Print Friendly and PDF

I migliori film del 2017: la classifica di ArtsLife

I migliori film del 2017: le classifiche di ArtsLifeI migliori film del 2017: le classifiche di ArtsLife

I migliori film del 2017: le classifiche di ArtsLifeI migliori film del 2017: le classifiche di ArtsLife

La classifica di ArtsLife dei migliori film del 2017. Tempo di classifiche e resoconti anche per gli amanti del cinema.

Come di tradizione anche quest’anno la prestigiosa rivista di critica cinematografica francese Cahiers du Cinéma ha pubblicato la classifica dei migliori film del 2017: in cima a questa classifica Twin Peaks di David Lynch.

Anche noi di ArtsLife dopo quelle musicali abbiamo chiamato a raccolta i nostri redattori e chiesto loro di stilare le loro personali classifiche dei migliori film di questo 2017 che sta per concludersi.

Ecco di seguito tutte le nostre classifiche.

SFOGLIA LE GALLERY

Classifica di Lorenzo Peroni

L_infanzia_di_un_capo_the_childhood_of_a_leader
10. L'infanzia di un capo (Brady Corbet). Del 2015, ma uscito in sala nel 2017: un’opera profondamente inquietante (e inquieta) che sotto a un manto di apparente immobilità cela un profondo e strisciante malessere, sorprende eludendo ogni definizione, prestandosi a numerose letture. L’infanzia di un capo è un film simbolista, psicanalitico e sfuggente, ma affilato, come inciso da un bulino.
la la land emma stone ryan gosling
9. La La Land (Damien Chazelle). Magistrale il piano sequenza di quella che un tempo sarebbe stata chiamata “overture”, sulle note di Another Day of Sun. Nella seconda parte il film decolla riuscendo a raggiungere un equilibrio miracoloso tra coinvolgimento emotivo, slancio romantico e perfezione tecnica. Un instant classic.
Billy Lynn - Un giorno da eroe
8. Billy Lynn - Un Giorno da eroe (Ang Lee). Adattamento cinematografico del romanzo di Ben Fountain e con una sfortunata vicenda distributiva. Il film conferma (nuovamente) Ang Lee come grande Maestro della macchina da presa. Un film complesso, magistrale e di rara intelligenza (visiva, formale e contenutistica). Da studiare nelle scuole di cinema. 
moonlight Barry Jenkins
7. Moonlight (Barry Jenkins)Moonlight è la ricognizione di un’adolescenza ferita; si muove tra tematiche violente con estrema delicatezza, con candore quasi. Sul piano visivo è un’opera estremamente ricca e raffinata, in cui i bellissimi toni della fotografia accompagnano l’evoluzione e gli stati emotivi del protagonista.
silence martin scorsese
6. Silence (Martin Scorsese). Silence è un grande viaggio cinematografico destinato a mostrare, agli occhi dello spettatore, il grande orizzonte della propria metà in un tempo che va al di là della durata della pellicola stessa, un’opera che più si spinge lontano nello spazio e nel tempo dei propri confini narrativi più scava in profondità nella coscienza dell’uomo. Un silenzio che non è mai stato così frastornante.
natalie portman jackie kennedy
4. Jackie (Pablo Larrain). Con Jackie Larrain mette in scena un biopic emotivo, il ritratto di una donna tanto famosa quanto poco conosciuta, discreta e imperscrutabile. Il regista cileno costruisce delle storie che sbocciano come in una continua ricerca, scava, analizza, scompone un puzzle fatto di brandelli, ricordi, luoghi, immagini, idee, persone… Per restituire infine allo spettatore un cinema di altissimo livello.
Personal shopper
3. Personal Shopper (Olivier Assayas). Le atmosfere notturne, stralunate e decadenti del film ricordano, non a caso forse, quel limbo sospeso che permea Suspense (The innocents), mirabile adattamento cinematografico del racconto di James presentato a Cannes nel 1962 per la regia di Jack Clayton. È un film di assenze che si rincorrono.
your-name
2. Your Name (Makoto Shinkai). Una sceneggiatura che piacerebbe a Nolan. Il Sol Levante sforna un nuovo capolavoro di animazione, successo incredibile in patria e in tutto il mondo. La ricerca di se stessi attraverso l'incontro con l'altro, una storia d'amore che non sembra trovare il suo nome fino al catartico finale. Un film sorprendente. 
1. Arrival (Denis Villeneuve). Arrival si inserisce alla perfezione nel filone della fantascienza d'autore, aggiornando i temi e l’estetica della fantascienza verso risultati inaspettati. Rielabora una quantità di fonti e citazioni in maniera originale e innovativa, costruendo un’avventura intrisa di intimità e turbamento. Magistrale. 

