Ma Ma – Tutto andrà bene, al cinema la nuova scommessa di Penelope Cruz.
Dopo la partecipazione al Toronto International Film Festival nel 2015 e la recente anteprima nazionale alla dodicesima edizione di Biografilm Festival, il regista spagnolo Julio Médem (Tierra, 1996; Lucia y el sexo, 2001) approda nelle sale italiane con Ma Ma – Tutto andrà bene, un film intenso e commuovente, distribuito nel nostro Paese da I Wonder Pictures.
Protagonista del film è Penelope Cruz, produttrice in prima linea della pellicola e amica del regista, con cui – come confermato dallo stesso Médem in occasione della presentazione bolognese – riesce a lavorare dopo anni di inseguimenti reciproci, ad un progetto cui l’attrice si è dichiarata fin da subito molto affezionata.
>> Magda è una giovane madre coraggiosa e risoluta che si trova ad affrontare una delle sfide più difficili quando le viene diagnosticato un tumore al seno. Recentemente abbandonata dal marito, può però contare sull’affetto di Arturo, talent-scout del Real Madrid conosciuto per caso proprio nel giorno in cui le hanno comunicato la diagnosi. Il legame tra i due si rafforza sempre più e, proprio quando la salute di lei sembra peggiorare irrimediabilmente, si accende una luce di speranza nella meravigliosa occasione di una nuova maternità.
Per delineare l’obiettivo comunicativo del regista (autore anche della sceneggiatura) si potrebbero indicare due concetti chiave semplici, forse banali: gli elementi centrali dell’intero percorso drammatico sono infatti la vita e l’amore. La vita che va, la vita che viene, l’amore materno, la passione travolgente.
Ma Ma, sulla carta, è un film potenzialmente banale, salvato in corner da un colpo di scena effettivamente originale – ma non certo sconvolgente. Al contrario, l’elemento di maggior interesse è la messa in scena del materiale narrativo, illustrato in modo originale e in grado di tenere aperti gli occhi dei cinéphiles più infervorati.
Julio Médem sceglie di seguire una linea di rappresentazione simbolista rischiosa: che siano un cuore che batte, una bambina che nuota o un granchio sulla spiaggia, l’impressione è che il valore metaforico di molte sequenze (così come di alcune singole scene) cerchi di restituire il film a una dimensione culturalmente elevata, provando a costruire un’aura di giustificazione profonda (forse intellettualistica?) la cui principale conseguenza porta a riconoscere al suo autore un’indiscutibile originalità estetica. Originalità che tuttavia, a prodotto finito, non restituisce l’intento catartico per cui sembra confezionata: la continua insistenza su elementi metaforici – in primis, quella miniatura della scultura di Amore e Psiche sullo sfondo del salotto – diventa al contrario grottesca, impacciata, portando lo stesso cinéphile a un sorriso di scherno piuttosto che a un occhiolino di complicità.
La vera punta di diamante di Ma Ma è l‘interpretazione della sua protagonista, una delle attrici più stimate e riconosciute della sua generazione, che dopo un film come The Counselor (Ridley Scott, 2013) torna al cinema d’autore d’impronta europea con una facilità e un entusiasmo impressionanti (ricordiamoci che sarà sempre figlia d’arte di Almodóvar).
Penelope Cruz non si limita ad animare il suo personaggio, ma riesce a dare a Magda una forza vitale indistruttibile, carica contemporaneamente di positività e consapevolezza, in un crescendo continuo di saggezza, rendendo ancora più amari i momenti in cui viene messa faccia a faccia con le proprie disgrazie.“Ho conosciuto molte donne che stavano affrontando la malattia e che hanno deciso di condividere con me la loro storia – ha dichiarato l’attrice; – Molte di loro erano madri e mi hanno confessato le loro paure più profonde. […] Quelle donne mi hanno mostrato le loro cicatrici. Questo film è per loro. E nonostante la presenza di alcuni momenti molto tristi, toccanti e crudi che parlano della malattia, in realtà questi non suscitano nello spettatore sentimenti di depressione: questa storia ti lascia con il desiderio impellente di andare a casa dalla tua famiglia, abbracciare i tuoi cari e dire loro quanto li ami”.
>> A livello emotivo, Ma Ma potrebbe essere ironicamente definito quasi un disaster movie: il singhiozzo è solleticato fin dalla prima sequenza e la vagheggiata dimensione onirica – triste frutto di un esperimento in sala di montaggio – contribuisce alla sua silenziosa ufficializzazione; per non parlare delle sequenze musicali, interpretate da uno dei personaggi interni alla narrazione, evidente occasione per pizzicare il cuore del pubblico grazie a una sonorità mediterranea e alla potenza del canto a cappella.
Sarebbe però ingiusto squalificare Ma Ma senza soluzione d’appello: è un film che fa piangere e lo spettatore lo sa. La vera discriminante è che, rispetto a molti esperimenti simili, Médem sceglie una strada di pretese autoriali che tuttavia, invece di porsi come innovazione estetica, al contrario ridicolizzano il pacchetto finale. All’uscita dalla sala, il risultato è un volto commosso che purtroppo non può fare a meno di riconoscere all’opera un senso di approssimazione fastidioso e imperdonabile.