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A Mestre due nuove opere pubbliche, e una polemica

On Negative Space di Linh Duong
Benedetta Cocco, Tessitura sociale
C’è una città che da sempre vive col fiato corto, infilata com’è tra le calli dorate di Venezia e l’asfalto bollente della terraferma: Mestre non è Venezia, ma è troppo vicina per dimenticarlo; non è periferia, ma non le hanno mai davvero concesso il ruolo di centro. Eppure, proprio lì, succede qualcosa che non t’aspetti. L’arte è uscita dai recinti, ha preso la strada – letteralmente – e s’è messa in movimento. Due nuove opere pubbliche nel tessuto urbano: Tessitura Sociale di Benedetta Cocco e On Negative Space di Linh Duong. Due modi diversi per dire la stessa cosa: oggi fare arte non basta, bisogna farla insieme.
On Negative Space di Linh Duong

Benedetta Cocco, giovane artista sarda, ha creato una calamita umana, un punto d’incontro fisico, emotivo, urbano. Il progetto nasce da un workshop con dieci bambini che hanno intrecciato metallo e tessuti, ma soprattutto presenza. Ogni nodo è un gesto, ogni filo una promessa fatta con le mani. La chiamano Tessitura Sociale, ma potrebbe anche intitolarsi “Non siamo soli, se ci teniamo stretti”. È un monumento collettivo che non esalta un condottiero, ma la possibilità di fare qualcosa di buono insieme, senza farsi selfie mentre lo si fa. Lì, un tempo, c’era la Lion’s Tail di Oldenburg e van Bruggen. Iconica, certo, e con quel tocco pop tutto suo. Ma ora quel leone dorme altrove. E Mestre si tiene un oggetto più fragile, più vero, più suo. Una cosa che non fa scena, ma fa bene, tra mille polemiche cittadine.

E poi c’è Linh Duong, vietnamita, vincitrice del premio “Artefici del nostro tempo”. La sua On Negative Space, è una domanda che cammina nel silenzio: “Cos’è che manca nella tua vita?”. Queste esperienze nascono in un posto che fino a poco tempo fa sapeva solo di carta e di silenzio: l’Emeroteca dell’Arte. Una volta lì dentro si archiviavano giornali, e oggi ci si archiviano possibilità. Tredici artisti under 35 vivono e lavorano lì, e intorno a loro: atelier, incontri, open studio. E pure un caffè letterario, dove per entrare non serve un biglietto. Ma funziona molto meglio di tanti spazi museali.

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