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La sfida con il ferro di Giovanni Casellato e la sua Maddalena nei Sassi di Matera

La Maddalena di Giovanni Casellato è una splendida scultura tutta in ferro che nella sua incompiutezza, con quel volto vuoto riempito dal buio, lascia una dolente sensazione di sconfitta, come se la sua vita fosse quello che sembra adesso a guardarla, piegata umilmente sulle sue ginocchia. La cosa che colpisce di più è come l’artista sia riuscito a lavorare sul ferro, a plasmarlo fino a renderlo quasi più nobile.

Sui Sassi di Matera, la Maddalena non allunga la sua ombra, come le Anime che con le loro forme verticali e arrotondate si stagliano leggerissime verso l’infinito, proiettando le proprie sagome sulle pareti appena screziate dai giochi di luce. Avete tempo di vederle queste opere così diverse fra di loro, dalle sfere di gomitoli alle figure stilizzate dei danzatori di Sufi, dagli aquiloni perfettamente rimodellati con il ferro alle betulle, fino al 31 agosto, nei Sassi di Matera, in questa mostra d’arte di Giovanni Casellato, dedicata, come ripete la curatrice Chiara Casarin, «alla libertà di pensiero e di religione, al coraggio delle proprie azioni, al rispetto delle donne, ma anche alla figura della madre a al suo amore incondizionato».
I lavori sono esposti nel centro storico degli antichi rioni della città.

Casellato è un artista trevigiano che si occupa di disegn e che nelle sue opere, alte anche fino a due metri, eppure sempre leggerissime, utilizza quasi esclusivamente il ferro, magari attraverso vari progetti di ossidazione e interventi di smerigliatura, e associandolo solo a volte ad altri materiali come l’argilla, il raku, il vetro. Lui spiega bene che la sua è una vera e propria «sfida, quella di rendere un materiale come il ferro visivamente leggero. Il bello è che io, figlio di fabbro e nipote di fabbro, non l’ho mai amato troppo, perché puzza, taglia, è pesante ed è scomodo. Però esteticamente trovo che mi aiuti a creare quella illusione di lievità che, per il legno, avrebbe bisogno di spessori molto più grossi. Come architetto, posso dire che il ferro è un elemento che conosco bene. Lavorato in una certa maniera ha una buona tenuta, e se lo sai trattare e sfrutti la statica alla fine diventa leggero».

Certo, in ferro sono stati fatti alcuni capolavori di scultura, senza pensare alla Tour Eiffel: la splendida Expansion di Paige Bradley, rimessa insieme dopo essere stata distrutta, la rinascita che segue la disperaziione, o il Monumento ai pedoni di Jerzy Kalina a Wroclaw, in Polonia. Il ragno monumentale di Louise Bourgeois invece è stato realizzato in acciaio, bronzo e marmo. Non sono molti gli artisti che lavorano esclusivamente con il ferro, ma quelli che conosciamo usano soprattutto il filo di ferro, per creare, come l’americano Frank Plant oggetti di uso quotidiano, o come Chizu Kobayashi, un giapponese che si è innamorato di Bologna e che vive sotto le due Torri, anche animali, mobili, e persino splendidi ritratti. Davide Olivera con il filo di ferro tratteggia figure delicate e sorprendenti che assomigliano a schizzi di inchiostri tridimensionali, forme eteree e leggere, come disegni nell’aria. E pure il tedesco Martin Senn alla stessa maniera sembra fare quasi dei disegni di matita. Forse il gallese John Brown tra i suoi metalli di scarto che raccoglie nelle campagne e sulle spiagge e che unisce fra di loro per raffigurare diversi animali, utilizza anche il ferro. Ma non solo il ferro.

Casellato, invece, ha fatto questa scelta radicale. «Il ferro è sporco, pesante, difficile da lavorare», dice, «ma, se domato, ti ridona tutta la sua forza. E’ questo che mi attira ed è questa la mia sfida».

L’ultimo dei suoi lavori è proprio la Maddalena, che è poi l’opera che dà il titolo alla mostra, «Alla madre», raffigurata senza volto e in tre posizioni diverse. Casellato ha spiegato che era un’idea che aveva da tre anni, «e che ho trovato giusto da realizzare per Matera. E’ una figura che mi ha sempre affascinato. Questa donna complessa, che la tradizione ha tramandato attraverso immagini differenti, raccontata come una prostituta, una donna perduta da alcuni, e da altri come la donna di Gesù o l’apostola degli apostoli, la prima a vedere Cristo risorto, come ha scritto Papa Francesco, ridandole finlamente la sua dignità. In più, alcune leggende dicono che quando scappò dai romani, si fosse rifugiata proprio a Matera». E’ senza volto, perché, come ha detto ad Antonella Matranga, «ho lavorato sulla mancanza. Non c’è una persona, ma solo un drappo, un vuoto che rappresenta un’idea di femminilità globale, per andare oltre la iconografia biblica e religiosa». Ed è per questo che forse ci ha trasmesso quell’idea di sofferenza. Ma la mostra, ripete Chiara Casarin, è un inno alla libertà. Anche di interpretazione.

 

Giovanni Casellato | Alla Madre
27 GIUGNO – 31 AGOSTO 2019

Complesso Monastico di Sant’Agostino
Sasso Barisano Matera
Ingresso Libero
H 10.00/13.00 15/18.30
Lunedì Chiuso

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