Classifica di Stefano Monti

okja netflix

10. Okja (Bon Joon-ho) A guadagnarsi il decimo posto fra i film imperdibili di questo intenso (ma forse non troppo interessante) anno cinematografico è il dramma animalista firmato da Netflix. Presentato a Cannes e in competizione per la Palma d’Oro, Okja è un buon film, ma non solo: è un film buono, nel senso più emotivo del termine. Buono, ma non buonista; sentimentale, ma non sentimentalista. Tilda Swinton (il post-umano per eccellenza) si sdoppia, ma la vera star è il supermaiale, simbolo – non troppo arzigogolato – di una denuncia al consumismo multinazionale che ci conduce senza esitazione al “risveglio della forza”… vegana.

9. Ammore e malavita (Manetti Bros) But nothing can compare like to be robbed in Scampia! Presentato all’ultima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, il musical napoletano dei Manetti Bros. non ha risvegliato l’interesse della stampa internazionale, al contrario dell’entusiasmo di quella italiana. Ma poco importa, perché il prodotto è autoctono e anzi, vive con orgoglio della sua italianità mediterranea. Ancora più importante: è sincero. È un incredibile La La Land in versione partenopea, si ride, si canta e si balla. Ma che si vuole di più dalla vita?

8. ARRIVAL (Denis Villeneuve) Il 2017 è stato un anno importante per Denis Villeneuve, il regista canadese che si è guadagnato un trono fra gli autori d’eccellenza del panorama internazionale. Tuttavia, contro ogni aspettativa, non è Blade Runner 2049 a valergli un posto in classifica, bensì Arrival, lo sci-fi con Jeremy Renner e Amy Adams (sempre sia lodata), in cui la razza umana va a scuola di lingua dell’invasore alieno. In un orizzonte culturale dominato dallo spirito den Natale passato e dal ritorno in auge del film di genere, Denis dimostra di sapere quello che fa. L’immancabile punta d’intellettualismo autoriale, infine, rende perfetto un film altrimenti già visto e stravisto.

la la land emma stone ryan gosling
7. La la land (Damien Chazelle) A proposito del ritorno del film di genere, il gioiello di quest’anno degli Studios hollywoodiani non può essere che il tanto chiacchierato La La Land. Non soltanto per l’Oscar mancato (che grande momento)! Nel diamante di Chazelle, tutto è perfetto: le canzoni, le danze, il citazionismo, non per ultimo il casting, che ha valso l’Oscar per la miglior attrice a Emma Stone (ormai la rossa più famosa di Hollywood, da quando Julia Roberts, ahimé, è diventata bionda – senza che in fondo nessuno se ne sia davvero accorto). Poco importa che Ryan Gosling sia molto più bravo o che il film, di per sé, sia intrattenimento cinefilo più che dimenticabile: la soundtrack su Spotify ha salvato molti, interminabili viaggi sui regionali veloci di Trenitalia e in fondo va bene così.
JIM & ANDY: THE GREAT BEYOND
6. Jim & Andy: the great beyond (Chris Smith) Sottotitolo: Featuring a Very Special, Contractually Obligated Mention of Tony Clifton. “Il tuo faccione verde / è buffo e travolgente / Yes, you are The Mask!”, cantava Cristina D’Avena nella sigla dell’omonimo cartone animato. Jim Carrey torna al cinema per mettersi a nudo in un documentario (anche questo questo prodotto da Netflix) in cui racconta la particolarissima esperienza vissuta sul set di Man on the Moon (1999) di Miloš Forman, dove interpretò la controversa figura del comico Andy Kaufman. Grazie ai numerosi filmati di repertorio (recuperati con l’aiuto della famiglia dello stesso Kaufman), il risultato è incredibile: un viaggio psicologico segnato dall’inquietudine e dalla paura nei meandri più imperscrutabili della mente umana. Il tocco di classe? Il film non risparmia una sbirciatina più profonda, dietro il velo delle innumerevoli maschere del suo protagonista. Ma la risposta fa ancora più paura perché, forse, dietro al cerone s’intravede un grande, triste vuoto.
GOOD TIME
5. Good time (Ben Safdie, Joshua Safdie) / Get out (Jordan Peele) Vive la liberté! Al quinto posto, convivono due film imperdibili, ma molto diversi fra loro, uniti dalla semplice, volgare classificazione che li riporta fra le fila del “cinema indipendente”. Il primo, un giallo psicologico ad alto tasso di drammaticità, è stato presentato a Cannes e racconta le peripezie criminali di Robert Pattinson (illuminato da fin troppe luci al neon, sporcato nelle sue qualità di grande, vero attore) e del suo rapporto perverso con il fratello disabile. Il secondo è un progetto forse ancora più interessante: acclamato al Sundance Film Festival (e ora persino candidato ai Golden Globes), il lungometraggio d’esordio di Jordan Peele sceglie contemporaneamente la chiave di un thriller e le atmosfere di un horror per raccontare un episodio di discriminazione razziale – e condannare l’ipocrita follia del genere umano. Non male, in occasione del primo anno d’amministrazione Trump.
Son to song TERRENCE MALICK
4. Song to song (Terrence Malick) They have a beauty in their life…” Se Malick sia un genio o semplicemente un gran furbacchione, probabilmente non sarà dato a sapere nemmeno ai posteri. Ma se anche per quarant’anni ci avesse davvero ingannati, raccontandoci fondamentalmente il nulla, certamente l’ha fatto con stile. Song To Song è l’ennesimo tassello di un puzzle che il suo autore sta costruendo da alcuni anni a questa parte, probabilmente da The Tree of Life (2011), o forse da tutta la sua carriera; ma nella confusione del suo percorso, finalmente si concentra su un quinto elemento, spesso inedito alle sue riflessioni sul mondo: l’essere umano. Il cast ultra-patinato di questo capolavoro (il già citato Fassbender, Ryan Gosling, Natalie Portman, Rooney Mara, Cate Blanchett, Patti Smith, Iggy Pop…) trema, suda, entra in crisi davanti all’occhio mobile del suo regista, in una continua simbiosi – per quanto conflittuale – con la natura che lo circonda. Tutto è frenetico, tutto è… troppo ricco. Ed è bellissimo.
la_tartaruga_rossa

