Lo avevano annunciato in conferenza stampa che questa Aida che apre la stagione lirica al Carlo Felice di Genova sarebbe stata diversa dalle altre soprattutto per la creazione visiva-scenografica realizzata da Monica Manganelli.
Scenografa art-director e film-maker la Manganelli è una parmigiana appassionata di cinema fin da bambina grazie alla madre che le ha trasmesso la passione per l’arte. Questa realizzazione di Aida porta l’immaginario egiziano al di là della realtà, richiamando film di genere science-fiction. Un progetto azzardato che ha fatto tremare fino a qualche minuto prima dello spettacolo anche il sovrintendente Roi. Ma alla fine possiamo dire che il pubblico ha risposto bene a questa novità.
Ciò non vuol dire che questa Aida si possa definire un esperimento riuscitissimo, perchè tante sono le pecche all’interno di questo allestimento. Iniziamo proprio dall’azzardata operazione scenografica che sicuramente aveva l’intento di creare meraviglia visiva e stupore agli occhi dello spettatore, ma che il più delle volte risulta distraente e in alcuni momenti anche fastidiosa agli occhi. In più toglie tutti i riferimenti ai cantanti che non hanno possibilità di movimentare recitando il loro cantato. Non ci sono nè porte da aprire, nè colonne a cui poggiarsi, nè quinte da cui uscire o entrare, il tutto è una scatola vuota su cui girano incessantemente filmati coloratissimi e abbaglianti. Quindi conseguenzialmente vi è ben poca regia se non nei punti dove sono in scena i quindici ragazzi di colore che dànno un po’di vita al tutto.
Ma opera lirica vuol dire musica e canto pertanto arriviamo alla prestazione dei cantanti. L’ingresso di Marco Berti, Radamès, nel difficile ingresso con “Celeste Aida” è stato deludente, eppure il tenore comasco nella sua carriera si è cimentato con diversi ruoli verdiani ottenendo forti consensi, ma ha 56 anni e la sua voce non è sembrata pronta alla romanza del I atto. Per fortuna si è andata scaldando ed è migliorata soprattutto nel duetto con Amneris nell’ultimo atto.
Ma neppure Svetla Vassileva, al suo debutto in Aida, ha convinto. La sua è una bella voce ma non adatta al ruolo della protagonista, troppo sottile e stridula negli acuti, oltre ad essere impastata nelle parole che arrivavano incomprensibili. Molto più convincente Judit Kutasi, Amneris, un mezzo soprano dalla voce forte e calda molto suadente ed invece adeguata al ruolo della figlia del faraone sfortunata in amore. Ottimo anche Angelo Veccia, Amonasro, capace di entrare in scena a freddo con voce pronta e decisa.
Ma la grande attesa del pubblico era per la marcia trionfale del II Atto in cui abbiamo apprezzato i baldanzosi squilli delle trombe posizionate sui poggioli in alto ai lati del palcoscenico, ma molto meno la danza che non offriva un grande schema coreografico e si è solo avvalsa sulla bravura degli elementi del Corpo di Ballo dell’Opera di Tirana a cui bastava poco per tirar fuori la loro preparazione tecnica ed atletica anche se utilizzati come poco più di mimi.
Il terzo atto è senza dubbio quello più riuscito sotto tutti i punti di vista. Buono il canto dei due innamorati condannati a morire sepolti vivi che si spegne, morbido e dolce, all’interno di una tomba che gli effetti speciali chiudono via via con pannelli rossi, mentre chi resta, la triste Amneris, sussurra la parola che, nel mondo feroce di Aida, può essere solo una speranza: «pace».
Lo spettacolo resterà in scena fino a domenica 16 dicembre con l’alternarsi del cast.
Più che appassionata di cinema la signora Manganelli è vfx art director per il cinema! Comunque articolo pieno di spunti curiosi w interessanti!