La mostra ideata da Giovanni Frangi (Milano, 1959) per gli spazi di Villa Carlotta a Tremezzo (CO), ha luogo, prima ancora che nelle stanze interne della Villa, al suo esterno, nel lussureggiante giardino botanico che circonda l’edificio. L’esposizione, inaugurata il 24 marzo, non a caso si svolge nei mesi primaverili: la natura immensa esplode rigogliosa nel parco, è il momento di massima fioritura, l’occasione di rinascita.
Siamo già dentro la mostra, in un gomitolo di rami. Proprio come nel giardino sottostante, la natura impervia e selvaggia è domata e placata dalla mano dell’uomo, che la delimita nei confini (della tela), rendendola a noi accessibile e più comprensibile. Si parte da dove tutto è cominciato, dalla natura primordiale: Urpflanze è titolo e tema della mostra, articolata in quattro cicli-stanze concatenate, Selvatico, Ansedonia, Ninfee, Alle ist Blatt.
Il primo ciclo è un invito all’esplorazione della natura colta al suo stato brado e originario. Forme esotiche esplodono, non curanti, su tele di grande formato. Fermo immagini tropicali immortalano un groviglio indistricabile, la forza innata della natura. I colori puri, sgargianti e spiazzanti sono mossi da forti contrasti dati da netti segni neri.
Ansedonia è il secondo ciclo presentato: l’impenetrabile foresta tropicale si tramuta qui in un folto bosco toscano. L’intreccio di foglie e rami lascia il posto a robusti tronchi d’albero, la vivacità dei colori si attenua ma non il gesto, articolato in un labirinto di segni. Nella sala seguente, le tele, poste per la prima volta in orizzontale, ospitano le ninfee. Esse sembrano galleggiare leggere e delicate sullo sfondo nero o evaporare dalla tela bianca verso di noi, in un infinito gioco di verdi. La tela, elemento necessario alla composizione, grossolana, consumata, tagliata a vivo, è un patchwork di stoffe: non supporto alla materia pittorica ma elemento identificante dell’opera stessa.
Stanca e sfibrata dal gesto artistico, la tela sopporta il colore grumoso e vibrante. Cinque tele monolitiche si stagliano nell’ultima sala dell’esposizione, la più completa, la più densa di significato, Alle ist Blatt, ovvero “tutto è foglia/foglio”. I toni accesi e vivaci delle tele precedenti si rarefanno, i colori si prosciugano in favore di un bianco e nero sintetico che lascia spazio al grafismo puro, al segno. Segni grafici come forme di natura: il palesamento sulla tela delle macchie della terra. Dal segno selvaggio che graffia la tela evapora e si innalza il significato profondo. Il gesto artistico ritorna qui ad essere gesto in sé, fine a sé stesso, gesto primordiale, spontaneo, necessario.