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La quotidianità monumentalizzata. Jeff Wall al MAAT di Lisbona

Jeff Wall, Portrait in Noto, MAAT, Lisbona Jeff Wall, Portrait in Noto, MAAT, Lisbona
Jeff Wall, Portrait in Noto, MAAT, Lisbona
Jeff Wall, Portrait in Noto, MAAT, Lisbona
Oltre 60 opere di Jeff Wall invadono il sensuale spazio della MAAT Gallery, tra estetica cinematografica e pittorica

Nell’autunno del 2007 Jeff Wall è in viaggio in Sicilia, spinto dal desiderio di fotografare un paesaggio rupestre. Una scena ispirata da un passaggio de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, in cui si descrivono le colline siciliane come luoghi arcaici e immutati. L’artista realizza l’opera Hillside, Sicily, ma poi si lascia coinvolgere da un episodio non previsto. A Noto, mentre beve un caffè con la moglie, nota una donna di mezza età accompagnata da un giovane, suo figlio. E rimane colpito dal loro comportamento e dal legame tra i due.

Dopo qualche giorno torna in città e riesce a rintracciarla grazie all’aiuto della guida. Vinta l’iniziale ritrosia della donna, riesce a fotografarla, in circa quindici minuti. Infrangendo la propria regola di non realizzare mai ritratti. Il risultato è questa immagine di fortissima intensità umana, nata da un incontro reale ma trattata con lo stesso rigore compositivo e narrativo che caratterizza l’intera opera dell’artista. È questa la genesi di Portrait in Noto, che si distingue nell’opera di Wall proprio per la sua eccezionalità: non una scena costruita, ma un ritratto vero. Che conserva la dimensione empatica e di un momento irripetibile.

 

Jeff Wall, Time Stands Still, MAAT, Lisbona
Jeff Wall, Time Stands Still, MAAT, Lisbona
Tensioni contemporanee

Ne parliamo perché quest’opera è una delle gemme della grande mostra Time Stands Still, che al museo MAAT di Lisbona celebra l’artista fotografo canadese. La prima mostra monografica in Portogallo di Wall, che con oltre 60 opere invade l’intero spazio della MAAT Gallery. Offrendo un percorso immersivo tra estetica cinematografica e pittorica. Le fotografie esposte, realizzate tra il 1980 e il 2023, ritraggono scene di vita quotidiana cariche di tensioni contemporanee: solitudine, povertà, alienazione, violenza urbana, abbandono ed esclusione sociale.

Scene reali o immaginate, ma sempre messe in scena con la precisione di un regista. Sin dalla fine degli anni ’70, Wall sperimenta la retroilluminazione delle sue fotografie a colori, presentandole in grandi lightbox. Una scelta estetica che rimanda a pratiche proprie della pubblicità, ma che innalza il medium fotografico a forma d’arte monumentale. In molti casi la sua ispirazione attinge ai maestri dell’arte classica, come Velázquez, Goya e Tiziano, colti durante una visita al Prado. Da lì nacque l’idea di combinare realismo drammatico e fotografia, ottenendo un impatto visivo allo stesso tempo evocativo e narrativo.

 

Un atto costruttivo

Il mio approccio è stato quello di rifiutare il ruolo del testimone o del fotoreporter”, ha affermato Wall, “perché oggettivare il soggetto significa nascondere gli impulsi e le emozioni di chi crea l’immagine”. Approccio confermato da Sérgio Mah, curatore e vice-direttore del museo, secondo il quale Wall è un artista che rilegge la storia dell’immagine occidentale attraverso il prisma della fotografia. Con un linguaggio visivo che integra pittura, cinema e teatro. “La sua pratica fotografica, dunque, è un atto costruttivo, un’interruzione narrativa sospesa nel tempo. Una pausa in cui le figure posano, sospendendo la loro partecipazione a un momento cruciale”. Un’arte che “internalizza i dilemmi del nostro rapporto con il mondo”.

 

Le flessuose linee architettiniche del MAAT, a Lisbona
Le flessuose linee architettiniche del MAAT, a Lisbona

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