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Rivelati i testi nascosti nei rotoli buddhisti conservati a Berlino

I tre minuscoli rotoli avvolti in seta gialla. Foto: © Staatliche Museen zu Berlin, Museo Etnologico / Martin Franken.
I tre minuscoli rotoli avvolti in seta gialla. Credits: © Staatliche Museen zu Berlin, Museo Etnologico / Martin Franken.
Per oltre un secolo tre minuscoli rotoli buddhisti sono rimasti sigillati, avvolti in seta gialla, negli archivi dell’Ethnologisches Museum di Berlino. Troppo fragili per essere aperti manualmente, i manufatti hanno custodito a lungo un mistero. Oggi, grazie a tecniche di analisi ad alta tecnologia, i ricercatori sono riusciti a “svolgerli” virtualmente, riportando alla luce scritture rimaste invisibili per generazioni.

I rotoli fanno parte di un gungervaa shrine mongolo, un piccolo altare portatile custodito dal museo, unico nel suo genere presente in una collezione occidentale. L’oggetto giunse a Berlino nel 1927, quando Waldemar Haude, meteorologo impegnato in una spedizione svedese in Mongolia, lo portò in Germania e lo consegnò a Ferdinand Lessing, all’epoca curatore delle collezioni dell’Asia orientale. L’altare fu esposto per la prima volta nel 1934 e da allora ha mantenuto intatta la sua aura di rarità.

Il santuario include una piccola statua di lama, circondata da dipinti, bronzi dorati e offerte decorative. Molti oggetti hanno perso la disposizione originaria, altri sono andati dispersi. I tre rotoli, ancora avvolti e sigillati, rappresentavano uno dei nodi irrisolti per comprendere meglio il contesto dell’altare.

Inv. #: ID 34310 Santuario mongolo. Credits: © Staatliche Museen zu Berlin, Museo Etnologico.

Per evitarne danni irreparabili, i ricercatori hanno applicato la tomografia a raggi X, combinata con ricostruzioni 3D e strumenti di intelligenza artificiale. I risultati, pubblicati nel numero di luglio-agosto 2025 del Journal of Cultural Heritage, mostrano che i rotoli, pur misurando appena 1,8 per 5 centimetri da chiusi, una volta “srotolati” raggiungono lunghezze di 30, 50 e oltre 80 centimetri.

Un dettaglio inatteso riguarda l’inchiostro: non la miscela di fuliggine e colla animale tipica della tradizione cinese, ma un pigmento arricchito con particelle metalliche, che hanno consentito di identificarlo più facilmente nelle scansioni radiografiche. “È un dato sorprendente e apre a nuove ricerche sulla provenienza e sulle tecniche utilizzate”, ha spiegato la restauratrice Birgit Kantzenbach in una nota.

Sezione trasversale ricostruita del rotolo, con tracce di metallo contenenti inchiostro che appaiono di colore chiaro, mentre la carta è grigia e l’aria è scura.Credits: © DOI: 10.1016/j.culher.2025.06.009.

Un’altra scoperta riguarda i contenuti: i ricercatori hanno individuato caratteri tibetani, ma il testo è in sanscrito, un intreccio linguistico che richiederà ulteriori indagini. Da una prima traduzione è emersa la formula “Om mani padme hum”, uno dei mantra più diffusi del buddhismo tibetano, invocazione universale alla compassione. La decifrazione è solo agli inizi. “Solo quando riusciremo a visualizzare più sezioni e ad avere accesso a testi più ampi, sarà possibile ottenere nuove informazioni attraverso l’analisi testuale”, si legge nello studio.

Il mantra “Om mani padme hum” appare sulla striscia srotolata. Credits: © DOI: 10.1016/j.culher.2025.06.009

Questa ricerca si inserisce nel progetto pluriennale di restauro del santuario tibetano, che l’Ethnologisches Museum porta avanti da oltre un decennio. Nel 2023 la stessa Kantzenbach si è recata in Mongolia per confrontarsi con musei e specialisti locali, con l’obiettivo di ottenere una comprensione “plurivocale” degli oggetti e del loro significato. Le sue indagini hanno contribuito alla mostra “Conservation in Dialogue”, allestita al Humboldt Forum di Berlino, dove il santuario è attualmente esposto.

“Il restauro può essere molto creativo”, ha affermato Kantzenbach in un episodio del podcast Going Against the Grain. “Utilizziamo materiali inerti e diverse tecnologie, dalla tomografia ai raggi X. L’importante è non arrecare danno all’oggetto, né dal punto di vista materiale né da quello simbolico, e confrontarci sempre con chi sente una vicinanza particolare a questi reperti”.

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