Riproduzione, lacerazione, creazione. Massimiliano Gioni mette sul lettino la madre e il suo “grande” archetipo per analizzarla. Psicoanalizzarla, espositivamente o meno. Stende la “fecondatrice” sul tavolo per sezionarla, dissezionarla. Porla sul piatto-piano nobile di Palazzo Reale di Milano per 2 mila metri quadrati. Zero zucchero, zero retorica. Zero immagini stereotipate e cliché, siano muse o femme fatale. L’enciclopedica Madre di Gioni si sviscera schietta schietta tra la “sorellanza delle arti” del Novecento, schiantando la melassa tenero-cullesca ordinaria, lasciando affiorare prepotentemente fratture, tensioni, desideri e destini biologici materni. Conflitti cosmici fecondi e abissi inconsci repressi, immersi ed emersi tra gli scontri del secolo scorso, filtrati attraverso il dramma di un’intera epoca in perpetua lotta tra emancipazione e tradizione.
29 infinite sale tessono una fitta trama simbolica che penetra la figura materna mettendola piano piano a nudo, letteralmente o meno: “macchine celibi” e suffraggette, idrauliche della libido e surrogati della maternità. La prima donna regista, la prima fotografa, le grandi o meno grandi artiste e perfomer. C’è la fata dei cavoli che raccoglie bimbi sotto i “cappucci” da una parte, mentre dall’altro capo della mostra si spalanca la porta “vaginica” della Lei Cattedrale di Niki de Saint Phalle, coloratamente distesa gambe aperte. In scala ridotta, attenzione: non ci si entra ad esplorarne i meravigliosi interni “sogni del ritorno”. La donna e il suo corpo: frammentazione, dissociazione e pressione sociale che ruotano attorno alla sua figura, divenuta soggetto – e non più solo oggetto – della rappresentazione. Iconografia muliebre e materna che si perde e scade nella freudiana plastilina cinematografica della Djurberg, e acquisisce lampi di senso nello svolgersi della Lista dalla nascita alla morte di Mullican, espansa nel “ceppo addormentato” di legno per terra… Sleeping Child.
Palazzo Reale di Milano accoglie così l’ultima performance dell’osannato Gioni da Busto Arsizio, disceso nel capoluogo lombardo a sfoggiare archetipi junghiani (e fratture connesse) in un mix cronologico-tematico in crescendo. Sale di ampio respiro uscite a puntino, accanto a stanze affastellate d’illustrazioni e oggettistica pseudo-artistica da togliere il fiato, nel senso negativo di claustrofobia. Un’ampia gamma di genitali (appollaiati e succhiati) inutili, correlata a movenze erotomani superflue, che rimbalzano gli sguardi interroganti dagli angoli più bassi e più in basso, fin su ai soffitti dove dominano affreschi di videoarte ritagliata negli stucchi neoclassici del palazzo (in questo caso la Madre Terra elettronica e carnale di Pipilotti Rist). Tensioni dinamiche e dinamiche forze, intersoggettive e intrasoggettive, come quelle di Benedetta Cappa non ancora Marinetti, ma solo “Benedetta fra le donne, parolibera futurista” col suo moto-scafo ondoso.
Un mattone (non in senso negativo) di 400 opere con picchi di noia e di senso che riesce nel suo intento: fare prepotentemente “riflettere” su rappresentazione e condizione della Grande Madre novecentesca e “collettiva”. Riflessioni che si aprono da tutte le pareti e si specchiano, come finestre e palloncini, nelle metalliche membra della Venere inossidabile di Koons a metà dell’opera. Gonfiabile e cromata post-umana Eva Futura stagliatisi davanti al biasimevole site specific casto-creativo acqueo di Marisa Merz. Presenza fisica notevole quanto i passeggini legati evocanti di Nari Ward appena prima o le quotidiane performance di Roman Ondák ai piedi del Padre patria gigantesco e minaccioso di Thomas Schutte appena dopo: primi passi live di figlio verso madre con abbraccio finale obbligatorio quando il primo schianta il suo incedere nella mamma (solo figli maschi mi raccomando per Teaching to Walk perché il buon Ondák non vuole bambine…). Tra le “installazioni” più significative delle raccolta.
Obiettivo curatoriale “nascita come apertura del mondo” centrato in pieno. Più che una mostra un’esperienza. Utilissima bibbietta iniziale per districarsi nel percorso. Didascalie da ricovero coatto. Visione enciclopedica, narrazione espositiva complessa e calzante ma non sempre precisa, a tratti pedante. La Grande Madre di Massimiliano Gioni a Palazzo Reale di Milano fino al 15 novembre 2015.
La Grande Madre in bianco e nero. Scatti d’artista inquadrano la mostra
(Foto di Sofia Bersanelli)
“Come donna, non ho una patria. Come donna, non voglio una patria. Come donna, la mia patria è il mondo intero” (Virginia Woolf)
“Quando la donna parla, dà un nome alla sua oppressione”
(Martha Rosler)
“Io non sono ciò che sono. Sono ciò che faccio con le mie mani”
(Louise Bourgeois)
Al modello ormai abusato di una storia dell’arte descritta come conflitto tra padri e figli è tempo forse di sostituire una narrazione trasversale, costruita su affinità elettive e legami affettivi, simpatie stabilite a distanza, alleanze tra pari: una storia dell’arte in cui si possa essere madri e sorelle e non solo padri e padroni
“Dimentica di vivere in casa, che tu possa vivere in te stessa”
(Mina Loy)
“La Terra è mia amica
anche la luna sua serva
così ci incontriamo in fondo alle nostre caverne”
(Valentine Penrose)
“(…) Guardarsi gli occhi allo specchio
Il pavimento su cui sta in piedi
Pensare a suo marito
Guardarsi allo specchio
Pensare alla sua morte
La sua morte”
(Matt Mullican)
“Nemmeno mio figlio è stato capace di trattenermi”
(Emmy Hennings)
La Grande Madre in bianco e nero. Scatti d’artista immortalano la performance di Roman Ondák
– Teaching to Walk –
(Foto: Sofia Bersanelli)
Testo: © Luca Zuccala (grazie a Sofia Bersanelli per le foto “eccezionali”)
INFORMAZIONI UTILI
A cura di Massimiliano Gioni
Palazzo Reale Piazza Duomo 12 – 20121
Milano 26 agosto – 15 novembre 2015
lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
biglietti
intero 8 €
ridotto 5 €
Fondazione Nicola Trussardi
Piazza Duse 4 – 20122 Milano
T. +39 02 8068821 – info@fondazionenicolatrussardi.com
www.fondazionenicolatrussardi.itpromossa da Comune di Milano Cultura
ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi
insieme a Palazzo Reale per Expo in Città 2015