La grande artista racconta l’aggressione subita a Palazzo Strozzi ed il suo successivo incontro con l’artista che le ha spaccato una tela in testa. “Bisogna perdonare, come dice il Dalai Lama”
“Tra la folla c’era un uomo sulla quarantina che portava con sé un dipinto raffigurante il mio volto in modo distorto. Si è avvicinato guardandomi dritto negli occhi e io gli ho sorriso, pensando che fosse un regalo per me”. A distanza di un giorno, Marina Abramović trova la lucidità per raccontare con le sue parole e commentare l’aggressione subita a Palazzo Strozzi, dove si è appena inaugurata la grande mostra “The cleaner”, ed il suo successivo incontro con l’artista che le ha spaccato una tela in testa. “In una frazione di secondo ho visto la sua espressione cambiare e diventare violenta, venendo verso di me molto velocemente e con grande forza. Sapete, i pericoli arrivano sempre molto rapidamente, come la morte stessa. E bisogna essere molto vigili per cogliere la sfida”.
Dove è accaduto l’episodio? “Il fatto è successo dopo l’ultimo appuntamento in programma nell’ambito della mostra di Palazzo Strozzi ed ero molto felice per come era andato”, ricorda la Abramović. “Sono uscita dalla sala dove abbiamo svolto il booksigning e c’erano tante persone ad aspettarmi per una foto o per un autografo. In particolare c’erano tanti giovani che mi stavano dimostrando tanto affetto, che ho sentito tanto qui a Firenze in questi giorni”. Poi riaffiora il ricordo delle immagini dell’aggressione: “Tutto ad un tratto mi ha sbattuto in testa violentemente il quadro, intrappolandomi dentro la cornice. Tutto è successo molto rapidamente. Poi le guardie lo hanno isolato e fermato e il direttore Arturo mi ha portato nel retro del bar nel cortile di Palazzo Strozzi per tranquillizzarmi. Ero sotto shock. Ma la prima cosa che ho chiesto è stata: voglio parlare con lui, voglio sapere perché l’ha fatto. Perché questo odio contro di me?”. Lui ha detto: “L’ho dovuto fare per la mia arte”. Questa è stata la sua risposta.