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Forte dei Marmi a cielo aperto tra luce, materia, suono, colore. La scultura al centro

Gustavo Aceves per Made in Forte Gustavo Aceves per Made in Forte
Gustavo Aceves per Made in Forte
Gustavo Aceves per Made in Forte

Cala la sera. Si alza la brezza. L’aria solfeggia sul pontile vibrando nelle canne parallelepipede di acciaio galvanizzato. Argentee con sfumature liquide arcobaleno. Perfettamente accordate. Suona l’arpa di Matteo Nasini (1976) in punta al mare. Cromie e forme sonore che interagiscono con l’ambiente circostante. Panarmonico: corde rosse tese, note che segnano l’inizio (o la fine) di un percorso che dal centro di Forte dei Marmi (tras)porta in riva al mare e al pontile dello struscio cittadino. Made in Forte 1.0: una città, nove artisti, due curatori, Beatrice Audrito e Davide Sarchioni. Più un anno di lavoro. Risultato: sculture a cielo aperto per le vie del centro, da oggi fino all’inizio dell’estate (31 maggio), toccando i periodi caldi della pre-stagione versiliese (weekend, Carnevale, Pasqua e 25 aprile). Lavorare sul territorio per risvegliare le sensibilità sopite del posto, geneticamente affette dalla monumentalità scultorea tramandata nei secoli dalla Luna dei Monti più sopra. Dare vita a un progetto culturale di rilievo al pari delle limitrofe Massa, Carrara e soprattutto Pietrasanta. Iperattiva fucina artistica dagli anche spettacolari quanto scarsi risultati, vedi l’ultima performance in salsa surrealista di resuscitati Elefanti spaziali daliniani.

Matteo Nasini per Made in Forte
Matteo Nasini per Made in Forte

Segni urbani indicano un percorso. Si diramano “percorsi d’arte e di luce” (diurno/notturno) per la città, sculture poste e riposte per essere illuminate. Mentre l’arpa risuona al mare in tutta la sua levità, al principio della passerella, sull’acqua, rotolano e nitriscono teste di cavallo con corolle di teschi e numeri marchiati a fuoco come lapidi. Segni di morte. Imbizzarriti, come guidassero un carro dagli Inferi su verso le Apuane arenandosi -per ora- tra resine, bronzo e sabbia fusa in frammenti bestiali. Gravosità in antitesi alle arie del pontile. Scenografici in tutta la loro imponenza si spiaggiano sulla riva. Facile preda di selfie e foto di gruppo. Biglietto da visita della manifestazione per l’impatto e la qualità dell’operare di Gustavo Aceves (1957), pittore messicano prestato alla scultura, creatore di un tour di sculture che hanno fatto il giro del mondo, Lapidarium, sul tema della migrazione. Stesso discorso (di pittura prestata alla scultura) che vale per Thomas Lange (1957) e le sue Bagnanti, sculturine femminili colanti tormentate tra le due vasche.

Thomas Lange per Made in Forte
Thomas Lange per Made in Forte

Passaggio d’obbligo alle simmetriche fontane dove l’acqua zampilla quasi a interagire con le resine che colano dalle (e sulle) forme classiche. Tormentate, poggiate precariamente ai bordi delle vasche in maniera disomogenea per castrare qualsiasi eco celebrativo. L’acqua-colore scioglie i tormenti imprigionati nella ceramica smaltata segnando i corpi straziati come provenissero dalle fontanelle a fianco. Veneri contemporanee dalla pelle lucida e deforme. Come il marmo Versilys delicatamente grigio preso a pugni da Helidon Xhixha (1970) all’ombra dei pini marittimi. Se già una deformazione professionale dello scultore albanese -in marmo di Carrara- presenzia all’ombra del Fortino poco più avanti, il marmo “della Versilia”, striato e apparentemente più malleabile, lascia confluire profondità e stropicciamento calcato su tutta la superficie. Due materie simili dalla resa diversa, a confronto. Dentro il Forte settecentesco i Rifugi di ferro, acqua e luce di Gregorio Botta (1953). Fuori il Fortino: il totem di Caterina Tosoni (1961), legno che accoglie materiale plastico. Spezzata di tronco dove si concentrano e comprimono oggetti di uso quotidiano laccati e mimetizzati per amalgamarsi ai valori cromatici della corteccia, Metamorfosi vegetale. Qualche via più in là, in piazza Dante, griglie elettrosaldate di ferro (opera di Valentina Palazzari, 1975) provano a contorcersi: reti metalliche impreziosite dalla ruggine, in bilico e sospese a pali conficcati nella terra, tentano di lievitare e torcersi in senso antiorario. Flessibili per quanto rigide e stagne nella loro struttura. Ossatura. A volo d’uccello: un’elica danzante. Precisamente: una danza intorno a una mancanza, quella della palma malata abbattuta poco tempo prima dell’installazione del tutto, al centro del tutto. Prima di tornare al suono del mare, un passaggio alle sfaccettate situazioni di alluminio dell’Oracolo di Antonio Barbieri (1985), volto cyber-umano reclinato composto da moduli triangolari che riprendono la pavimentazione su cui poggia, e i Battesimi umani di Oliviero Rainaldi (1956), due mezzobusti in terracotta collocati su altissime stele. Un modo arcaico di amplificare la distanza tra uomo e divino. Sulla terra si torna presto nell’ampia Piazza Marconi che lega queste due ultime opere: l’assemblage luminoso si ramifica sulle fronde marittime, gravitando intorno alla stella al centro. Allestimento di Alberto Bartalini: Poetica costellazione. Di luce. Di scultura.

Xhixha per Made in Forte
Xhixha per Made in Forte
Antonio Barbieri per Made in Forte
Antonio Barbieri per Made in Forte
Gustavo Aceves per Made in Forte
Gustavo Aceves per Made in Forte
Thomas Lange per Made in Forte
Thomas Lange per Made in Forte
Matteo Nasini per Made in Forte
Matteo Nasini per Made in Forte
Caterina Tosoni per Forte dei Marmi
Caterina Tosoni per Forte dei Marmi
Antonio Barbieri per Made in Forte
Antonio Barbieri per Made in Forte
Gustavo Aceves per Made in Forte
Gustavo Aceves per Made in Forte

Tutte le informazioni: http://www.myfortedeimarmi.it/dettagli.aspx?c=35&sc=40&id=311&tbl=eventi

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