
Fino al 7 giugno alla Galerie EIGEN + ART la mostra di Samorì incentrata sulla figura mitologica di Marsia
Il titolo stesso, La Bocca di Berlino, richiama l’immagine di una ferita aperta, un luogo di passaggio tra l’interno e l’esterno, tra il visibile e l’invisibile. Fino al 7 giugno, è Nicola Samorì ad animare la mostra alla Galerie EIGEN + ART di Berlino, con una serie di opere che utilizzano lastre di pietra come supporto pittorico. In queste superfici, le crepe naturali e le imperfezioni diventano parte integrante dell’opera, trasformando la pietra in una pelle viva, sensibile e vulnerabile.

Al centro della mostra, la figura mitologica di Marsia, il Sileno che sfidò Apollo, appare come un simbolo del dolore e della punizione. La pelle squarciata di Marsia diventa un invito a riflettere sulla fragilità umana e sulla bellezza che può emergere dalla sofferenza. Attorno a questa figura centrale, una serie di opere che fungono da “coro” che commenta e amplifica il tema della compassione.

“Sono le crepe e le fenditure della pietra”, scrive nel suo testo critico Nicola Suthor, Professore di Storia dell’Arte all’Università di Yale, “a indurre la materializzazione rappresentativa di un’interiorità che, come uno squarcio nella raffigurazione, sembra agire dall’interno del suo radicamento nella struttura fisica della pietra per determinare l’animazione affettiva dell’immagine”.

“Le opere sono tutte nuove, inedite“, racconta Nicola Samorì ad ArtsLife. “Più di sessanta pietre, una ventina delle quali interamente dipinte, altre solo velate, altre ancora lasciate completamente nude. È una sintesi estrema dell’interno di una bocca, dove le pietre alludono ai denti e la lingua è simulata dalla sfinge riversa che pende come un corpo spellato appeso al gancio“.













