quella di San Pietro a Roma.
Questa la veduta realizzata da Canaletto e bottega intorno al 1756-57, in asta da Pandolfini con una stima di 320-500 mila euro. Già presente nel catalogo di Colnaghi nel 1938, l’attribuzione prestigiosa permane dal 1969, anno in cui Sotheby’s l’ha presentata in asta. Nell’occasione il dipinto fu presentato assieme al suo pendant, Capriccio con il Colosseo, rovine classiche e figure.
La firma, così come la presenza del medesimo soggetto in un dipinto conservato al Museo Poldi Pezzoli di Milano e in un’altra tela pervenuta alle Gallerie dell’Accademia di Venezia nel 1988, oltre che il valore artistico intrinseco del lavoro, hanno portato il Ministero della Cultura a dichiarare l’opera di interesse culturale, che quindi dovrà necessariamente rimanere su suolo italiano.
Del resto l’Italia è inscritta in modo particolare nella storia del dipinto, realizzato da Canaletto subito dopo il soggiorno inglese dell’artista, verso il 1756-1757, quando rientra a Venezia e avvia una fase pittorica segnata da una resa della realtà più lirica e immutabile. Forse un lascito della luminosità tersa e fredda del cielo inglese, che qui si posa su rovine classiche senza luogo né tempo.