3. La tartaruga rossa (Michaël Dudok de Wit) Premio speciale Un Certain Regard alla 69ª Edizione del Festival di Cannes, nonché candidato agli Oscar per il miglior film d’animazione. La Tartaruga Rossa è bello, bello, bello e segna la prima operazione dell’iconico Studio Ghibli (lo studio d’animazione giapponese, noto principalmente per le opere di Hayao Miyazaki) sul mercato europeo, in co-produzione con la Francia. È un viaggio concettuale che non pecca mai di presunzione, un collettivo d’immagini incredibili e di empatia con lo spettatore che – uomo avvisato – potrebbe addirittura portare a una lacrima. Da vedere, subito.

Dunkirk
2. Dunkirk (Christopher Nolan) To kolossal or not to kolossal? Dunkirk doveva essere il film dell’anno: girato in pellicola 70 mm, il primo trailer distribuito a novembre del 2016, l’inaspettata e tanto pubblicizzata presenza di Harry Styles nel cast corale… Un successo annunciato fin dal primo scatto rubato dal set. In effetti, nonostante alcuni pareri contrastanti, il film è molto bello, ma la sua forza risiede proprio in tutto il contrario di ciò che prometteva la sua propaganda: nel corso degli incredibili 106 minuti (la durata perfetta, come avrebbe suggerito Hitchcock), Nolan non canta l’ira funesta degli eserciti nemici, al contrario racconta tre storie modeste, di esseri umani comuni, curiosamente in una dimensione spazio-temporale sì storica, ma contemporaneamente sospesa. Dopo averci rimuginato per venticinque anni (tanti ne sono voluti al regista per scrivere la sceneggiatura…), la missione è finalmente compiuta. 

1. Jackie (Pablo Larraín) I know it sounds a bit bizarre!”, canta Richard Curtis nell’omonimo brano del musical Camelot, lo stesso brano che l’elegantissima silhouette di Jackie Kennedy ascolta nel biopic di Pablo Larraín. Sì, può sembrare bizzarro, perché se l’anno scorso il primo posto della mia classifica premiò l’ipnosi incantatrice di Neruda (2016), quest’anno è ancora il regista cileno a guadagnarsi la vetta del podio grazie alla sua nuova, incredibile perla preziosa per la cinematografia internazionale: Jackie. Presentato alla 73. edizione della Mostra di Venezia, il film racconta i pochi giorni che seguirono l’assassinio del Presidente Kennedy, ma la protagonista (come, d’altronde, nel caso di Neruda) non è la storia, sfondo affascinante e rigoroso, bensì l’iconica moglie, interpretata da Natalie Portman che come sempre è, che altro dire?, straordinaria. Pablo Larraín non è da meno: il suo occhio è incredibile e il film ne è la prova inconfutabile, nero su bianco.

