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Bergamo e l’arte contemporanea, dalle Orobie a Cattelan

Bengolea, Creation for Pina Bausch company, 2015
Fino a settembre e ottobre 2026, la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo – ha aperto la quarta edizione de la Biennale delle Orobie – Pensare come una montagna, progetto che intreccia arte contemporanea e territorio, coinvolgendo comunità locali e artisti internazionali.

Un grande sforzo a esito positivo per la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, per tutto il suo Team e per le rinnovate politiche culturali di una città che sceglie di impegnarsi in progetti partecipativi territoriali e istituzionali. Progetti che guardano alla sperimentazione e alla costruzione di opere e installazioni site specific invitando artisti ricercatori accanto ad artisti consolidati. Un’amalgama efficace che fa salire l’attenzione e la visibilità di una città di circa 120.000 abitanti che conserva e mostra un eccellente patrimonio artistico del passato (La Carrara, le sue collezioni e le sue mostre) e gioca in parallelo una scommessa rivolta al presente e al suo contesto geografico e sociale. Nello specifico per la GAMeC una proposta felice quella di investire sul “pensiero della montagna” che circonda Bergamo del nord (le Prealpi orobiche con le loro vette alpine) grazie all’avvicendarsi biennale di progetti site e place specific di grande impegno.

C’è però anche un’osservazione possibile, che lascio all’attenzione dei viandanti e dei visitatori dell’arte: la sottile vena di autoreferenzialità che contraddistingue la progettazione e la messa a terra delle azioni della GAMeC in queste biennali. Vena salvifica e necessaria perché si vuole (e si deve) difendere una programmazione autonoma nelle scelte e nelle pratiche disciplinari. Vena che in parallelo mostra la debolezza di un’epoca nella quale la paura del rischio (e dei numeri) favorisce il protagonismo selettivo e la messa a canestro delle palle piuttosto che la rivoluzione silente e quotidiana del farsi incerto dell’arte e dei suoi canestri (a volte felicemente mancati dagli artisti a favore un allenamento condiviso piuttosto che competitivo che emerge nel tempo).

Una vena che esporta saperi su territori altri, ad esempio quelli montani, con una pratica che nel riconoscerne la storia, la bellezza e le stratificazioni sociali e ambientali, mostra la fatica del dialogo necessario alla compartecipazione. Una vena che non sempre sottolinea e spinge l’ambiguità fondante (e non solo provocante) di alcune fra le opere di Maurizio Cattelan che lo rendono ancora oggi artista e protagonista cinico e solitario, bambino lucido che gioca tra bambini silenti.

Perché cuore di questa edizione è infatti Seasons, una mostra diffusa ideata da Maurizio Cattelan, che propone un itinerario espositivo tra Bergamo Alta e Bergamo Bassa con cinque opere collocate in quattro sedi simboliche della città. Progetto che segna, dopo Ottovolante – mostra di apertura della GAMeC- il ritorno dell’artista a Bergamo per riflettere, attraverso metafore visive legate al ciclo delle stagioni e alla trasformazione della società e dell’individuo, su riferimenti storici e iconografie spiazzanti.

Pensare come una montagna si estende però anche oltre i confini urbani in un’ulteriore articolazione del dialogo tra arte e paesaggio. A Villa d’Almè, il Linificio e Canapificio Nazionale, che ha ospitato Spin and Break Free, performance dell’artista argentina Cecilia Bengolea. Nei comuni di Dossena e Roncobello dove sono invece visibili (sino a settembre, ma anche oltre per i viandanti montani) i lavori di Julius von Bismarck e Francesco Pedrini. E in parallelo nello Spazio Zero della GAMeC dove prosegue la mostra del collettivo EX. (Andrea Cassi e Michele Versaci), che anticipa la costruzione del nuovo Bivacco Aldo Frattini sulle Alpi Orobie, concepito come sede museale ad alta quota.

Ex. Render Nuovo Bivacco Frattini

Seasons: Cattelan tra memoria e potere giocando alla pistola

Con Seasons, Maurizio Cattelan torna a confrontarsi con lo spazio pubblico e i suoi simboli, dando vita a una mostra diffusa che attraversa Bergamo tra luoghi emblematici, tensioni storiche e contraddizioni contemporanee. Il progetto, appositamente ideato per questa quarta edizione della Biennale delle Orobie, si sviluppa come un percorso tra arte, memoria e provocazione, articolandosi in quattro sedi e cinque opere che interrogano lo spettatore sul tempo, sull’identità e sul senso del potere.

