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Teresa Margolles e la poesia dell’orrore: cronache di una violenza senza fine, a Milano

Teresa Margolles, Pistas de baile (2016) Teresa Margolles, Pistas de baile (2016)
Teresa Margolles
Teresa Margolles

Teresa Margolles si presenta al PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano con una personale dal 28 marzo al 20 maggio. Ya basta hijos de puta denuncia la violenza nei suoi aspetti più crudi e nelle conseguenze più allarmanti.

Basta superare le tintinnanti tendine rosse all’ingresso dello spazio espositivo per percepire che qualcosa è cambiato. Transessuali posano nella squallida e luminosa desolazione di Ciudad Juàrez (Pistas de baile, 2016), città latina sul confine tra Messico e Stati Uniti. Immagini di una pacata e studiata sospensione, un respiro trattenuto che non può che essere il preludio ad un percorso destabilizzante. Ciudad Juàrez è una città tristemente nota per la criminalità che la abita, dalla parte sbagliata di un confine che al capo opposto vede El Paso, ironicamente uno dei luoghi più sicuri d’America. Guerre tra i cartelli della droga, sparizioni di centinaia di giovani donne, femminicidi e violenze di ogni genere. Siamo all’inizio di una discesa negli spigolosi meandri della violenza.

Teresa Margolles (Culiacàn, 1963), artista formatasi in medicina legale, con l’aiuto del curatore Diego Sileo, costruisce un cammino lungo i domini della brutalità. L’artista avvicina la violenza allo spettatore e lo spettatore alla violenza. Oggetti prelevati dai luoghi del delitto, residui di visite autoptiche, cimeli testimoni di atroci accadimenti sono restituiti sotto forma di opere d’arte che sublimano il terrore della morte. Generando una tensione tra orrore e bellezza, l’artista individua, si appropria, disloca ed eleva a poesia tracce dei crimini efferati che intende condannare.

Sul confine che separa la violenza più brutale dalla leggerezza dell’ultimo sospiro è teso 57 Cuerpos. 57 corpi per 57 segmenti di spago annodati per 21,9 metri: sono i residui di fili utilizzati dopo le autopsie per ricucire i corpi di vittime non identificate, di cui nessuno ha reclamato il corpo. L’efferatezza dell’uccisione e l’oblio a cui queste anime sono destinate incrociano i nodi di esistenze interrotte, idealmente salvate ed unite dalla Margolles. La linea quasi invisibile divide lo spazio in due reami ed invita lo spettatore ad oltrepassare una soglia oscura.

Teresa Margolles, 57 Cuerpos  (2010)
Teresa Margolles, 57 Cuerpos (2010)

Alternando un esplicito impatto visivo a un più sottile messaggio suggestivo, 15 opere tracciano con estrema chiarezza la drammatica condizione di un paese come il Messico, ma anche quella pulsione oscura che sembra muovere l’uomo verso una violenza tremendamente insita nella nostra natura, ma non per questo invincibile. La stretta relazione che ognuno di noi si trova ad affrontare con la violenza è incarnata dall’artista stessa, che auspica una presa di coscienza intima delle conseguenze a cui essa può condurre. Condanna la violenza e allo stesso tempo la pone al centro dell’attenzione, svela le ipocrisie e i difetti di una società che spesso si indigna senza denunciare. È così che il grido collettivo che da nome alla mostra viene preso in prestito dall’artista da un messaggio lasciato sul corpo decapitato di una donna utilizzata come veicolo di uno scambio di minacce tra gang. Anche lo stesso “hijos de puta” sottintende ad un’offesa misogina.

La mostra cerca di far emergere dunque ogni risvolto del concetto di violenza, dai corpi mutilati alle forme lessicali che vanno a costituire i processi mentali che ci influenzano. In PM10 (2012) Teresa Morgolles raccoglie 313 copertine de quotidiano PM, il quale ha documentato l’anno più sanguinoso dell’intera storia del narcotraffico messicano, il 2010. Alle scene di violenza esplicitamente riportate sono accostate pubblicità erotiche, in una paradossale quotidianità dove la morte dilaga inarrestabile. Tanto da aver imbevuto l’intera dinamica sociale, tanto che il linguaggio mediatico non le riserva più un posizionamento particolare.

Teresa Margolles, PM10 (2012)
Teresa Margolles, PM10 (2012)

Il sangue non riesce però ad annegare la poesia, che sopravvive in ogni lavoro della Morgolles. È proprio questa che trasfigura morte e violenza, che attraverso un’esperienza sensoriale e cognitiva stimola quella visualizzazione interiore in grado di trasportare l’efferatezza, che a volte sembra così distante, tanto prossima a noi da segnarci concretamente. Il messaggio penetra nel visitatore, e non solo in senso figurato, all’interno di Vaporizaciòn (200-2018). Un denso strato di vapore acqueo occupa l’intera sala espositiva. La nebbia che ci avvolge è generata dell’acqua utilizzata precedentemente per immergervi lenzuoli che avvolgevano i cadaveri di vittime di morte violenta in Italia. Mentre i corpi di queste anime idealmente si dissolvono, la loro morte invade i nostri corpi, solidamente contrapposte a quei residui organici che ora sono tutto ciò che rimane di quella carne privata della vita.

Teresa Margolles, Pistas de baile (2016)
Teresa Margolles, Pistas de baile (2016)

Ya basta hijos de puta è un’indagine che riguarda in primo luogo il Messico, ma ha la forza di un universalizzare il suo respiro. È un una richiesta implorante ma ferma, esasperata ed irrevocabile. La mostra è un urlo corale contro la violenza, l’effetto che produce sulle persone e su ogni relazione sociale.

Il sito ufficiale del PAC per ulteriori informazioni sulla mostra.

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