Classifica di Salvatore Piombino

Autopsy (André Øvredal)
10. Autopsy (André Øvredal). Un’impresa a conduzione familiare, un padre (Brian Cox) e un figlio (Emile Hirsch) che lavorano insieme nell’impresa di famiglia: un obitorio-crematorio dove svolgono anche consulenza come coroner. Dovranno occuparsi di uno strano cadavere che durante l’autopsia rivelerà echi mefistofelici e incomprensibili. Un felice esempio del nuovo cinema tensivo e orrorifico che si sposta dal gore alla claustrofobia (pensiamo a It Follows e Scappa - Get Out) per donare nuovi e più intensi brividi allo spettatore.
l'inganno the beguiled sofia coppola

9. L’Inganno (Sofia Coppola). Getta uno sguardo sul legame tra infanzia e male. Come cogliere ogni sfumatura sul volto delle "signorine" che abitano questa scuola di buone maniere durante la Guerra di Secessione americana? È questa la sfida di bellezza e tensione che Sofia Coppola lancia al suo pubblico fino all’ultimo fotogramma, con quel cancello chiuso sulla compostezza di queste giovani donne per le quali «il coraggio è fare quel che si deve quando occorre».

Personal shopper

8. Personal Shopper (Olivier Assayas). Ricorda il cinema del primo Cronenberg, psichico e trasversale, soprattutto nei confronti dei generi e delle tematiche. È un film di assenze che si rincorrono. È misterioso ma non è un mistery, ci sono i fantasmi ma non è un horror, c’è un omicidio ma non è un thriller. Un saggio del miglior cinema alla deriva narrativa, con Kristen Stewart.

Atomica bionda

7. Atomica Bionda (David Leitch). Rutilante, patinato, sanguinolento, un labirinto di specchi pervaso da luci al neon, corpi statuari anni Ottanta (primo fra tutti quello della protagonista Charlize Theron) e una colonna sonora pazzesca. Il cinecomic (è tratto dalla graphic novel The Coldest City) come dovrebbe essere.

Arrival Home Video

6. Arrival (Denis Villeneuve). Memorabile confronto del regista di Enemy e Sicario con il genere sci-fi. Riflessioni sulla lingua, rompicapi spazio-temporali (molto prima dell’avvento di Dark), echi lovecraftiani e un’altra tormentata e capace figura femminile come protagonista per raccontare la gioia di riuscire a comunicare, in questo caso con una specie aliena venuta sulla terra con motivazioni ancora sconosciute.

elle paul verhoeven

5. Elle (Paul Verhoeven). Consuma le sue vicende in un contesto natalizio, fra luci che addobbano la città – una Parigi gelida e distaccata – interni borghesi e posti di lavoro à la page, in cui albergano segreti altrettanto borghesi e si consumano violentissimi appetiti sessuali in grado di esplodere finestre e aggredire fin nell’intimo della propria abitazione.

120 battiti al minuto

4. 120 battiti al minuto (Robin Campillo). Necessario, (pro)positivo, un caleidoscopio di emozioni per raccontare gli anni Novanta, periodo in cui l’informazione sulla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) era confusa, ambigua e spaventevole. A Parigi nella sede francese di ACT UP (movimento raccontato anche in When We Rise) la lotta personale incontra il momento storico. Queer Palm a Cannes e rappresentante la Francia agli Oscar 2018.

Mother! di Darren Aronofsky

3. Madre! (Darren Aronofsky). Una delle visioni più bizzarre e sopra le righe del cinema contemporaneo, in grado di scuotere profondamente lo spettatore. Un film-mondo, un'allegoria claustrofobica e micidiale, l'atto dell'amore e della creatività consumato al cospetto della natura umana, meschina, melliflua, violenta ed egoista. Con Jennier Lawrence, Javier Bardem e una magnifica Michelle Pfeiffer.

moonlight Barry Jenkins

2. Moonlight (Barry Jenkins). Tre premi Oscar per una storia di formazione altra, sommessa, assai poetica. Chirion cresce a Liberty City (Miami) all’ombra di una madre egoista, drogata e manipolatrice. Saranno Juan (Mahershala Ali) e Teresa (Janelle Monáe,che così ha indovinato due ruoli su due) a curarne le ferite e seguirne la crescita e la formazione come individuo, verso un finale al chiaro di luna che ha commosso le platee.

hidden figures - il diritto di contare
1. Il diritto di contare (Theodore Melfi). Una visione magnifica, il racconto coraggioso delle donne afroamericane che lavorarono come matematiche addette ai calcoli della NASA durante i primi anni del programma spaziale americano. Ricerca, orgoglio, la forza dell’intelletto contro ogni forma di segregazione razziale. Al timone Octavia Spencer, Taraji P. Henson e Janelle Monáe (dalla musica al cinema).