Il titolo stesso della mostra – Seasons – rimanda alla ciclicità della vita, all’alternarsi di nascita, ascesa, declino e fine, che per Cattelan diventano metafora della società e dei suoi valori. Non a caso le opere selezionate e prodotte per questa occasione si misurano con materiali “eterni”, ma raccontano un’umanità vulnerabile, spesso sconfitta, fragile o invisibile.

Una delle opere più potenti del percorso è Bones (2025), ospitata all’Ex Oratorio di San Lupo, luogo già carico di stratificazioni simboliche. Qui, un’aquila scolpita in marmo statuario giace al suolo, con le ali aperte, come abbattuta. Figura tradizionalmente associata al potere, all’autorità e al dominio, l’aquila di Cattelan è invece un’icona ferita, spogliata della sua aura. L’opera si ispira a una scultura realizzata nel 1939 da Giannino Castiglioni per la Dalmine, in epoca fascista, oggi rimossa e conservata nei depositi dell’azienda. Cattelan la riprende e la rilegge, mettendo in discussione i simboli di un potere passato che continua a riecheggiare nel presente. Il luogo dell’installazione, un tempo sito cimiteriale, sottolinea la dimensione di passaggio e di liminalità tra vita e morte, tra memoria e oblio.

Alla GAMeC trovano spazio due opere, la prima e inedita è Empire (2025) è una scultura minimale che mostra un mattone inciso con la parola “EMPIRE” rinchiuso all’interno di una bottiglia di vetro. La forza grezza del mattone si scontra con la fragilità del contenitore, in un equilibrio che suggerisce l’impossibilità di esercitare un vero potere, la paralisi dell’azione, l’impotenza della volontà politica o rivoluzionaria. In questo gesto, Cattelan sembra condensare il destino delle grandi utopie contemporanee, imprigionate in un presente che non permette rotture.

Accanto a Empire, viene presentata No (2021), versione rielaborata della controversa Him (2001), la scultura che ritraeva Adolf Hitler in ginocchio, con il volto da bambino. In questa nuova versione il volto è completamente coperto da un sacchetto di carta in una sorta di auto-censura imposta. Un gesto che spinge verso un nuovo livello di lettura che apre all’interrogativo tra protezione e punizione e ci avverte che il volto negato può diventare ancora più inquietante del riconoscimento esplicito.

Maurizio Cattelan One, 2025 Site-specific installation on a historic monument Silicone, resin, steel, synthetic hair, clothes, iron, and wood Courtesy Archivio Maurizio Cattelan Installation view – Rotonda dei Mille, Bergamo, 2025 Photo: Lorenzo Palmieri Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Nel cuore di Bergamo Alta, nella Sala delle Capriate del Palazzo della Ragione, viene esposta November (2024): una scultura a grandezza naturale che rappresenta un senzatetto sdraiato su una panchina, nell’atto di urinarsi addosso. Il marmo statuario con cui è realizzata contrasta fortemente con la scena di estrema vulnerabilità rappresentata. L’opera – dedicata a Lucio, storico collaboratore dell’artista – interroga il concetto di decoro, la marginalità e il giudizio sociale. La scelta del Palazzo della Ragione, un tempo sede della giustizia cittadina, sottolinea il cortocircuito tra esclusione e diritto, tra chi è protetto dalle leggi e chi ne resta ai margini.

Infine, a Bergamo Bassa, presso la Rotonda dei Mille, Cattelan interviene su uno dei monumenti simbolo della città (ma potremmo dire di tutte le città italiane): la statua di Garibaldi. In One (2025), l’artista mette un bambino a cavalcioni dell’eroe risorgimentale nel gesto di mimare una pistola con la mano. Gesto ludico di cui non si nega la violenza, che contiene una domanda aperta sulla memoria, sulla trasmissione dei valori e sul senso di unità nazionale. Anche il titolo – One – è ambiguo e ci interroga tra unità o individuo, tra erede e dissidente. Un gioco quasi “di stile” attraverso il quale Cattelan invita a riscrivere la narrazione storica da nuove prospettive, certamente più contraddittorie.

 

GAMeC, Pedrini, Magnitudo, Installation View, Ph. Nicola Gnesi Studio

Tra danza, paesaggio e cielo: gli altri interventi della Biennale

Accanto al progetto di Maurizio Cattelan, la Biennale propone una serie di interventi che riflettono sulla relazione tra essere umano, natura e territorio, coinvolgendo spazi industriali, paesaggi montani, miniere e cieli notturni.

