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(Non) smetto quando voglio. Anna Scalfi Eghenter da Pinksummer

Anna Scalfi Eghenter - Collectors anonymous . installation view - courtesy l'artista e Pinksummer
Anna Scalfi Eghenter – Collectors anonymous . installation view – courtesy l’artista e Pinksummer
Storie di ordinaria dipendenza a Genova, dove si sono riuniti i “Collectors anonymous” di Scalfi Eghenter. Persone che provano a smettere di collezionare arte contemporanea, diventando arte contemporanea

Cinque persone sedute in circolo, con la maschera antigas sul viso, a confessare – e cercare di debellare – una dipendenza: la dipendenza dal collezionare arte contemporanea. È da quando quei cinque collezionisti anonimi hanno iniziato a confessarsi che Collectors anonymous, di Anna Scalfi Eghenter (Trento, 1965), ha ufficialmente preso inizio da Pinksummer. E anche forma, ma a questa ci si arriva più avanti.

Anna Scalfi Eghenter – Collectors anonymous . installation view – courtesy l’artista e Pinksummer

Che poi non sarebbe sbagliato parlare di performance, se non fosse il concetto stesso di “opera performativa” a essere restrittivo di fronte alla libertà dei nostri collezionisti. Loro non performano, loro sono, hanno scelto di sedersi e scelto ognuno la maschera giusta per sé tra tutte quelle appese al muro. E, consapevolmente o meno, hanno scelto anche di passare dal collezionare opere d’arte a essere opera d’arte. Gran bel paradosso diranno i nostri lettori, ma nemmeno il più eclatante di questo progetto, in cui un’artista sfrutta il proprio status all’interno del sistema dell’arte per attaccare quest’ultimo dall’interno. Un attacco che sposta l’interesse da logiche di guerriglia a quelle di riflessione, attuato mettendo in discussione una figura cardine come quella del collezionista. Figura che, nello stesso sistema, ha acquisito status e potere certo non minori rispetto a quelli dell’artista. Anche se, spoiler, i collezionisti sono ossi duri.

Tra loro c’è chi colleziona arte contemporanea per reazione alla madre, amante dell’arte moderna; chi solo perché ritiene un’opera bella e chi non ha mai pensato di smettere, perché considera l’atto del collezionare arte contemporanea una sua caratteristica. Dal personale a considerazioni di carattere più generale, c’è chi dice che «L’opera parla da sola», aggiungendo «Certe volte l’artista quando la spiega, la spiega male». Sulla stessa scia ce n’è anche per i comunicati stampa, che raccontano a modo loro mostre da cui poi esci e «Hai visto cose che hai visto solo tu». Altro dato interessantissimo da riportare, anche perché quelle che si trovano in sedi museali su questo dicono ben poco, è il valore privato o pubblico di una collezione: la maggioranza pende verso il primo, laddove il secondo è visto perlopiù come una «Ripercussione». Buono a sapersi.

Anna Scalfi Eghenter – Collectors anonymous . installation view – courtesy l’artista e Pinksummer

La mezz’ora circa di domande e risposte non avrà fatto desistere i nostri cinque dal collezionare arte contemporanea (una cosa l’abbiamo capita: col collezionismo non vale lo “smetto quando voglio”). Tuttavia, filtrata dalle orecchie di Scalfi Eghenter, avrà un’altra funzione utile: ricordarci che le parole hanno un peso. Non abbiamo ancora parlato della saletta infatti, dove l’artista ha posizionato cartoni sagomati («Si vede che è stata allieva di Luciano Fabro» puntualizza Antonella Berruti di
Pinksummer) che sostituirà con lapidi di marmo, su cui saranno riportate frasi selezionate da questa seduta. Lapide che non è certo una scelta, ma la scelta, quella cosciente di un’artista che ha deciso di tramandare con solennità quelle frasi. L’archetipo è a metro zero e sono le storiche lapidi genovesi, appese appena fuori dalla sede della galleria.

Anna Scalfi Eghenter – Collectors anonymous . installation view – courtesy l’artista e Pinksummer

All’inizio erano cinque persone in circolo. Alla fine quel circolo è l’immagine plastica di un attacco a mezzo tautologia, dove l’arte genera sé stessa, dall’interno del suo stesso sistema grazie a quei collezionisti, prima componente fisica e poi verbale dell’opera. A microfoni spenti, Scalfi Eghenter è apparsa più che soddisfatta di quanto sentito (e registrato). Effettivamente i collezionisti anonimi hanno sorpreso anche noi. Ora aspettiamo solo di leggere.

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