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Il Museum di George Lucas che ancora non apre: un progetto stellare, e molta guerra interna

Il progetto del Lucas Museum. Photo: Getty Images.
Il progetto del Lucas Museum. Photo: Getty Images.
Il mega museo da un miliardo di dollari di George Lucas tra licenziamenti e defezioni. L’ultima a lasciare è la curatrice capo, Pilar Tompkins Rivas

A meno di un anno dalla data di apertura, prevista per settembre 2026, il Lucas Museum of Narrative Art di Los Angeles naviga in acque agitate. L’ultima defezione è quella di Pilar Tompkins Rivas, Chief Curator e Deputy Director of Curatorial and Collections, che ha lasciato il museo dopo cinque anni di lavoro preparatorio. Un comunicato dell’istituzione, senza fornire spiegazioni, ha annunciato di non avere “piani immediati” per sostituirla, specificando che la direzione curatoriale rimarrà saldamente nelle mani del fondatore, George Lucas.

La partenza della Rivas è solo l’ultimo capitolo di una serie di crisi di organico che hanno segnato il percorso del mastodontico progetto da un miliardo di dollari, annunciato nel 2017 dal celebre regista di Guerre Stellari e da sua moglie, l’investitrice Mellody Hobson. Già a marzo, la direttrice e CEO Sandra Jackson-Dumont aveva rassegnato le dimissioni. La motivazione ufficiale parlava di un “nuovo disegno organizzativo” che avrebbe scisso il ruolo in due: Lucas alla guida dei contenuti e Jim Gianopulos, ex capo di Paramount e 20th Century Fox, come CEO ad interim. A distanza di nove mesi, Gianopulos è ancora in sella, e la ricerca di una figura stabile per la direzione esecutiva sembra arenata.

La situazione è peggiorata a maggio, quando il museo ha licenziato 15 dipendenti a tempo pieno, molti dei quali impiegati nei settori educativi e della programmazione pubblica, insieme ad altri 7 part-time. Dipendenti che hanno parlato in anonimo con il Los Angeles Times per timore di ritorsioni hanno descritto la scena dei licenziamenti come “scioccante e caotica”, dipingendo un quadro di instabilità interna. Le perdite di competenze risalgono anche al 2022, quando il museo ha visto la fuga di Amanda Hunt, direttrice dei programmi pubblici, passata al Walker Art Center di Minneapolis, e del curatore-at-large Dan Nadel, specialista in stampe e disegni, ora entrato allo Whitney Museum di New York.

Questo stillicidio di defezioni e tagli arriva paradossalmente a ridosso di una notizia positiva: lo scorso novembre, il museo ha finalmente fissato una data di apertura dopo anni di ritardi. I lavori per l’avveniristico edificio progettato da Ma Yansong erano iniziati nel 2018 all’Exposition Park di Los Angeles. La pandemia aveva già costretto a rinviare il completamento, inizialmente previsto per il 2021, e nel 2022 ulteriori problemi nella catena di approvvigionamento globale avevano spostato l’obiettivo al 2025. L’attuale data del 2026 rappresenta dunque l’ultima tappa di un percorso costellato di intoppi.

La visione di Lucas per il museo è ambiziosa: creare un “tempio dell’arte popolare” dedicato alla narrazione visiva, con una collezione di 40.000 opere (si, avete letto bene!) che spaziano dai fumetti di Jack Kirby ai dipinti di Frida Kahlo, dalle fotografie di Dorothea Lange ai memorabilia cinematografici dello stesso Lucas. Tuttavia, mentre l’edificio-fortezza prende forma, le fondamenta del suo team sembrano mostrare crepe preoccupanti. La sfida ora non è solo inaugurare un tempio dello storytelling, ma anche raccontare una storia di coesione e visione condivisa, elementi che, allo stato attuale, appaiono più fragili del previsto. L’apertura del 2026 si prospetta così come un traguardo cruciale non solo per la cultura di Los Angeles, ma anche come test sulla capacità dell’istituzione di superare le sue turbolenze interne.

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