Unlimited è la sezione più coinvolgente di Art Basel 2019: monumentale e divertente, vanta un’immediatezza che non oscura totalmente l’aspetto serio di opere che per dimensioni potrebbero abitare un museo e partecipare ad una Biennale.
Se tutto ad Art Basel è maestoso e seducente, niente è però imponente quanto Unlimited. Natura che risiede tutta nel nome e rende l’idea dell’assenza di costrizioni della sezione più divertente dell’edizione 2019 della fiera più prestigiosa al mondo. Quasi 300 gallerie non bastano per soddisfare l’appetito dei visitatori, per questo Gianni Jetzer, curatore con sede a New York, ha selezionato 75 artisti dalle gallerie partecipanti e li ha riuniti nell’immenso spazio a primo piano del padiglione 1. Unica prerogativa: la monumentalità dei lavori, trascendere i consueti limiti di una classica esposizione fieristica. Ed ecco allora dimensioni e qualità museali per le immense sculture, gli impressionanti dipinti, le proiezioni video, le installazioni su larga scala, le performance ininterrotte. Tra ingressi che ricordano una grotta, labirinti colorati, giganteschi marchingegni automatici, ambienti bui e fumosi, alcuni stand si distinguono anche per un’interesse artistico che supera l’indiscutibile effetto stupefacente di tutte le proposte. Ecco qualche esempio.
Francisco Tropa, Pharmacie
Un teatro di luci che nasce nell’ombra: l’immagine ci cala all’istante nel suggestivo ambiente che Francisco Tropa ha condensato in Pharmacie. La scultura riprende un rudimentale strumento di riproduzione cinematografica, un antico marchingegno dal sapore antico e magico che proietta sulla parete tre immagini cariche di suggestione. Dalle caldi luce rosse e gialle della macchina si staccano tre arcaici dispositivi di misurazione del tempo: : l’orologio ad acqua, la clessidra e l’orologio meccanico.
Renata Lucas, Farsa
Nel mezzo del salone in un grande sipario sospeso sono inseriti altri due sipari di dimensione decrescente. Le tre tende possono apparire come una singola superficie unita o, se attivate dallo spettatore che si muove contro di esse, possono ruotare e aprire i passaggi tra di loro. Ricreando l’illusoria soglia che introduce ad uno spettacolo di magia o a un’esibizione teatrale Renata Lucas crea un’allegoria dalle stratificate letture semantiche. Lo sfondo dove analizzarle è il contesto politico e sociale del Brasile odierno, mangiato al suo interno dalla criminalità istituzionalizzata, abile a rimodellare la realtà a proprio piacimento. Attraverso la Farsa l’artista si impegna a svelare questo sfondo stratificato di meccanismi sottili, in modo che la verità celata diventi evidente mentre lo spettatore si muove attraverso l’opera.
Fausto Melotti, La Sibilla
Delicate, poetiche, piccole, fragili: aggettivi adatte a quasi tutte le sue opere, ma non a questa Sibilla. L’astrazione raffinata di Fausto Melotti si amplia in una scultura di grandi dimensioni, in grado però di conservare l’eleganza e un’inaspettata leggerezza. Il rame si divide in tre componenti che si affiancano in una composizione insolitamente narrativa, anche se fortemente metaforica. Da una parte c’è infatti la Sibilla, oracolo incaricato di interrogare le divinità e trasmetterne i messaggi, che dall’alto del suo trono domina la scena. Al centro un sfera, simbolo della perfezione e della purezza nell’antica Grecia, la separa da una scala sopra cui una platea di ascoltatori si alza ansiosa verso il verdetto oracolare. Le linee geometriche, che come sempre costruiscono armoniosamente le opere di Melotti, contribuiscono alla resa metafisica della composizione.
Lucio Fontana, Ambiente spaziale con tagli
Vedendoli incombere dall’alto i celebri tagli di Lucio Fontana hanno tutto un altro sapore. Forse perché sollevando la testa verso l’alto l’Ambiente spaziale recupera ancora di più quella dimensione cosmica collegata al volgere degli occhi al cielo, dove a guardare non è la vista ma la mente, forse l’immaginazione. E la carica sognante si moltiplica nelle Attese che piovono sul visitatore, assorbito ed ammaliato, tanto che forse, se nessuno lo guarda, potrebbe anche sorprendersi ad alzarsi sulle punte dei piedi ed avvicinarsi ai solchi neri. Sulla linea diretta che porta alla volta celeste, la sconosciuta dimensione che Fontana ci ha aperto sembra più tangibile che mai.
Jonathas de Andrade, Eu, mestiço
La Columbia University in collaborazione con l’UNESCO negli anni ’50 ha condotto uno studio raccolto in seguito nel volume libro Race and Class in Rural Brazil. Questo studio era basato su una serie di interviste in cui i partecipanti erano invitati a fornire feedback sulle fotografie di persone di razza nera, bianca e mista con sei attributi: ricchezza, bellezza, intelligenza, religione, onestà e attitudine al lavoro. Eu, mestiço di Jonathas de Andrade combina immagini e parole appartenenti a due tempi storici differenti: affianca le immagini delle persone scattate di recente con la durezza delle parole risultanti dallo studio degli anni ’50. Il progetto pone le questioni razziali come una lotta incessante che attraversa le generazioni e che ancora ai giorni nostri non è stata superata.
Jannis Kounellis, Untitled (2000)
l lavoro di Jannis Kounellis suscita una serie di associazioni poetiche. Untitled (2000) consiste in letti ospedalieri militari, corpi in acciaio scolpito, coperte di lana e piastre di acciaio. Il letto è normalmente associato ad un luogo di calore e sicurezza; al letto d’ospedale, d’altra parte, si collegano una serie di avversità esterne. L’acciaio è un materiale intriso dell’aura di freddezza e sterilità. Mentre gli spettatori entrano e vagano nello spazio, una relazione complessa viene gradualmente rivelata tra materiale e il luogo che abita, tra opera d’arte e architettura. Kounellis sfrutta elementi grezzi come ferro, oro e carbone combinati con oggetti prodotti industrialmente, in modo da esaltarne la misteriosa capacità di evocare sensazioni come caldo o freddo, duro o morbido, oltre alle più complesse connotazioni basate sulle esperienze personali degli spettatori.
*Art Basel, Unlimited