Se c’è un luogo nel quale il proverbio “fare di necessità virtù”, questo è il carcere. Luogo di giusta e umana espiazione, ma anche luogo di “rieducazione” così da restituire i ristretti alla società emendati, dove il concentrato di limitazioni è elevato al massimo grado. Questo, tuttavia, non impedisce di far emergere dai singoli potenzialità sconosciute o, comunque, mai sufficientemente espresse.
Con dosi massicce di buona volontà e di geniale inventiva si riesce perfino a realizzare dei mosaici. Seguendo, certo, lo schema base che prevede la partenza da un disegno ben preciso, sostituendo però la tradizionale materia prima. Niente tasselli di pietra, vetro colorato o altro, ma frammenti di francobollo. Un mosaico, di conseguenza, fatto di carta. Meglio, ottenuto con più o meno minuscoli frammenti di francobolli. Un manufatto che del tradizionale mosaico conserva la procedura e il risultato visivo, ma pur avendo per base una tavolozza non è neppure pittura. Niente pennelli, anche se l’armonia dei colori è assicurata, ma colla dopo aver ritagliato frammenti di francobolli che “assumono valori particolari nella ricerca e in fantasiose composizioni”.
Ottenute, va detto, usando in maniera non proprio ortodossa, almeno dal punto di vista dei collezionisti tradizionali per i quali il francobollo va conservato nella sua interezza come fosse appena uscito dalle rotative di stampa. L’iniziativa fa parte delle molteplici attività del Laboratorio filatelica da alcuni anni attivo nella Casa di reclusione di Milano Opera, nell’ambio del Progetto filatelia nelle carceri sottoscritto dal ministero della Giustizia, dello Sviluppo economico, da Poste Italiane, Federazione fra le società filateliche italiane e Unione stampa filatelica italiana. Scopo dell’iniziativa, come si legge nel documento, “trarre origine dalle peculiarità del francobollo, espressione dell’arte, della storia, dell’attività economica, dello sport, della religiosità, della sensibilità ai problemi sociali e, in sostanza, della cultura di un paese” cogliendo così dalla filatelia “le giuste motivazioni per approfondire argomenti e tematiche di forte impatto culturale”.
L’idea di creare composizioni mediante frammenti di francobolli non è per niente recente, e men che meno solitaria e isolata. Una citazione, per dire, è addirittura presente in un fascicolo d’inizio del secolo scorso della storia testata specializzata francese “L’Echo de la timbrologie”, che viene tuttora pubblicata. Sotto la testatina “Qua e là” lo storico periodico informa della curiosa iniziativa di tale F. Deiedalle, che nel frattempo, a scanso di equivoci, si era premurato di depositare il marchio, illustrando in bianco e nero e non a colori, come avrebbe desiderato (ma a quei tempi una riproduzione era già un qualcosa che sfiorava l’eccezionalità) una delle cartoline realizzate per l’appunto con frammenti di francobollo.
Non è da escludere che già prima dell’intraprendente francese altri, senza il pallino degli affari (veri o presunti), ma per puro diletto personale avulso quindi dal deposito del marchio, abbia dato vita a propri mosaici filatelici. Che anche da noi ha avuto un discreto numero di seguaci. Tutti di buon livello, alcuni addirittura eccellenti. Del 1954, per dire, un frate passionista, padre Hermann G. Tatangelo, con due suoi lavori realizzati durante la lunga permanenza in India, impressionò favorevolmente i visitatori della Mostra filatelica ed erinnofila mariana allestita nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli nell’ambito dell’Anno Mariano indetto da Pio XII. I due mosaici filatelici opera del “geniale autore” raffiguravano “L’Adorazione dei Magi” e il “Buon pastore”.
Dodici anni dopo, la Galleria d’arte “La Cornice” di Cremona ospitò addirittura una personale di Giorgio Testi, che, attratto dalla “policromia filatelica al servizio della pittura”, aveva saputo realizzare “mirabili composizioni, intessute di infinita pazienza, con effetti singolari di indubbia efficacia e di aderenza sorprendete all’originale”. “Il suo – si può leggere nel testo inserito nell’invito per l’inaugurazione della mostra dell’1/11 novembre 1966 – è l’hobby della pazienza cromatica: una festa di colori e di convincente virtuosismo compositivo”. Comprovato da “ L’Ultima cena” di Leonardo da Vinci, nella quale Giorgio Testi dimostrava di “saper cogliere in ogni soggetto le caratteristiche d’arte, i tocchi più efficaci, le linee e le sfumature più viranti”. Chiusa la mostra “l’Ultima cena”, assieme ad un ritratto di Paolo VI furono mandati in omaggio al Santo Padre, che in segno di concreto ringraziamento fece avere al suo autore una medaglia d’argento del Concilio Vaticano II.
Altri artisti, di cui si ha notizia e che con successo si sono cimentati con i mosaici filatelici rispondono ai nomi di Nicola Biondi, nelle cui “opere il francobollo è diventato materia d’arte e mezzo cromatico” col quale trasmettere “i messaggi dei colori e delle emozioni, che tutti possono intendere e capire”; Giuseppe Albergamo, per il quale i suoi colori erano i francobolli, il suo pennello erano le sue mani, il risultato straordinariamente unico”; Renato Lupi, abile paesaggista, frutto di una “combinazione magica di ritagli da francobolli , uniti da una perizia calda e gene e tenuti avvinti dalla sua magistrale esperienza” e Umberto Primo, le cui opere sono “pregnanti di concentrazione, di introspezione, di amore per un’arte decisamente rara”. In Francia si è fatto notare Emile Tramoni, mentre in Islanda con mosaici filatelici, usando la tecnica mista del francobollo intero e di quello frazionato, si è perfino cimentato un vescovo ortodosso: Nicholas Michael Micari. Per la sua gigantesca installazione nello spazio espositivo veneziano del Fondaco dei Tedeschi, Elisabetta di Maggio ha invece utilizzato francobolli integri o pressoché tali.
Ispirati alla tradizione si presentano invece gli elaborati realizzati da Sigismondo Strisciuglio nella Casa di reclusione di Milano Opera, come la dolce “Madonna col Bambino”, tempo fa donata all’arcivescovo di Milano, Mario Delpini che non solo l’ha apprezzata ma, dopo essersi soffermato dinanzi ad altre opere analoghe, ha avuto parole di elogio e di compiacimento per l’attività nel suo complesso. Non meno pregevoli le versioni mosaico di due emissioni natalizie del Vaticano, quella del 1988 e quella, davvero superba, del 2015 presa, questa ultima, da una preziosa miniatura di autore ignoto ma di grande levatura, ripresa dal Codice Urbinate latino 239 (1477-1478), conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Le più recenti realizzazioni, create in previsione dell’evento del 21 marzo, per ricordare e onorare nella Casa di reclusione di Milano Opera la memoria di don Giuseppe Diana e che prevede la presentazione del francobollo del Vaticano e di quello d’Italia celebrativi del giovane sacerdote assassinato dalla camorra, hanno per protagonisti due martiri della mafia: don Pino Puglisi e, appunto, don Giuseppe Diana. Ispirato, il primo mosaico filatelico, al francobollo emesso lo scorso anno dall’Italia per don Puglisi e a quello vaticano in distribuzione dal 19 marzo su immagine firmata da Marco Ventura. Del quale è pure il francobollo vaticano che lo scorso anno ricordò il martirio di don Puglisi.