Eseguita il 7 giugno a Villa d’Almè, l’artista e coreografa argentina Cecilia Bengolea ha presentato Spin and Break Free, una performance site-specific nata da una residenza al Linificio e Canapificio Nazionale. Performance articolata che ha preso spunto dai movimenti meccanici delle macchine tessili e dai gesti ripetitivi del lavoro operaio, per riflettere sull’alienazione contemporanea e sul potere liberatorio della danza. Sei giovani danzatori hanno abitato una coreografia che alternava movimenti rotatori, elementi delle Free Dances degli anni ’30 e improvvisazioni ispirate alla spontaneità infantile con costumi di notevole creatività realizzati con fibre naturali come la canapa. Le voci delle operaie del Linificio, integrate nella colonna sonora, offrivano un’eco tra memoria del lavoro e rapporto con la materia.

A Dossena, nel cuore delle ex miniere della Val Brembana, Julius von Bismarck è intervenuto con Landscape Painting (Mine), un “disegno nel paesaggio” realizzato direttamente sulla parete rocciosa della galleria. L’artista tedesco ha utilizza le tecniche grafiche delle antiche incisioni per “appiattire” la tridimensionalità della roccia in un paesaggio bidimensionale in bianco e nero, con l’intento di evocare le stampe che nei secoli XVIII e XIX restituivano immagini idealizzate della natura. Opera che nasce con l’intento di discutere l’idea di paesaggio come qualcosa di neutro o incontaminato per sottolineare il ruolo attivo della presenza umana nella sua costruzione e trasformazione. Il lavoro è stato pensato per svanire nel tempo, lasciando un segno tanto effimero quanto potente nella memoria del luogo.

A Roncobello, Francesco Pedrini propone Magnitudo, un osservatorio celeste diffuso ispirato all’architettura astronomica del Jantar Mantar di Jaipur. Tre installazioni in legno di larice invitano a una lettura poetica del cielo e del paesaggio: Posa, una meridiana orizzontale costruita con la partecipazione della comunità e che si completerà nel 2026; Polaris che guida il nostro sguardo verso la Stella Polare; Aerofono che raccoglie i suoni del cielo in una struttura che evoca la metamorfosi del paesaggio boschivo colpito dal bostrico. Le tre opere sono un invito a ritrovare un senso di appartenenza cosmica e comunitaria nella natura e nel gesto collettivo di memoria e orientamento.

Sempre a Dossena e Roncobello il programma di lavori si completa con gli interventi di Francesco Ferrero, Gianmarco Cugusi e Roberto Picchi, esito della residenza Sentieri Creativi 2024 promossa negli stessi comuni.

Infine, in alta quota, ha preso forma il progetto visionario Mountain Forgets You, a cura dello studio EX. (Andrea Cassi e Michele Versaci) che prevede la ri-costruzione dello storico Bivacco Frattini a Valbondione concepito come una “sede” della GAMeC tra le vette. Pensato con criteri di sostenibilità e reversibilità, il nuovo bivacco sarà anche una base di monitoraggio ambientale. A raccontarne il processo è visibile la mostra omonima allo Spazio Zero della GAMeC – che ne ripercorre l’ideazione e l’evoluzione – accompagnata dall’installazione audiovisiva Thermocene di Giorgio Ferrero, Rodolfo Mongitore (Mybosswas) ed EX., una sinfonia visiva e sonora che trasforma i segnali invisibili captati in alta quota in un’esperienza sensoriale immersiva.

Oltre alle mostre, Pensare come una montagna continua online con il magazine che raccoglie interviste, approfondimenti e ora anche testimonianze delle comunità coinvolte, per arricchire la narrazione del progetto. Riparte anche Radio GAMeC con i podcast Cara Montagna, curati da Ilaria Gadenz.

Biennale delle Orobie – Pensare come una montagna è un progetto di GAMeC. La direzione artistica è di Lorenzo Giusti con le Associate Curators Sara Fumagalli e Marta Papini. Head of Magazine è Valentina Gervasoni.
Le esposizioni e le installazioni della Biennale, avviata il 7 giugno, proseguono sino a settembre 2025, la mostra Season di Maurizio Cattelan sino al 26 ottobre 2025.
www.gamec.it

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