
La mostra dal titolo Paolo Scheggi. L’Apocalisse, la morte, il sacro racconta l’artista oltre i celebri monocromi spazialisti
Ѐ un inedito, sorprendente ed affascinante Paolo Scheggi, quello raccontato dall’omonima mostra Paolo Scheggi. L’Apocalisse, la morte, il sacro, presso il Museo Diocesano di Brescia. L’esposizione, curata da Ilaria Bignotti, illustra i lati più intimi e toccanti di un artista ormai eternizzato per i suoi monocromi spazialisti, e di cui si dimentica spesso la natura umana, nonché la preziosa altra produzione.
Un duplice procedere attraversa la mostra, che è sia esegesi sia ermeneutica dell’artista; lo racconta, infatti, nei suoi propri termini e, allo stesso tempo, sotto una luce critica ex post, sottolineandone l’influenza sull’oggi dell’arte contemporanea. Che lo si conosca o meno approfonditamente, è un immancabile diario visivo e scultoreo della sua breve ma intensa esistenza.

Enigmatico e profetico
Scheggi è un artista enigmatico, profetico per certi versi – auto-profetico sicuramente -, attanagliato come tanti giovani dai dubbi sul futuro e ossessionato dalla possibilità di fallire. Questo è il ritratto lampante che emerge dalle prime opere in mostra, gli inediti cinque disegni dell’Apocalisse, regia immaginata da Scheggi e programmata per la Biennale di Venezia del 1970, ma realizzata solo in parte, un anno più tardi, in occasione del suo funerale. Le opere dedicate alla Confraternita della Misericordia diventano così maquette divinatorie, previsioni di una Cassandra ipocondriaca: Appunti per un’idea della morte, infatti.

Altrettanto misteriosa e affascinante è 6profetiper6geometrie, riallestita per la prima volta dopo oltre vent’anni. Un’opera che è alchimia pura, fatta di rimandi continui tra sacro e pagano, in cui si manifesta nuovamente la schiavitù dell’autore nei confronti della Morte e della sua venuta. Incessante, martellante presenza che assoggetta Scheggi e ne detta i temi, la ritroviamo in quei binomi che l’accompagnano e che perseguitano l’artista: vita/morte, ordine/caos, terra/cielo, inferno/paradiso.

Conflitti interiori
A chiudere il percorso, le fotografie di Ugo Mulas, che nel 1969 documenta Marcia funebre o della Geometria, processione secondo Paolo Scheggi. La sfilata funerea per le vie di Como è amplificata da una composizione sonora di Franca Sacchi — che nel brano unisce sonorità elettroniche e medievali a letture della Bibbia —, ripresentata in questo allestimento.

Il percorso espositivo si struttura in due sezioni distinte, ed ognuna è un tuffo che precede un’immersione totalizzante in acque gelide, nella mente e nel cuore di Paolo Scheggi. In filigrana ne leggiamo le paure irrazionali, i desideri futuri, i conflitti interiori, nonché l’immenso talento, colto in minima parte e atrofizzato dall’art star system. Alla fine, sembra di averlo conosciuto di persona, e vorremmo solo stringergli la mano, in un gesto consolatorio: vedrai, non ti dimenticheremo.














