Marguerite e Julien, tra Amour fou e favola tragica, il nuovo film di un film di Valérie Donzelli.
Francia 1600, Marguerite (Anaïs Demoustier) e Julien (Jérémie Elkaïm) sono due fratelli figli dei coniugi de Ravalet, signori di Tourlaville, che sin da l’infanzia si amano teneramente. Crescendo il loro affetto inizia a trasformarsi in una irrefrenabile passione di un amore folle e inaccettabile per le logiche del tempo, impossibilitato ad avere altro destino se non una tragica fine.
Cercando di gestire la situazione i genitori cercheranno infatti di dividerli, programmando per Julien un percorso di studi che lo porterà a visitare le principali capitali europee e iniziando a cercare un possibile marito per Marguerite. Ormai adulti i due ragazzi si ritrovano nuovamente sotto lo stesso tetto, non sono più dei ragazzini ma i sentimenti reciproci sono immutati. I due decidono così di fuggire nella speranza di poter vivere liberi il loro amore ma vengono braccati dalla polizia francese, che vorrebbe trascinarli in tribunale con l’accusa di incesto. La storia narra che Marguerite e Julien in un primo momento era stato pensato per essere un lungometraggio realizzato Francois Truffaut, il quale era interessato a realizzare un film ispirato a una storia vera di origini seicentesche, lo scandaloso amore tra un fratello e una sorella perseguitati dai pregiudizi e dalle leggi della società del proprio tempo.
Se la scabrosità del tema (eravamo nel pieno degli anni Settanta) aveva forse suggerito al maestro della Nouvelle Vague di dedicarsi ad altro, è possibile che sia stata proprio la medesima motivazione a spingere di Valérie Donzelli a realizzarne una versione cinematografica, la quale da sempre dichiara di trarre continuamente ispirazione dall’opera di Truffaut.
In Marguerite e Julien (presentato al Sicilia Queer FilmFest) la regista de La guerra è dichiarata ci sorprende con una fiaba immortale sull’amore impossibile, l’appassionante avventura di due amanti sospesi tra scandalo e sentimento. ed chiaro che la storia d’amore tra due fratelli sia in realtà un pretesto preso ad esempio per denunciare l’intolleranza che ancora adesso la moderna società borghese esercita nei confronti delle diversità sessuali e più genericamente negli individui con comportamenti e relazioni che facilmente vengono considerati al di fuori della normalità e del vivere comune. Il tema scottante è trattato con la libertà espressiva che da sempre caratterizza la produzione della Donzelli, chi ha amato La Guerra è dichiarata non potrà non ricordare lo stile neo-pop pieno di colori, musiche, esplosioni nel mettere in scena la vera storia della malattia del figlioletto appena nato. In Marguerit e Julien questo stile ambizioso sopravvive, agendo per anacronismi formali, come il cartello iniziale “once upon a time” seguito da un elicottero, mentre una narratrice narra la storia dei due amanti impossibili alle bambine di un orfanotrofio, cedendo però il passo ai richiami della Nouvelle Vague e agli amour fou che tanto erano cari a Truffaut, numerosi sono infatti i richiami alla filmografia del passato, da Adele H a citazioni di Jacques Demy e Jean Cocteau.
La nuova opera della Donzelli gioca dunque tra diverse forme di racconto, cercando di far emergere interpretazioni trasversali, anche se troppo spesso queste vengono forzate fino al paradosso. Buona la prova generale del cast sul quale spicca un raffinato e bravo Jérémie Elkaïm, ivi ringiovanito per l’occasione.