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Corsa al Colle. Speriamo che (finalmente) si occupi di cultura

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A tirarli fuori tutti, hanno già fatto almeno quaranta nomi per il dopo Napolitano. Ma è una lista dove c’è dentro di tutto, molti papabili veri e altri assolutamente di bandiera, con pochissime – o nessuna – probabilità di raccogliere i voti necessari per salire al Colle.

La presidente della Camera, Laura Boldrini, è una di questi: ma ve li vedete i moderati del Parlamento, anche nelle file del PD, che votano per questa simpatica frichettona che corre alla festa degli animali con il suo gatto Gigibillo e che trova il coraggio di parteggiare per le indifendibili Greta e Vanessa, beccate pure al telefono, come riportato da tutti i giornali, mentre chiariscono con gli amici in Siria che loro non sono «affatto neutrali», posizione assolutamente inconciliabile con qualsiasi organizzazione di volontariato?

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Laura Boldrini

Ma tra le possibilità zero, noi ci vediamo anche Milena Gabanelli, giornalista d’assalto, che proprio per questo colleziona più nemici che voti, soprattutto in una casta, quella dei parlamentari, che ha costruito il suo potere sullo scambio di favori. E poi Antonio Martino, Gino Strada, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelski, Gian Carlo Caselli, tutti troppo schierati, per avere il consenso del patto del Nazareno, ma anche dei deputati che fanno capo a D’Alema, – 51 ufficialmente, un centinaio ufficiosamente – che saranno pronti, alla resa dei conti, ad appoggiare sottobanco qualsiasi candidato “sgradito” a Renzi, ma con serie possibilità di successo, tipo uno che potrebbe piacere solo – o soprattutto – a Berlusconi.

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Milena Gabanelli

Proprio per questo motivo depennerei dalla lista dei papabili Romano Prodi, nonostante i salamelecchi della vigilia, e con l’ex cavaliere che è arrivato persino a dire che lui sarebbe pronto a votarlo – se fosse vero si suiciderebbe un secondo dopo… -, che appartengono tanto a quella fase di bon ton che precede la rissa.

Poi ci sono i tecnici: da Padoan a Visco, presidente di Bankitalia, fino a Draghi. Per fortuna, Draghi ha già detto di no: guai se lasciassimo la Bce a Berlino, sarebbe meglio restasse lì per lungo tempo ancora a pararci il didietro dalle mire e dalla severità tedesche. In ogni caso, questo Parlamento non voterebbe mai né per lui e né per gli altri tecnici: sono troppo seri.

Alla fine restano i veri candidati, che si contano sulle dita di una mano, e che stanno tutti dentro al mare magnum della palude, dove sopravvivono i grandi professionisti della politica, quelli che navigano da sempre con qualsiasi corrente, raccontando tutto e il contrario di tutto con la stessa, impareggiabile faccia tosta, che hanno fatto dei favori e dei «ma anche» la loro filosofia di vita, veleggiando sempre per non scontentar nessuno.

Giuliano Amato che raccoglie pensioni da nababbo di tutti i tipi è stato capace di parlare molto seriamente contro le pensioni d’oro. Walter Veltroni, che aveva promesso più volte pubblicamente di andare in Africa perché lui non era – testuale: – «attaccato alla poltrona e alla politica», rispunta da ogni parte, per qualsiasi scranno, sempre da noi, sempre da Roma e dintorni.

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Giuliano Amato

 

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Walter Veltroni

Loro fanno parte di quella cinquina, compreso l’outsider ancora nascosto, che rappresenta la lista dei veri papabili al Colle: Amato e Veltroni, appunto, e poi Pierferdinando Casini e Anna Finocchiaro. Di questi, tutti i giornali danno Giuliano Amato in pole position, e anche nettamente, perché avrebbe il gradimento americano, oltre a quello, dichiarato, di Berlusconi.

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Pierferdinando Casini

Bisogna vedere se convince Renzi (dicono di no), ma ci si può lavorare. Il nocciolo della questione è semplicissimo: il prossimo Presidente della Repubblica dovrà raccogliere i voti del centrodestra e del centrosinistra, levando i mal di pancia del Pd, che non mancheranno di certo.

Per questo noi non crediamo che sia proprio Amato il vero papabile dell’accordo: su di lui s’è già levato un vero e proprio fuoco di fila, guidato soprattutto dal Fatto Quotidiano, e da quel che ci risulta – lo ripetiamo -, Matteo Renzi non pare così entusiasta.

E poi è sempre così, quello che parte in prima fila davanti a tutti corre più rischi degli altri di beccarsi le pallottole.

Noi, dovessimo scegliere in questa ristretta lista di nomi, alla fine preferiremmo Walter Veltroni e non solo perchè ci sembra sinceramente il meno peggio: nonostante tutti i suoi infiniti e ridicoli «ma anche» per non scontentar nessuno, almeno è un uomo di cultura e il nostro Paese ha tanto, ma tanto bisogno di qualcuno che difenda il nostro immenso patrimonio artistico, che è la ricchezza più grande che abbiamo, e che si arrabbi se qualche impresentabile ministro arriva a dire che «con la cultura non si mangia», ricordandogli che invece proprio quella potrebbe essere la nostra salvezza. Veltroni, di tutti questi, è l’unico che ci offre qualche garanzia.

Ma la verità, temiamo, è un’altra. Di questi candidati, ce n’è uno che sta in seconda fila, ma che in verità è vero favorito e il più gradito non solo da Berlusconi, ma pure da Salvini, che l’ha dichiarato pubblicamente: «La Lega è pronta a votarla». Guarda caso, per noi, è il peggiore di tutti: Anna Finocchiaro

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Anna Finocchiaro

 

La prima cosa che ci chiediamo è perché la destra in Italia debba sempre subire il fascino dei personaggi più impresentabili. Un motivo ci sarà.

Anna Finocchiaro è il simbolo della casta, trasversale a qualsiasi fronte, sfacciata al punto da andare con la scorta a fare le spese all’Ikea o di insabbiare o paludare qualsiasi legge. E’ lei che governa l’Italicum, per riformare il voto, e che naturalmente lo rinvia sine die, forse per fare un piacere a qualcuno e un ricatto a qualcun’altro. Indovinate chi?

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