
Oltre 110 opere provenienti da musei e collezioni internazionali per la prima grande retrospettiva italiana di Bice Lazzari
C’è un filo sottile, teso e vibrante, che attraversa l’intero percorso artistico di Bice Lazzari. Un segno che diventa ritmo, una scrittura visiva capace di trasformare il silenzio in musica e la geometria in emozione. Dal 16 ottobre al 7 gennaio 2026, Palazzo Citterio a Milano dedica all’artista veneziana la sua prima grande retrospettiva italiana: Bice Lazzari. I linguaggi del suo tempo.
Curata da Renato Miracco, la mostra riunisce oltre 110 opere provenienti da musei e collezioni internazionali – dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma alla Guggenheim di New York, da Ca’ Pesaro a Yale University – per raccontare l’evoluzione di un linguaggio che ha attraversato tutto il Novecento restando sempre fedele a se stesso: rigoroso, poetico, essenziale.

Dalle prime esperienze nell’arte applicata e nel design tessile (anche grazie alla collaborazione con Gio Ponti) fino ai lavori estremamente sintetici degli anni Settanta, la pittura di Lazzari si muove come una partitura. Ogni linea, ogni variazione di colore diventa un atto di libertà, una risposta alla rigidità delle convenzioni estetiche e sociali.
Astrazione colta e visionaria
“Il femminismo di Bice, malgrado la sua intenzione di nasconderlo, si esplicitava nella pratica quotidiana”, scriveva Simona Weller. Una definizione che restituisce bene la forza discreta di un’artista capace di imporsi in un mondo che lasciava poco spazio alle donne. Non a caso, Lea Vergine la incluse nella celebre mostra L’altra metà dell’avanguardia, riconoscendole un ruolo pionieristico nel dare voce a un’astrazione “al femminile” colta e visionaria.
“Nella storia dell’arte esistono figure, magari poco note, che sono di sostanziale importanza per l’evoluzione e le connessioni stabilite”, ha scritto Miracco. “Nell’arte italiana una di queste è sicuramente Bice Lazzari, riconosciuta paradossalmente più a livello internazionale che nazionale. Non a caso Lazzari, proprio per la sua personalissima ricerca in direzione dell’astrattismo, fu l’unica donna inclusa nella mostra ‘Kandinsky e l’avventura astratta’ realizzata nel 2003 dalla Peggy Guggenheim Collection di Venezia”.
Dopo i successi internazionali degli ultimi anni – The Poetry of Mark Making alla Phillips Collection di Washington (2021) e Modernist Pioneer alla Estorick Collection di Londra (2022) – l’Italia torna ad accogliere una figura che ha saputo reinventare il linguaggio dell’astrazione con una voce intima, solitaria e modernissima.

















