
C’era un tempo in cui l’arte non nasceva in solitudine, ma prendeva forma nel confronto, nella condivisione, nell’intreccio di idee e visioni. Un tempo in cui lavorare insieme era un atto politico. È questa l’eredità di Vincenzo Agnetti che l’Archivio a lui dedicato celebra in occasione della Milano Art Week 2025 con la mostra “Vincenzo Agnetti. Lavorare insieme è un atto politico”
Un’esposizione che dialoga con la 29ª edizione di Miart, Among Friends, e che ricostruisce, attraverso opere e documenti, il tessuto di relazioni intellettuali e umane che hanno alimentato la ricerca di Agnetti dalla fine degli anni Cinquanta ai primi anni Ottanta. Perché Agnetti, paradossalmente outsider, ha sempre creduto nella collaborazione: un’idea di arte non come atto solitario, ma come esperienza condivisa, fatta di confronti, alleanze e sodalizi elettivi.
In mostra si snodano alcuni dei legami più significativi dell’artista: il rapporto fondativo con Piero Manzoni, testimoniato dagli scritti proposizionali di Agnetti, dalle lettere e dalle opere di Manzoni stesso; le collaborazioni con Castellani, Colombo, Scheggi e Parmiggiani in lavori a quattro mani che rivelano una dimensione artistica in continua osmosi.
E poi il dialogo con Alighiero Boetti, la presenza di Liliana Sorensen – amica dai tempi di Manzoni – e le esperienze newyorkesi, tra cui spicca Mirrors of the Mind, progetto curato dall’amico Nicolas Calas, con la partecipazione di Arakawa e Rauschenberg, di cui quest’anno si celebra il centenario.
Non solo documentazione, non solo esposizione: questa mostra è il punto di incontro tra l’anima storica di un archivio e la forza iconica delle opere, capaci di parlare senza mediazioni. Qui, l’arte non è solo memoria, ma esperienza viva, un invito a riscoprire il senso profondo di lavorare insieme. Un atto che, oggi più che mai, è anche un atto politico.