Classifica di Cristian Pandolfino

10. The Square (Ruben Östlund). Premiatissimo e molto furbo, critica la mancanza di empatia della società di oggi attraverso un’impietosa indagine sul mondo dell’arte contemporanea e su tutto ciò che le ruota intorno. Il sospetto è che soffra degli stessi mali di cui lamenta la diffusione.

Son to song TERRENCE MALICK

9. Song to song (Terrence Malick). Malick accoppia sentimenti e musica dal vivo, portando avanti una indagine verbosa e poetica di entrambi. Gli scorci dei festival e il dialogo con gli artisti che vi si esibiscono sono la cosa migliore di una pellicola altrimenti in balia delle scialbe riflessioni filosofiche di una groupie.

8. Vittoria e Abdul (Stephen Frears). Judy Dench torna a indossare dei panni regali, ma con una irriverenza e una verve invidiabili. Il medesimo tono con cui si affronta il tema dello scontro tra civiltà, in un film che riconsegna alla storia della corona inglese un capitolo imperdibile ma che ha fatto di tutto per dimenticare.

Adorabile nemica

7. Adorabile nemica (Mark Pellington). Chi ha vissuto per anni nella comunicazione non può mica morirne senza. Shirley MacLaine è deliziosa anche quando interpreta una donna come Harriet Lauler, la cui mania di controllo è tale da volersi assicurare che persino il suo necrologio sia scritto come lei desidera. Amanda Seyfried si conferma ottima attrice e una gioia per gli occhi.

06. La tenerezza (Gianni Amelio). Gianni Amelio mette in scena il più delicato dei sentimenti attraverso una storia di solitudini, vicinanza e attraversamento del dolore. Splendidi dialoghi e magnifiche interpretazioni rappresentano un’autentica boccata d’aria per il cinema italiano.

l'inganno the beguiled sofia coppola

5. L’inganno (Sofia Coppola). Remake firmato da Sofia Coppola de La notte brava del soldato Jonathan, si rivela come un’indagine sul femminile attraverso i diversi gradi di attrazione di tre donne di diversa età nei confronti dello stesso uomo. Le strategie che da essa ne scaturiranno saranno rivelatrici di quel mistero che è ogni donna.

Kingsman - Il cerchio d’oro

4. Kingsman – Il cerchio d’oro (Matthew Vaughn)Spassosissimo film di spionaggio che fa genialmente il verso a tanti altri blasonatissimi colleghi grazie a un cast stellare e incredibilmente ben assortito: Julianne Moore è una cattiva tanto sadica quanto pop, Elton John un ostaggio assolutamente ingestibile e il personaggio interpretato Taron Egerton ha per fortuna ancora molto da imparare.

Quando un padre

3. Quando un padre (Mark Williams). Ritratto di famiglia firmato da Mark Williams, con come protagonista Gerard Butler, che narra di come un padre ritrovi se stesso e le proprie priorità attraverso la malattia di un figlio amato ma relativamente poco conosciuto. Passare più tempo insieme guarirà entrambi.

2. Elle (Paul Verhoeven). Solo Paul Verhoeven, con il suo stile tagliente e senza paura di ingraziarsi il pubblico, poteva tradurre credibilmente su schermo la vicenda di una vittima di violenza sessuale che non accetta di esserlo fino a divenire carnefice. Solo Isabelle Huppert poteva incarnarne ogni ambivalente sfumatura, incantando.

120 battiti al minuto

1. 120 battiti al minuto (Robin Campillo). Robin Campillo riunisce intorno al tema della lotta all’ignoranza e al pregiudizio circa l’Aids nei primi anni ’90 un coro di attori assolutamente eccezionale. Il risultato è un film estremamente realistico e altrettanto commovente, il cui messaggio è un inno alla vita che nemmeno la malattia dovrebbe mai oscurare.

Commenta con Facebook

  • Tutti dovrebbero interagire con artisti reali e di valore e supportare i loro sviluppi. Al momento stiamo lavorando su un progetto incredibile e presto tutti avranno la possibilità di contribuire al progetto tramite le pagine di crowdfunding. „L’arte di Wajda” è una collezione di due libri ed un film, che include le ispirazioni, le storie, le illustrazioni e le bozze dell’artista. Ciò consentiranno ai fan di conoscere le creazioni meno popolari ma comunque meravigliose di Wajda, e comprendere profondamente e meglio il suo lavoro d’arte. Speriamo nella generosità dei finanziatori, poichè molto probabilmente si tratterà del progetto d’arte più prominente del 2018.
    http://www.multiartprojects.com/

leave a reply