
Dimenticato per secoli, il pigmento preferito dai faraoni rinasce grazie alla scienza moderna. E potrebbe cambiare più di quanto immaginiamo.
Un pigmento nato oltre 5.000 anni fa nell’antico Egitto, dimenticato con la caduta dell’Impero Romano e considerato un enigma per secoli, oggi, grazie al lavoro pionieristico di un gruppo di scienziati, torna a vivere: è il celebre blu egizio. Nato come progetto “divertente” per arricchire un’esposizione del Carnegie Museum of Natural History di Pittsburgh, una “semplice” replica del colore dei faraoni è diventata, in realtà, una scoperta scientifica con implicazioni sorprendenti per la tecnologia moderna.
Un team di esperti — guidato da John S. McCloy (Washington State University) ed Edward P. Vicenzi (Smithsonian Institution), con la collaborazione del Carnegie Museum — ha ricreato con successo il blu egizio, il più antico pigmento sintetico conosciuto, attraverso un mix di chimica sperimentale e archeologia. Il risultato? Un pigmento che, sebbene abbia radici nell’epoca dei faraoni, potrebbe presto trovare spazio nei laboratori high-tech.
Gli studiosi hanno “cucinato”, letteralmente, la loro scoperta: una dozzina di combinazioni di rame, silice, calcio e sodio, riscaldate in forno a oltre 1.000°C, per simulare le antiche fornaci egizie. Il risultato è stato un arcobaleno di polveri blu e verdi, comparate poi con veri artefatti dell’antico Egitto custoditi nel museo.

La scoperta più intrigante è stato comprendere che anche i pigmenti più intensamente blu” contengono solo il 50% di materiali colorati. “perchè ogni particella — ha detto McCloy — è un microcosmo complesso, con strutture tutt’altro che uniformi”.
Ma il blu egizio non è solo un gioiello archeologico. Le sue proprietà ottiche, magnetiche e persino biologiche lo rendono un candidato perfetto per applicazioni d’avanguardia: dall’identificazione di impronte digitali all’inchiostro antifalsificazione, fino alla progettazione di materiali simili ai superconduttori.
Chi passa da Pittsburgh potrà ammirare questi pigmenti straordinari al Carnegie Museum of Natural History, dove sono esposti in una mostra dedicata all’Egitto antico. E dal 2026, entreranno a far parte di un’esposizione permanente.
Dimenticato per secoli, il blu dei faraoni non è solo rinato: è pronto a lasciare di nuovo il segno. E questa volta, non solo nella storia, ma anche nel futuro.














