Le Storie di Botticelli. Tra Boston e Bergamo è una mostra dai diversi racconti. Tutto parte da un ricongiungimento, un dialogo tra due donne ritrovate: Virginia e Lucrezia. Il talento rinascimentale di Botticelli è in mostra dal 12 ottobre al 28 gennaio all’Accademia Carrara di Bergamo.
Tutte le storie sono vere. Non ricordo chi l’abbia detto, oppure scritto: però ci credo. Gli devo certamente questa citazione, oltre alla semplice ma profonda presa di coscienza del messaggio in questione. Una storia non è la storia, una storia deve assorbire e trasportare in una dimensione altra, fare respirare un’atmosfera di finzione per trasmettere emozioni che siano autentiche. Non deve necessariamente affondare nella realtà, anzi talvolta scopriamo le verità più essenziali meno ci guardiamo da vicino. Il valore di una storia, vera o falsa che sia, si misura nell’intensità evocativa, nella capacità trasmissiva.
Se poi questa storia viene tradotta in immagini, e queste immagini parlano più forte delle parole che l’hanno ispirate, allora siamo entrati probabilmente nel campo dell’arte. Unire le parole, le storie, a delle immagini può essere più difficile di quel che si pensa, anche quando trattano proprio della stessa questione. L’Accademia Carrara ci riesce.
Un Lorenzo de Medici in affanno il 26 aprile del 1478 si rifugia nella sacrestia di Santa Maria del Fiore. Stremato si accascia ai piedi del portone appena serrato e ha la possibilità di raccogliersi muto nel dolore. Il fratello Giuliano è appena stato assassinato durante la Congiura dei Pazzi. Ora giace al suolo privo di vita, ma il suo ricordo sopravvivrà su una delle due facce del conio che Lorenzo dedicherà al fratello.
Da questa moneta parte la mostra Le Storie di Botticelli. Tra Boston e Bergamo, di cui proprio la narrazione è protagonista delle 3 sale allestite. Una scelta che evita l’effetto “album di figurine” (di cui poi solo un numero esiguo sono effettivamente realizzare dal protagonista della mostra) ma che concede spazio all’approfondimento, al racconto.
La Congiura dei Pazzi e la figura di Giuliano de Medici, l’arrivo di Savonarola a Firenze con l’ossessione della figura di Cristo, le opere della’Accademia Carrara messe di volta in volta a confronto con i prestiti. E ancora la letteratura e mitologia greco-romana, oltre alla storia religiosa cristiana, che impregnano la mostra di un fascino remoto, carico di verità fondate su una conoscenza a metà tra l’accaduto e l’inventato.
La dimensione ideale della mostra prende vita grazie all’allegoria, che a sua volta si concretizza in particolar modo nelle figure di Virginia e Lucrezia. Sono loro le donne cardine delle due storie principali, la quale complessa riproduzione pittorica è attentamente illustrata nell’allestimento. Due incarnazioni della virtù, martiri tragiche di un destino crudele. Virginia assassinata dal padre per preservarne l’onore, Lucrezia che sceglie la morte pur di salvarsi dall’ignominia.
Storia di Virginia e Storia di Lucrezia sono la storia sopra le storie. Le due pale, forse intese come coppia, sono state realizzate da Sandro Botticelli nel 1505, ma separate già nell’800, con Lucrezia diretta negli Stati Uniti. Il ricongiungimento avviene oggi grazie alla collaborazione dell’Accademia Carrara con l’Isabella Stewart Garden Museum di Boston.
La mostra, che volerà poi a Boston, è un confronto inedito e unico tra due capolavori di Botticelli che per tanto tempo sono rimasti lontani. Si ritrovano per raccontare la loro storia personale, quella che portano raffigurata, quella dell’artista che le ha realizzate e quella del tempo e del luogo in cui sono state dipinte.