
Un atto di vandalismo ha colpito Chan Chan, l’antica capitale dell’Impero Chimú nel nord del Perù, patrimonio dell’umanità dal 1986.
Un video diventato virale sui social mostra una persona, maglietta bianca e zaino nero, mentre dipinge con vernice spray nera un’immagine fallica su uno dei muri in adobe – tipo di materiale da costruzione naturale, composto da una miscela di argilla, sabbia, limo e acqua – dell’antica città.
Il filmato, pubblicato il 12 maggio su Facebook, ha scatenato un’ondata di indignazione e la reazione immediata del Ministero della Cultura peruviano, che ha definito l’episodio “una grave offesa al nostro patrimonio storico e culturale” e ha avviato un’indagine penale per identificare e punire il responsabile.
Secondo quanto riportato dall’agenzia statale Andina, il gesto rientra nelle violazioni previste dall’articolo 226 del codice penale peruviano. L’autore del gesto rischia fino a sei anni di reclusione e una multa salata. Ma c’è di più: un tweet del Ministero avverte che danneggiare un sito archeologico può costare fino a otto anni di carcere. “Quando attaccano il nostro patrimonio, ci tolgono identità, memoria e futuro.” Subito dopo la diffusione del video, le forze di polizia turistica hanno ispezionato l’area, seguite da una squadra di restauratori inviata dal Ministero per ripristinare il muro deturpato e riportarlo, per quanto possibile, al suo stato originale.

Credits: Daniel Silva/PromPerú
L’episodio di Chan Chan arriva a pochi mesi da un altro gesto vandalico che aveva indignato il Paese: a febbraio, un uomo aveva colpito con un martello la celebre “pietra dai 12 angoli”, simbolo del Palazzo Inca Roca a Cusco. Le autorità peruviane ribadiscono il loro impegno nella tutela del patrimonio e lanciano un appello ai cittadini: “Proteggere la nostra storia è un dovere collettivo. Difendiamo insieme ciò che ci rende unici.”
Chan Chan infatti, situata vicino a Trujillo, circa 300 miglia a nord di Lima, è stata la città più grande dell’America precolombiana. Costruita interamente in mattoni di adobe, comprendeva templi, abitazioni e magazzini, separati da imponenti mura. Al suo apice, ospitava circa 40.000 abitanti e rappresentava un sofisticato centro politico, culturale e commerciale. L’UNESCO la descrive come “un autentico capolavoro di pianificazione urbanistica”, testimonianza di oltre 11.000 anni di evoluzione culturale nella regione andina.

Le immagini dello sfregio a Chan Chan non sono solo il simbolo di un atto isolato, ma il campanello d’allarme di una fragilità più ampia: quella della memoria collettiva di fronte all’incuria e all’ignoranza. Mentre proseguono le indagini per assicurare alla giustizia l’autore del gesto, il caso ha riacceso un dibattito urgente sull’importanza dell’educazione al patrimonio e sul ruolo delle istituzioni e della società civile nella sua salvaguardia. Perché la storia, una volta cancellata, non può essere riscritta — ma può e deve essere difesa.














